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Molfetta, tecnofobia e informazione internet, cosa è cambiato con giornali on line, blog e social network: questa sera all'Aneb Ne parla il giornalista della “Gazzetta del Mezzogiorno” Felice de Sanctis, direttore di “Quindici”
17 ottobre 2012

MOLFETTA – Tecnofobia e informazione internet con le nuove tecnologie: quali effetti avrà sulla carta stampata l’invasione dei quotidiani on line e dei blog? Ha ancora un senso il lavoro di mediazione del giornalista? Quali rischi ci sono nelle fonti dirette? Il ruolo dei social network, Facebook e Twitter? C’è maggiore libertà o più manipolazione? Più informazione o grande confusione? Qual è la qualità dell’informazione, anche locale, oggi?
Si parlerà di questi argomenti stasera alle ore 18.30 all’Aneb (Associazione nazionale educatori benemeriti) in via Cap. De Gennaro, 23 a Molfetta.
Relatore il giornalista della “Gazzetta del MezzogiornoFelice de Sanctis, direttore della rivista mensile “Quindici” e del quotidiano “Quindici on line” sul tema: “La tecnofobia dell’informazione digitale”. Introdurrà la prof.ssa Annetta La Candia Minervini, presidente dell’Aneb.
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Parliamo dei “cellulari”? - Luciano Di Gregorio fa notare ironicamente che, per uno strano scherzo lessicale, il “cellulare” ha lo stesso nome del mezzo che si usa per il trasferimento dei detenuti. Andiamo allora a scoprire che cosa perdiamo con l'uso disinvolto di questo mezzo. Un'infinità di cose a cui hanno rinunciato tutti quei nevrotici che per strada, al ristorante, in treno, al cinema, a teatro, (in chiesa?) e in genere ovunque arriva prepotente il trillo, girano ansiosamente su se stessi per cercare il “campo”, congedandosi immediatamente dalla conversazione in attesa che la telefonata finisca. Naturalmente si scusano prima e dopo la telefonata. In entrambi i casi fanno comunque sapere che voi venite dopo, e molto dopo, la loro ansia, che non riesce ad astenersi dal flusso di parole scandite dai minuti che costano. Un tempo chi parlava da solo ad alta voce in strada era considerato un pazzo. Oggi quanti si comportano in questo modo sono considerati persone molto impegnate. Per loro il cellulare è la spina che4 li tiene legati al mondo, e così perdono il mondo circostante e soprattutto il loro mondo interiore. Infatti non sanno più cos'è il “silenzio” che poi è l'unica via di cui disponiamo per entrare in comunicazione con noi stessi e quindi in qualche modo per conoscerci. Non sanno più cos'è l'attesa con il carico di emozioni che comporta, e quel tanto di imprevisto che colora di sorpresa la nostra quotidianità……………Acceso o spento che sia, il cellulare non ci dà scampo. Se chiamiamo vuol dire che non sappiamo più attendere e, nell'attesa, pensare ed elaborare, se rispondiamo siamo in ogni momento alla mercè degli altri, se spegniamo il cellulare dobbiamo prima o poi giustificarci. Come ognuno può constatare non siamo più liberi, non abbiamo più chance. Non disponiamo più del nostro tempo per pensare le nostre risposte perché dobbiamo darle subito e di corsa, non abbiamo più la possibilità di interiorizzare i nostri amori perchè, se non chiamiamo, è già subito abbandono. Non sappiamo più stare con noi più di un'ora, e così la nostra interiorità si impoverisce. Forse abbiamo perso il soliloquio dell'anima, ma in compenso il cellulare, anche se con qualche interferenza, con qualche galleria, con qualche vuoto di campo, ci ha dato il mondo, e se non proprio il mondo, senz'altro il rumore del mondo. Un buon baratto tutto sommato. In cambio ha voluto solo una grossa fetta della nostra libertà. (Tratto da: I miti del nostro tempo – Umberto Galimberti)


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