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Molfetta perde uno straordinario testimone del XX secolo il prof. Giuseppe Binetti
15 maggio 2022

S crivo queste righe con profonda commozione, fortemente consapevole della enorme perdita subita dalla città di Molfetta con la dipartita dell’amico Giuseppe Binetti. Mi sembra ieri che gli stavo accanto durante il suo centesimo compleanno, augurandogli di conservarsi ancora a lungo per il bene della città e della storia ? straordinaria ? che egli custodiva. Ci sarà tempo e modo di ricordare la sua figura umana e professionale: come padre di famiglia, di reduce di guerra, di sportivo, di insegnante e di presidente della locale sezione della Associazione Nazionale Combattenti e Reduci. Ora voglio ricordarlo con tre aneddoti, tra i tanti che ci ha raccontato, che ci sembra legittimo fermare sulla carta, prima che il tempo e la sventura le faccia sparire. Il primo riguarda il padre di Giuseppe: Vincenzo. Combattente della prima guerra mondiale, in prima linea sul fronte contro l’esercito austro-ungarico. Tra i tanti assalti ne ricordava uno in particolare, ovvero quello in cui l’incontro con la morte fu più vicino che mai: una micidiale raffica nemica atterrò di un sol colpo tutta la prima linea di combattenti ed anche Vincenzo, col sinistro sibilo di un proiettile, cadde in avanti sommerso dai corpi dei compagni. Il fuoco incrociato dei nemici aveva ucciso tutti coloro che gli stavano intorno, seppellendolo sotto una catasta di corpi. Riuscì col favore delle tenebre al suo reparto, ove ebbe un amichevole scambio con un collega barese, che lo riconobbe dalla voce. Il secondo riguarda il nostro Giuseppe. Estate del 1943, è pronto per partire per il fronte russo, ma un fortunato evento gli cambia la metà. In quei giorni il principe Umberto di Savoia passò in rassegna il suo reparto e notò la gran cura con cui era tenuta la caserma. Interrogato il capitano, venne a sapere che il merito fosse del giovane Giuseppe Binetti: nel suo incontro col futuro re di Maggio il nostro chiese, come premio, la cosa più semplice ma importante del mondo: una licenza. Sfortuna volle che al finire della licenza venne firmato l’armistizio. Giuseppe fu catturato, dopo uno strenuo combattimento e deportato in Germania in cui divenne un Internato Militare Italiano. Ricordo ancora il suo racconto: “Noi volevamo combattere, ma l’arma si inceppò dopo aver esploso un solo colpo. I tedeschi mi puntavano un cannone addosso.” Il terzo riguarda l’incontro di Giuseppe con un giovane sacerdote salentino. Un ragazzo focoso, che animava i suoi ragazzi nel gioco della pallavolo con una spinta ed una energia straordinaria. Erano gli anni sessanta, gli anni del boom economico e dei fermenti giovanili che avrebbero cambiato per sempre l’Italia. Quel giovane prelato si chiamava Antonio Bello, per tutti don Tonino. Rimasero amici ed in contatto epistolare e quando il sacerdote divenne Vescovo di Molfetta, il nostro Giuseppe poté riabbracciare il suo vecchio amico con la stessa passione per lo sport. Ecco, ho voluto raccogliere questi ricordi che sono solo una piccolissima parte dei racconti di cui sono stato fedele uditore. Volle fortemente che la sede associativa fosse trasformata in museo storico permanente, facendola diventare quella che oggi è il Museo del Risorgimento. Mi sia concesso, infine, di ringraziarlo per avermi indicato, oltre dieci anni fa, come membro del direttivo della Associazione Combattenti e Reduci di Molfetta. Ora che si è ricongiunto con sua moglie donna Maria Emilia de Gennaro, spero possa vivere nella pace del signore, in cui ha sempre fortemente creduto. La terra ti sia lieve, addio Giuseppe!

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