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Molfetta, lezione di civismo e coraggio da parte di un ragazzo africano: presente ad una rapina, si lancia contro i malviventi e resta ferito All'extracomunitario andrebbe dato un riconoscimento per il suo gesto disinteressato e valoroso
01 marzo 2015

MOLFETTA - Una lezione di civismo e di coraggio a tanti molfettesi ignavi o ingrati, è stata data da un extracomunitario, che, presente per caso ad una rapina ad un supermercato, non ha esitato a lanciarsi contro i malviventi, rimanendo anche ferito al volto e al braccio. Una lezione anche a quei cittadini ingenui o razzisti che seguono personaggi alla Salvini della Lega, noto nemico dei meridionali e degli extracomunitari, considerati tutti ladri e malviventi.

La cronaca: ieri mattina, intorno a mezzogiorno, due banditi armati di temperino e a volto scoperto fanno irruzione nel supermercato Sisa di via Salvucci e si dirigono alle casse per rubare l’incasso, ma vengono subito affrontati da un extracomunitario che era lì a chiedere qualche spicciolo ai clienti che uscivano, dopo aver fatto la spesa. I rapinatori rimangono sorpresi dalla reazione dell’uomo e da quella di altri clienti, che sul suo esempio, intervengono a tentare di fermare i rapinatori e a difendere il ragazzo. I malviventi a quel punto tentano la fuga, che riesce solo a uno dei due, mentre l’altro viene bloccato e consegnato ai carabinieri, arrivati poco dopo. Sarà identificato e interrogato in caserma: si tratta di un tranese di 27 anni, Domenico Patruno, già noto alle forze dell’ordine.
Ore contate, invece, per l’altro rapinatore, fuggito con pochi spiccioli a bordo di uno scooter rubato a un portalettere di Trani e riverniciato per cancellare le scritte gialle di Poste Italiane. I carabinieri sono già sulle sue tracce. Il ragazzo africano è stato poi portato al pronto soccorso dell’ospedale di Molfetta, dove è stato medicato.

Sempre per la cronaca, da registrare anche lo scippo di un borsello ai danni di un anziano, più o meno nella stessa zona, nei pressi del supermercato MD. Il ladro è stato inseguito anche da alcuni passati, ma invano.

Ma non è la rapina a far notizia, ma il gesto disinteressato, coraggioso, quasi eroico di questo ragazzo africano (del quale abbiamo saputo più tardi il nome: Melville) che, crediamo debba essere ricompensato dalla cittadinanza e dalla pubblica amministrazione, per il suo esempio di senso civico e crediamo che il sindaco Paola Natalicchio, sempre sensibile e attenta a questi nostri fratelli (non dimentichiamo l’accoglienza realizzata nei giorni della festa patronale), saprà certamente dare il giusto riconoscimento a Melville. Sarebbe un altro segnale di civiltà e di cambiamento a quella parte di cittadini che, negli anni scorsi, hanno fatto dell’odio e dell’aggressione, all’avversario e al diverso, un modus operandi anche politico, disonorando profondamente Molfetta, da sempre terra di accoglienza e di tolleranza verso gli altri. Il cambiamento si manifesta anche con questi gesti: non dimentichiamo che Molfetta è anche la città che ha avuto come grande e indimenticabile vescovo don Tonino Bello, servo di Dio, che ci ha donato esempi di tolleranza e accoglienza, che molti hanno dimenticato, considerando furbizia e cattiveria un merito. Per fortuna buona parte della cittadinanza è diversa e rifiuta comportamenti razzisti e incivili di una minoranza da condannare e isolare. Perciò, vanno rispolverate le grandi lezioni di umanità del passato.

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Ma esistono davvero le etnie, le identità culturali con le loro inconfondibili radici, lo scontro fra culture dai valori inconciliabili che con tanta frequenza ricorrono nei discorsi della gente, nella propaganda dei politici, sulle colonne dei giornali, nei dibattiti televisivi? C'è qualcosa di vero in queste espressioni, o non si tratta piuttosto di vere e proprie invenzioni senza alcun fondamento, enfatizzare per coprire, sotto la maschera della cultura, ben altre spinte e inconfessabili interessi? Si prenda l'esempio italiano della Lega Nord, che inventa le origini celtiche degli abitanti della Pianura padana definita “una nazione con una propria identità”. Di fatto, ci dimostra Marco Aime, la popolazione denominata “celtica”, che non aveva alcuna organizzazione politica che la riunisse, alcun regno, alcuno Stato, alcun culto comune, fu inventata di sana pianta nel Settecento da intellettuali scozzesi, irlandesi, gallesi e bretoni per tentare di costruire le rispettive identità nazionali in contrapposizione alla popolazione dominante in Inghilterra e in Francia. E allora viene da dire, con Gerard Lenclud, che “non sono i padri a generare i figli, ma i figli che generano i propri padri. Non è il passato a produrre il presente, ma il presente che modella il passato”. Di fatto l'etnia padana è stata di tutto punto inventata dalla volontà di autodeterminazione economica delle popolazioni del Nord, contro un'immagine del Sud che a loro parere le penalizza nella gestione della propria ricchezza. Se dal locale passiamo al nazionale,, qual è l'identità dell'Italia, che ha raggiunto la sua unificazione solo da un secolo e mezzo, dopo quattordici secoli di divisioni e di dominazioni tra le più disparate, con conseguente contaminazione genetica delle popolazioni? Dove è rintracciabile quella “razza italiana” così mitizzata dal fascismo, che si rifaceva ai fasti dell'Impero romano, dimenticando, per inciso, che non c'è mai stato un impero tanto composito come quello romano, dove circolavano persone che provenivano da ogni parte del mondo allora sconosciuto? Quando si smetterà di millantare identità culturali che non esistono e che, se proprio vogliamo, sono state costruite più da una ricerca spasmodica di identità, che non si sa dove altro reperire se non in fantomatiche radici storiche? (Tratto da: I miti del nostro tempo – Umberto Galimberti)

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