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Molfetta, la bimba marocchina caduta in mare è guarita dal coma e scrive a “Quindici” per ringraziare tutti
27 giugno 2010

MOLFETTA - Ricordate la bambina marocchina, figlia di venditori ambulanti, caduta in mare nell’aprile scorso durante la processione del Sabato Santo mentre giocava sui pericolosi e inutili pontili della banchina S. Domenico e salvata in extremis dal cuginetto? La piccola, dopo i primi soccorsi, era stata trasportata al Policlinico di Brindisi ed era in coma.

Alla redazione di “Quindici” era anche pervenuta una lettera dell’insegnante elementare della piccola, che chiedeva aiuto ai molfettesi per sostenere la famiglia, aiuto al quale i nostri cittadini hanno risposto con grande generosità.
Bene, la bambina è uscita dal coma, è guarita ed è tornata a casa e ha voluto ringraziare, tramite “Quindici” con una lettera inviata in redazione, tutti coloro che l’hanno aiutata: un esempio di grande civiltà che ci viene dagli extracomunitari e che accantona tutti i pregiudizi che molti italiani hanno ancora oggi verso questi nostri fratelli per i quali dovrebbero riservare maggiore accoglienza.
Ecco il testo della lettera della bambina:
Tanti petali formano un fiore…
«Ciao a tutti carissimi lettori, mi conoscete già e molti conoscono la mia storia. Sono la bimba marocchina caduta in mare…
Eccomi qua, per fortuna ora sto bene. Dopo tanto tempo in ospedale, sabato 29 maggio, sono finalmente tornata a casa e sono davvero felice. Sono stata contenta di sapere che tanti di voi hanno aiutato la mia famiglia, sostenendola nei momenti difficili. Sono tornata a scuola ed ho salutato i miei compagni e le mie care insegnanti, tutti mi hanno accolto con tanta gioia e per me è stato un momento bellissimo».
“L’ esperienza di questa bambina – dice Mercedes Piepoli, che si è fatta promotrice della raccolta di generi alimentari per la famiglia marocchina - è stata davvero brutta, ma molto positiva dal punto di vista umano perché ha dimostrato che si possono abbattere i pregiudizi, che il meglio di noi può venir fuori non dall’odio e dall’arroganza, ma dal rispetto per gli altri, in senso collettivo, soprattutto verso i più deboli.
Poche righe, da parte di chi vuole esprimere la propria, profonda, gratitudine verso i tanti lettori che hanno dimostrato generosità, anche in periodo di crisi ed hanno dato un importante aiuto, a ritrovare la speranza. GRAZIE!”.
 
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Io dico: anche se trascrivo quello che attualmente leggo (poi dirò cosa). Ma esistono davvero le etnie, le identità culturali con le loro ionconfondibili radici, lo scontro fra culture dai valori inconciliabili che con tanta frequenza ricorrono nei discorsi della gente, nella propaganda dei politici, sulle colonne dei giornali, nei dibattiti televisivi? C'è qualcosa di vero in queste espressioni, o non si tratta piuttosto di vere e proprie invenzioni senza alcun fondamento, enfatizzate per coprire, sotto la maschera della cultura, ben altre spinte e inconfessabili interessi? Si prenda l'esempio italiano della Lega Nord, che inventa le origini celtiche degli abitanti della Pianura padana definita "una nazione con una propria identità". Di fatto, ci dimostra Aime, la popolazione denominata "celtica" che non aveva alcuna organizzazione politica che la riunisse, alcun regno, alcuno Stato, alcun culto in comune, fu inventata di sana pianta nel settecento da intellettuali scozzesi, irlandesi, gallesi e bretoni per tentare di costruire le rispettive identità nazionali in contrapposizione alla popolazione dominante in Inghilterra e in Francia. E allora vien da dire, con Gerard Lenclud, che "non sono i padri a generare i figli, ma i figli che generano i propri padri. Non è il passato a produrre il presente, ma il presente che modella il suo passato". Di fatto l'etnia padana è stata di tutto punto inventata dalla volontà di autodeterminazione economica delle popolazioni del Nord, contro un'immagine del Sud che a loro parere le penalizzano nella gestione della propria ricchezza. Motivazioni che si prestano a mascherare interessi anche legittimi ma, tutto sommato, come scrive Attilio Giordano, "di bassa Lega".- U.Galimberti. I miti del nostro tempo.
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