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Molfetta is happy? La rete si divide sul videotormentone di Pharrell Williams girato in città
07 aprile 2014

MOLFETTA - La Happy mania impazza in rete e prima o poi doveva contagiare anche la nostra città. Pharrell Williams, cantante e produttore americano ha lanciato il suo video reclutando gente comune balla il suo inno alla felicità. E poi una sfida: con la United Nation Foundation in occasione della Giornata Mondiale della Felicità, lo scorso 20 marzo, ha invitato tutti i suoi fan nel mondo a realizzare e pubblicare i propri video sulla felicità. Hanno risposto subito le grandi città del mondo e poi in modo virale altre città o gruppi stanno rispondendo.
A Molfetta, ci è voluto un po’ di più, ma ecco il link dell’Happy from Molfetta.
Realizzato autonomamente da Francesco Uva, un freelance che lavora tra la Puglia e la Lombardia, è stato lanciato ieri in rete e ha già più di 9mila visualizzazioni.
Il video si apre sullo spiazzale del Duomo con quello che tutti in città conoscono come “Gino Ballerino” e poi con leggerezza passa in rassegna alcuni luoghi simbolo (il calvario, la villa comunale, la muraglia, il centro antico) ma protagonista assoluta è la gente che lavora.
Si entra nei panifici, nelle officine, nei parrucchieri, nei bar, nelle pizzerie, nelle palestre accolti da "provetti" ballerini lavoratori e poi si va verso la zona industriale con il centro commerciale e una sala ricevimenti. C’è anche Rufus il cane randagio più amato e conosciuto in città che scodinzola in stazione.
Ma non è piaciuto a tutti. Le principali critiche che si leggono in rete riguardano la troppa presenza di locali privati contro una scarsa presenza di monumenti. “Siamo la città delle pizzerie e dei bar…che bella immagine diamo della città”. “E' gente che lavora, gente fortuna che ha la voglia di rendere Molfetta unica! Ovviamente Molfetta non è solo ciò che sta in questo video! Sarebbe assurdo pensarlo” si difende l’autore.
Insomma non è la guida turistica della città, né ha per fortuna l’ambizione di esserlo, ma mostra il lato umano dietro le vetrine.
E visto che a Molfetta ci si divide su tutto, arriva un altro video girato da una agenzia sulle stesse note. Diversi protagonisti. Anche la felicità può essere declinata in molti modi.       

Autore: Adelaide Altamura
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Siamo soliti considerare la tecnica come uno strumento a disposizione dell'uomo, quando invece la tecnica oggi è diventata il vero “soggetto” della storia, rispetto al quale l'uomo è ridotto a “funzionario” dei suoi apparati. Al loro interno, infatti, egli deve compiere quelle azioni descritte e prescritte che compongono il suo “mansionario”, mentre la sua persona è messa tra parentesi a favore della “funzionalità”. Se dunque la tecnica è diventata il soggetto della storia e l'uomo il suo obbediente funzionario, l'”umanesimo”, che come ci ricorda Heidegger, prevede la centralità dell'uomo, può considerarsi concluso, e le categorie umanistiche, che finora abbiamo adottato a leggere la storia, risultano inidonee a interpretare il tempo dischiuso dall'età della tecnica. Diciamo questo pur conoscendo che la tecnica può essere considerata come l'”essenza stessa dell'uomo”. E questo perché, come ci insegna una lunga tradizione che va da Platone ad Arnold Gehlen, l'uomo è l'unico vivente privo di istinti. La definizione tradizionale che lo definisce “animale ragionevole” è sostanzialmente impropria, perché all'uomo manca quella prima caratteristica fondamentale dell'animalità che è l'istinto. L'uomo è libero perché è biologicamente carente, perché non è codificato in maniera rigida dagli istinti. Quindi la libertà è una sua indeterminazione biologica. A differenza dell'animale che, dal momento min cui nasce, sa tutto quello che deve fare fino al giorno in cui muore, l'uomo – come ci ricorda Gehlen – “è un essere che per natura è così problematicamente dotato, da dover fare di una natura trasformata il punto di appoggio della sua propria, dubbia, capacità di vivere”. La teoria per cui gli uomini non hanno istinti è enunciata per la prima volta da Platone nel “Protagora” dove racconta che Zeus incaricò Epimeteo (epi-metis, colui che pensa dopo; quindi l'improvvido, lo sprovveduto) di assegnare a tutti i viventi delle qualità, che erano poi le qualità istintuali. Giunto all'uomo, Epimeteo più non ne disponeva da distribuire, perché era stato troppo prodigo nelle assegnazioni precedenti. Allora Zeus, impietositosi della sorte umana, incaricò il fratello di Epimeteo, Prometeo (pro-metis, colui che pensa in anticipo), affinchè desse agli uomini la propria virtù: l'antiveggenza, il pre-vedere. Anche Hobbies sostiene che, mentre gli animali mangian quando hanno fame, l'uomo è “etiam famis futurae famelicus”, ovvero affamato anche dalla fame futura. In altri termini, l'uomo non ha bisogno dello stimolo della fame per procurarsi il cibo, perché prevede che, anche quando sarà sazio, arriverà il tempo in cui necessiterà di cibo. Questa è la virtù dell'uomo: la capacità di previsione. Dunque, l'uomo nasce originariamente “tecnico Utilizzando una formula più articolata, si potrebbe dire che il giorno in cui tra gli antropoidi si è manifestato per la prima volta un gesto tecnico, quel giorno è nato colui che oggi chiamiamo “uomo”. (Tratto da: “I miti del nostro tempo” – Umberto Galimberti)




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