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Molfetta, incontro - presentazione progetti anno scolastico 2011-2012
29 settembre 2011

MOLFETTA -  Come nasce la buona scuola? È il titolo dell'incontro nel quale la casa editrice la meridiana illustrerà a docenti e dirigenti della scuola media inferiore e superiore  le proposte e le novità editoriali per l'anno scolastico 2011/2012       
L'appuntamento è per giovedì 29 settembre alle ore 16.30 nella sede della casa editrice a Molfetta (via G. Di Vittorio, 7).  L'incontro sarà introdotto da un intervento di Antonio Brusa, docente di didattica della storia all'Università di Bari.  Tra le proposte che saranno presentate, segnaliamo un nuovo libro di Gianni Solino "La Buona Terra. Storie dalle terre di don Peppe Diana", storie di persone, gruppi e associazioni che nelle terre di camorra stanno facendo esperienze di ricostruzione e opposizione (perché non c'è solo Gomorra), e il testo del procuratore di Lucera Domenico Seccia, una ricostruzione storica della mafia garganica utile per percorsi sulla legalità, dal titolo "La mafia innominabile".  A questo proposito la casa editrice in collaborazione con il Teatrermitage promuove anche quest'anno il progetto "Anche l'inverno ha nel cuore la primavera", una proposta di percorso di educazione alla legalità che permette di partecipare al Progetto Ministeriale "LE(g)ALI AL SUD": un libro, uno spettacolo teatrale, l'incontro con le cooperative nate sui beni confiscati alla Camorra. 

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Approfittando della vostra accoglienza e cortesia, continuo “QUOVADIS”: raccolte dallo stesso autore. …….. Non a caso si assiste in tutto il mondo a un arresto dell'alfabetizzazione che da diversi anni non si schioda da quel 47 per cento di analfabeti, per cui sembra si rovesci quel processo, che sembrava irreversibile, che aveva portato l'uomo dell'intelligenza simultanea a quella sequenziale. Radio, telefono e televisione hanno riportato al primato l'udito rispetto alla vista, e ricondotto la vista dalla decodificazione dei segni grafici alla semplice percezione delle immagini che sugli schermi si susseguono, con conseguente modificazione dell'intelligenza che, da una forma evoluta, regredisce a una forma più elementare. Naturalmente guardare è più facile che leggere, e quindi, cari amici del libro, apprestiamoci a essere sempre più rari e, in questo mondo mediatico, anche un po' strani. L'homo sapiens, capace di codificare segni ed elaborare concetti astratti è, come dice Raffaele Simone, sul punto di essere soppiantato dall'homo videns che non è portatore di pensiero, ma fruitore di immagini, con conseguente “impoverimento del capire” dovuto, secondo Giovanni Sartori, all'incremento del consumo di televisione. E come è noto, una moltitudine che “non capisce” è il bene più prezioso di cui può disporre chi ha interesse a manipolare le folle. “Non ho letto il libro, ma ho visto il film”, così si giustifica la gente che non legge. A quali segni di mutamento profondo nell'uso della nostra mente nasconde questa semplice frasetta? Raffaele Simone ne elenca alcuni: innanzitutto il “ritmo mentale” che nella lettura è autotrainato, nella visione è etero trainato dall'emittente, per cui chi guarda è costretto a seguire il ritmo imposto dallo spettacolo. La “fatica di leggere” non può competere con la “fatica di guardare”, e allora, rispetto al libro, la televisione sarà il medium più amichevole perché è quello che “da meno da fare”. Tra i problemi che affliggono la scuola forse il più significativo è l'avere a che fare sempre meno con l'homo sapiens e sempre più con l'homo videns, la cui mente finisce con l'essere diversamente conformata. La conseguenza è che non è più il luogo della movimentazione della conoscenza, ma quello in cui alcune conoscenze, dopo essere state trasmesse e classificate, si sedentarizzano, stagionano, e si staticizzano. Che fare? Non lo so. Ma è già un passo avanti prender conoscenza di almeno due cose: innanzitutto che l'intelligenza sequenziale, che finora ha caratterizzato l'Occidente nella costruzione delle sue conoscenze, cede ogni giorno di più il passo all'intelligenza simultanea ; e in secondo luogo che la scuola ha ormai a che fare con un universo giovanile che fatica enormemente di più che in passato a seguire il carattere sequenziale dell'l'intelligenza a cui la scuola affida quasi esclusivamente la trasmissione del suo sapere. E per i passaggi epocali non ci sono ricette pronte, ma sfide di pensiero e di paziente sperimentazione.
Come non rileggersi le profonde osservazioni scritte da Umberto Galimberti nel suo libro “I Miti Del Nostro Tempo”? Educare al relativismo culturale - Che rapporto c'è tra istruzione e cittadinanza? La scarsità di prospettive di lavoro in campo umanistico non rischia di accentuare l'indirizzo tecnico-scientifico delle nostre scuole medie, superiori e universitarie, emarginando arte, letteratura e filosofia, perché non danno competenze specifiche? E che significa una formazione scolastica e universitaria che, sul modello americano, si indirizza sempre più verso la specializzazione, in un tempo come il nostro in cui le continue migrazioni creano società multietniche, dove sarà possibile convivere solo se buoni e sostanziosi insegnamenti umanistici avranno creato quel “relativismo culturale” che insegna agli uomini il rispetto delle differenze? Non è proprio oggi urgente incrementare a dosi massicce la cultura umanistica per rendere l'istruzione all'altezza dei problemi che il nostro tempo crea intorno alla convivenza e ai diritti di cittadinanza? Sono, questi, alcuni problemi sollevati da Martha Nussbaum nel suo libro “Coltivare l'umanità. I classici, il multiculturalismo, l'educazione contemporanea” dove, accanto al sapere tecnico-specialistico, si raccomanda un forte incremento del sapere filosofico-umanistico sul modello socratico che non fornisce un sapere (Socrate si è sempre vantato della sua “dotta ignoranza”), ma la c apacità di interrogare e argomentare in forma autonoma, senza affidarsi a quei giudizi acritici che sono il precipitato ridotto in pillole dell'informazione televisiva. Questa educazione filosofico-umanistica è oggi molto urgente, non tanto per compensare il tecnicismo specialistico, quanto per riuscire a convivere in società sempre più multietniche dove, senza una cultura ampia, critica e perciò tollerante, sarà sempre più difficile coabitare se si resta rattrappiti nella difesa della propria specificità. E qui non si pensa solo ai pregiudizi delle persone ignoranti, ma all'”ignoranza umanistica” dei tecnici, degli scienziati, degli operatori di mercato, e più ampiamente di tutti quegli attori di competenze specializzate che, a sentirli parlare, sembrano uomini che, all'alba del mondo, stanno cominciando a crearsi un'idea di quel che succede in quello spazio impreciso e confuso che comincia appena fuori dal loro ufficio e dal loro laboratorio. E questo perché? Perché nessuno ha insegnato loro a pensare con la propria testa, e a scostarsi di qualche centimetro da quel che in generale si dice su questo o quell'altro argomento.............
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