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Molfetta, i volontari del WWF liberano un gheppio al Gavetone
17 maggio 2009

MOLFETTA - Prosegue l'attività del Wwf Molfetta a salvaguardia delle specie in difficoltà: da qualche giorno è tornato nel suo habitat un gheppio (Falcus tinnunculus), rinvenuto in una proprietà privata in località Gavetone. L'esemplare, che si presentava denutrito, è stato consegnato agli agenti di Polizia Municipale, i quali lo hanno affidato ai volontari dell'associazione ambientalista. Dopo averlo curato, i volontari lo hanno rimesso in libertà in un'area limitrofa a quella del ritrovamento. In questo periodo stanno aumentando i casi di ritrovamento di falchetti in difficoltà; la causa principale può esser individuata nella derattizzazione effettuata nei giorni scorsi. La specie, infatti, si alimenta solitamente di piccoli roditori che, nelle operazioni di derattizzazione, vengono avvelenati. Se il falchetto preda uno di questi animali, rimane avvelenato a sua volta. Si moltiplicano anche i rinvenimenti di alveari: ben tre favi sono stati rinvenuti all'interno del cimitero di Molfetta e nei prossimi giorni si provvederà al loro recupero. I volontari del WWF chiedono la collaborazione dei lettori, invitandoli a segnalare eventuali ritrovamenti di esemplari in difficoltà presso la sede del WWF, sita in via G. Puccini, 16 o contattando i numeri 0809143819 oppure 3466062937.
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Encomiabili questi protagonisti di vita: i volontari del WWF. Disponibili e sempre pronti alla salvaguardia delle specie non solo in difficoltà, ma in fase di estinzione. In fase di estinzione perchè è sotto gli occhi di tutti, la distruzione del naturale habitat non solo animale e vegetale ma anche umano. Si vanno scollegando anche tutti i vari ecosistemi. Non è pessimismo cassandrico, è evidente realtà. Impossibile quantificare in tempi più o meno lunghi: sarà il nostro sistema di vita, l'arbitro della partita. L'essere umano è finito, delimitato da una scadenza che è possibile rinviare anche di molto, ma che rimane certa e inevitabile: si è soliti dire che sia l'unica certezza che possediamo. Forse è per questo motivo che hanno presso di noi tanta fortuna le prefigurazioni, le predizioni, le attese di una fine più ampia: la fine del mondo, la fine della storia, la fine dei tempi. Ogni storia infatti ha una fine, oltre che un inizio. L'atteggiamento apocalittico più caratteristico della nostra epoca non è forse quello che dice: il mondo finirà per una catastrofe ecologica, per la sovrapopolazione, per carenza di risorse, per una guerra distruttiva, per il nucleare che sfugge di mano a qualcuno, perchè la specie umana non ha saputo conservare il suo bene più prezioso, cioè il suo habitat naturale? Ci sembra questa l'immagine della fine più presente oggi: l'idea che finiremo sommersi dai nostri rifiuti, dalle città sempre più informi, dai gas di scarico, dai consumi, dagli oggetti, dalla nostra noncuranza e avidità, a seconda dei sistemi di preferenze dei vari profeti di sventura. E' presente, in queste credenze sull'apocalisse che ci aspetta, un giudizio estremamente negativo su due elementi: l'umanità, i suoi capi, il suo modo di comportarsi, e il presente, il modo in cui oggi l'umanità si organizza, vive, compie scelte. Forse abbiamo bisogno, in alcuni momenti, di immaginare un evento che ci riporti bruscamente alla precarietà, alla limitatezza delle nostre vite, che ci scuote dall'abitudine e ci faccia riflettere sul futuro delle complesse società a cui abbiamo dato luogo, di quel castello di carte che si chiama civiltà. Come se immaginare un pericolo estremo avesse il potere di portarci o riportarci alla saggezza. Per questo l'atteggiamento apocalittico ci appare da leggere prevalentemente in relazione alle ideologie, alle politiche, al giudizio sul presente, al senso della storia, al rapporto fra presente o passato. Consideriamo gli atteggiamenti apocalittici come un segno piuttosto che una fede: il segno che gli uomini di una certa epoca pensano, giudicano, temono, sperano, in relazione alla civiltà (o non civiltà) nella quale crediamo di vivere.
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