Molfetta e le regionali pugliesi, dopo l'elezione di De Nicolo a segretario locale del Pd
MOLFETTA - L’elezione di Piero de Nicolo (foto) a segretario cittadino del PD molfettese è certamente la scelta più in linea con l’attuale composizione del partito, dopo l’uscita di Guglielmo Minervini.
La segreteria del PD rispecchia adesso totalmente la linea del partito, la cui maggioranza è su posizioni renziane. Condivisibile o meno, si tratta del percorso più coerente per un partito che si sta rimodulando e la cui componente giovanile è molto nutrita, anch’essa su posizioni per lo più renziane.
Del resto, la candidatura di Guglielmo Minervini con la lista di Sel, con la conseguente espulsione dal PD, ha rotto non pochi equilibri. Giulio Calvani si è dimesso da segretario, l’ala renziana è diventata maggioritaria (ecco perché l’elezione di de Nicolo è la più coerente) e anche la composizione di Sel è cambiata. Certo, meno di due anni fa anche Guglielmo Minervini aveva votato Renzi come segretario nazionale del PD. Evidentemente molto è cambiato sulla scena nazionale, regionale e locale.
Indipendentemente dalle ragioni delle scelte di Guglielmo Minervini, è chiaro che gli equilibri a livello cittadino cambiano. Nonostante le due liste (quella di Sel, con Guglielmo Minervini candidato, e quella del PD, con Erika Cormio come candidata molfettese) sostengano lo stesso presidente della regione (Michele Emiliano), non sembrano intenzionate ad avviare processi di distensione o mediazione, anzi si danno battaglia ad ogni occasione. Guglielmo Minervini denuncia le scelte di Emiliano di imbarcare elementi di destra come Saverio Tammacco. Il PD molfettese rivendica la propria coerenza, contro le scelte personalistiche di Minervini.
La situazione provoca non pochi dubbi. Di certo molti dei processi descritti soffrono di autoreferenzialità, sono viziati da scelte tutte interne al ceto politico, impermeabili ai processi sociali. E’ quell’autonomia del politico che ha fatto negli anni della politica un sistema, con le sue regole e le sue strategie di auto-riproduzione.
Al di fuori della coalizione di Emiliano c’è “L’altra Puglia”, con Mario Abbattista candidato molfettese, e composta per lo più dal nucleo di Rifondazione comunista di Molfetta, che vanta una storia importante e decide di non presentarsi col proprio simbolo.
Non c’è stato, a Molfetta, quel processo costituente dal basso che pure era stato il tema di tanti incontri e discussioni in città negli scorsi mesi, e che avrebbe dovuto puntare alla costruzione di un soggetto politico inclusivo che assumesse la dimensione sociale della produzione. Che coniugasse cioè il piano della rivendicazione tradizionalmente sindacale con quello sociale e politico, vista la progressiva perdita di peso del lavoratore a tempo indeterminato e l’emergere di soggettività precarie, messe a valore anche al di fuori del lavoro inteso in senso contrattuale. Precari, disoccupati, lavoratori autonomi a partita iva, operatori dei call center, giovani studenti e lavoratori cognitivi, migranti ecc. rappresentano un mondo sempre più ampio anche a Molfetta. Questi soggetti rompono il compromesso fordista su cui si è fondata la crescita del welfare classico e del diritto del lavoro e costituiscono un’eccedenza non tutelata, spesso impossibilitata a progettare il proprio futuro a lungo termine. Un soggetto politico che tenga dentro le rivendicazioni di questo soggetto, oltre che del lavoratore classico, deve necessariamente porre la centralità dei diritti fondamentali al di fuori del mercato e di un diritto di stampo privatistico, oggi sempre più contaminato da fonti del diritto inerenti la cosiddetta lex mercatoria, assicurando a tutti la possibilità di vivere e autodeterminarsi. Il fatto che sempre più la produzione, in occidente, anche alla luce di una divisione internazionale del lavoro, sia connessa con i servizi, le tecnologie e la sfera immateriale, pone il problema politico della riappropriazione – anche conflittuale - delle capacità oggi messe a lavoro e attraversate da dispositivi di assoggettamento. Quei dispositivi di precarizzazione, neutralizzazione e ricatto che fanno della generazione più creativa e scolarizzata anche la più produttiva e meno retribuita al tempo stesso.
A livello nazionale, la coalizione sociale proposta da Landini sta provando a porre alcune questioni cruciali, inerenti reddito e salario minimo, dimensione sociale della produzione, beni comuni, sindacalismo dal basso ecc., relazionandosi anche con quel soggetto eterogeneo che da mesi si sta rivedendo nel percorso dello sciopero sociale. E’ da chiarire il piano dell’organizzazione e da porre il problema della verticalizzazione delle vertenze, per questo è necessario partecipare al processo ed evitare derive personalistiche o appropriazioni indebite.
Ma questa è un’altra storia. Per le regionali pugliesi il quadro è già fatto, tocca solo scegliere.
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Autore: Giacomo Pisani