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Molfetta, come si sfascia una città: l'artificiosa ricerca della spensieratezza e del divertimento
19 aprile 2009

MOLFETTA - La rappresentazione di una città è fatta di tante possibili descrizioni: la città come labirinto, disegnata dalle geometrie del suo tessuto urbano e delle architetture la città come storia, con i suoi simboli, le sue stratificazioni, le sue vite passate, la città quotidiana fissata nei volti e nei comportamenti dei suoi abitanti. Ma forse, più di tutto, come testimoniano le opere degli artisti e i racconti degli scrittori, la città è la metafora del nostro animo, con le sue facce poliedriche e contraddittorie: è la foresta in cui perdersi e in cui ritrovarsi, è la dimensione dell'abituale e della scoperta, è lo scrigno dei nostri sogni e delle nostre angosce. E spesso dei nostri desideri e delle nostre malinconie. Come dice il Marco Polo di Calvino: “All'uomo, che cavalca lungamente per terreni selvatici, viene desiderio di una città. Finalmente giunge a Isidora, città dove i palazzi hanno scale a chiocciola, incrostate di chiocciole marine… Isidora è la città dei suoi sogni: con una differenza. La città sognata conteneva lui giovane; a Isidora arriva in tarda età. Nella piazza c'è il muretto dei vecchi che guardano passare la gioventù; lui è seduto in fila con loro. I desideri sono già ricordi”. La vera anima della città e nel centro cittadino o è fuori della città in un centro commerciale e di divertimento? Il divertimento è realtà, tutto il resto è apparenza. Non sei nessuno se non sei almeno su You Tube, non importa se in un filmetto in cui vomiti addosso a un tuo amico o amica. Non sei nessuno se non porti la frangia come quella tipo del Grande Fratello e un tatuaggio tribale appena sopra il culo. “Bruca la città”, dal centro alla periferia. Ma le luci “dei divertimenti” non nascondono le profonde ferite della città, le solitudini, le famiglie sfasciate, i drammi. Molfetta “la principessa del sud” o la “città degli angeli?” Non ci sono desideri che non si possono realizzare, in una città dove la sua anima colpita a tradimento, alla mercé di eccentrici e attrazioni architettoniche, ispirazioni che dettano mode, locali all'avanguardia, tutto ciò che allontana la città da qualsiasi stereotipo e che si lascia scoprire solo vivendola più in profondità. Come non può mancare la passeggiata al Centro Commerciale e l'ultima novità Miragica, meta dello shopping e del divertimento più esclusivo di una zona devastata al più degrado ambientale e con strade a dir poco “antidiluviane”. La parola spesso usata è “sprawl”. Viene dal verbo inglese “to sprawl” che significa, più o meno, sdraiarsi in modo scomposto. E' questa la forma che vanno assumendo le città, distendendosi sui territori che le circondano, invadendolo, sparpagliandovi piccoli e grandi insediamenti, per la maggior parte residenziali, oppure destinati al commercio o al divertimento o a tutte queste cose insieme. La trasformazione è in atto da vari decenni, qualcuno dice uno, qualcuno si spinge a due, qualcun'altro azzarda tre. Ma sul fatto che ormai la città stia perdendo la sua immagine di struttura compatta, concordano urbanisti e sociologi, economisti e geografi. Dividendosi, semmai sul giudizio: è un fenomeno incontenibile oppure vi si può porre rimedio? Migliora la vita di una città e dei suoi abitanti oppure ne accentua l'affanno? E cosa ne sarà delle campagne, verranno urbanizzate oppure distrutte?
Autore: Felice Altamura
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Gentile Antonietta Altomare: "Ci sarà una inversione di tendenza? E quando?". Hanno ragione i giovani a non voler affrontare lunghi percorsi didattici. Molti giovani studenti si fermano alla scuola d'obbligo o non terminano gli studi superiori. Sono una conferma di un malessere generale derivante da scelte di politica culturale sbagliate a livello nazionale. Troppi contradittori messaggi vengono immessi nel circuito della comunicazione per i giovani, considerati strumenti utili soltanto dal punto di vista commerciale perchè in grado di fare aprire i portafogli dei genitori. Da ormai numerose generazioni, i modelli di vita loro prospettati mostrano infatti quasi sempre bellissimi somari ricchi e felici e sapiente poveri, se non depressi. Le eccezioni non mancano, ma sono sempre eccezioni. Se si vuol dare davvero uno slancio alla formazione e al raggiungimento di mete culturali di prestigio bisogna promuovere e sostenere con i fatti, modelli alternativi a quelli proposti dalle porcherie che chiamano "reality show" diffusi da tuttte le reti televisive. Se si guadagna più prestigio sociale e denaro mostrando l'ombelico o esibendo muscoli oppure ancheggiando davanti a una telecamera, non c'è alcun motivo di spaccarsi la testa dietro una versione di greco, un teorema o una formula chimica. Si può forse dare torto, specialmente a chi è giovane, di ritenere decisamente più gratificante diventare campione di karaoke e partecipare a manifestazioni pubbliche piuttosto che percorrere strade che richiedono abnegazione, senso del dovere, curiosità e prospettano mete molto lontane? Possiamo ignorare che anche il futuro per moltissimi giovani laureati plurispecializzati è caratterizzato da posti di lavoro precari? E' arrivato il momento di un "inversione di tendenza". Occorre davvero una nuova "rivoluzione copernicana" che rimetta al centro l'uomo, la ricerca interiore più che quella materiale, il bisogno di riconoscere un sè meno apparente ma assai più contenuto. Ci devono pensare innanzitutto le Istituzioni. La famiglia deve educare i giovani a previlegiare il sapere evitando per esempio l'ipercriticismo nei confronti della scuola pubblica e degli insegnanti. Anche gli operatori della scuola, moltissimi dei quali mantengono l'entusiasmo per il lavoro e resistono agli attacchi plurimi di riforme sostanzialmente improntate ai risparmi e senza neppure alcuna prospettiva di vedere migliorata la propria posizione economica, devono fare uno sforzo per una maggiore passione nell'azione didattica e per rendersi attori, con i giovani e le famiglie, del processo "rivoluzionario". La motivazione allo studio e la costanza nell'impegno sono i primi ostacoli con cui si scontra un insegnante. Non si deve dimenticare che, nonostante i ragazzi trascorrono una larga fetta della loro giovinezza tra i banchi di scuola, gli stimoli culturali e i modelli provengono invece prevelentemente dall'esterno. La principale fonte di apprendimento, specialmente in età adolescenziale quando i giovani sono particolarmente sensibili al fascino dell'apparenza, sono le TV. La pubblicità, che non veicola solo i prodotti da acquistare ma modi di condurre l'esistenza, i programmi di intrattenimento e i principali protagonisti delle interviste e dei confronti che li animano e la realtà finta degli studi sono improntati sulla contraddittorietà. Questo processo non può continuare all'infinito, è un andare avanti ma non è un progresso. C'è molto da fare per invertire la rotta. Non è facile, ma è un tema fondamentale per ripristinare la fiducia con i cittadini autentici, quelli che dentro le case sono oppressi da problemi irrisolti. Si può fare.




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