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Molfetta, Banca etica: di diversità virtù, se ne è parlato a Comitando
30 aprile 2014

MOLFETTA - Di diversità virtù. In queste poche parole potrebbe racchiudersi il “core business” di Banca Etica, una banca che non mira solo ed esclusivamente a massimizzare i profitti di chi ha già denaro, ma fa impresa ponendo tra le sue priorità la funzione socio educativa mettendo al centro persona e impresa.

Da questa premessa è partita Teresa Masciopinto (foto) rappresentante di Banca Etica, presentata da Mimmo Favuzzi nell’incontro tenutosi a “Comitando”, associazione che sta diventando una vera e propria fucina di idee con laboratori volti a favorire l’imprenditoria con un occhio attento al panorama locale.

La Masciopinto nel suo intervento, partendo dalla funzione sociale educativa di Banca Etica, ha riassunto il tipo di finanza “alternativa” al servizio del bene comune che contraddistingue questa banca, che si ispira a principi di trasparenza, partecipazione, efficienza e sobrietà.

Infatti, in Banca Etica l’approccio al credito muove le mosse dalla considerazione della persona e dell’impresa quali singoli centri di imputazione di interessi che improntano il rapporto credito/debito sulla dalla reciproca fiducia, quale meccanismo necessario per sviluppare responsabilmente la capacità imprenditoriale dei singoli senza, ovviamente, demonizzare il profitto.

Creare meccanismi di reciproca fiducia nell’erogazione del credito significa fare una valutazione socio ambientale del finanziamento oltre a quella puramente economica di tipo classico.

Il carattere “etico” della banca consente l’erogazione del credito solo in alcuni settori come welfare, agricoltura, energie rinnovabili, impresa sociale e responsabile, animazione socio-culturale, progetti di reintegro sociale per soggetti svantaggiati, iniziative di tutela dell’ambiente; viceversa l’attività di investimento del risparmio avviene in un modo del tutto consapevole e trasparente per i clienti, infatti questi divengono soggetti attivi che possono decidere coscientemente in quale settore indirizzare il proprio risparmio.

Insomma l’approccio culturale con Banca Etica viene invertito: la domanda per i clienti non è più quanto interesse ottengo, bensì dove vanno a finire i nostri soldi e cosa ci fanno con i nostri soldi, domanda che passa completamente in secondo piano davanti alla logica del profitto puro e semplice. Sapere, invece, che i nostri soldi vengono investiti per aiutare chi realmente ne ha bisogno è in tempo di crisi un modo per aiutare indirettamente settori determinati facenti parte dell’economia del nostro paese.

Il progetto di Banca Etica assomiglia un po’ a quello portato alla ribalta da Muhammad Yunus (Nobel per la pace nel 2006) che ha fondato in Bangladesh, nel 1976, la Grameen Bank muovendo le mosse da un semplice quanto semplicistico, ma non banale, “circolo virtuoso di garanzia rotativa” improntato sulla spirale “fiducia crea altra fiducia” che ha già dato i propri frutti, infatti la BE ha un tasso di sofferenza tra i più bassi in Italia, circa del 2% considerato del tutto fisiologico in confronto ai colossi nazionali che attestano un tasso in media al 10%.

Un approccio del tutto innovativo e forse poco conosciuto quello di Banca Etica, che non ha mancato di destare l’attenzione anche dell’assessore Francesco Bellifemine presente all’incontro tra il pubblico.

© Riproduzione riservata

Autore: Rebecca Amato
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