MOLFETTA - La strage fascista di Piazza Fontana è stata ricordata alla Casa della Sinistra a Molfetta con l’ultimo incontro delle giornate dedicate all’antifascismo, in cui è stato proiettato il documentario Misteri d’Italia: Piazza Fontana.
Il 12 dicembre 1969, alle 16.37 una bomba esplode nella Banca Nazionale dell'Agricoltura: 14 i morti, 87 i feriti; tre moriranno in seguito. Nel giorno dei funerali si diffonde la notizia che uno dei fermati, l'anarchico Giuseppe Pinelli, è morto durante gli interrogatori, volando da una finestra della Questura di Milano. Ci vorranno 40 anni per iscrivere nelle parole del presidente della Repubblica Giorgio Napolitano il suo nome come diciottesima vittima della strage.
Eppure i responsabili almeno in parte ci sono. Carlo Digilio, neofascista di Ordine Nuovo, ha confessato il proprio ruolo come armatore dell’attentato e ottenuto nel 2000 la prescrizione. La Cassazione nel 2005 confermando l’assoluzione in appello del trio Zorzi-Maggi-Rognoni condannato in primo grado nel 2000 all’ergastolo, ha stabilito che con le prove emerse nelle inchieste successive entrambi gli ordinovisti Franco Freda e Giovanni Ventura sarebbero stati condannati.
Non è da meno l’accertata responsabilità dei servizi segreti. L’ex generale del Sid, Gian Adelio Maletti, fuggito in SudAfrica dall’80, e il capitano Antonio Labruna hanno condanne definitive per il depistaggio di indagini alle quali sottrassero personaggi chiave fatti scappare all’estero.
Non mancano neppure certezze su responsabilità americane, quantomeno di osservazione senza intervento, secondo la catena di comando Usa che gestiva il neofascista Digilio come collaboratore nascosto della Cia.
Ora va di moda, anche tra chi in questi quarant’anni ha continuato a occupare posizioni in politica, augurarsi che i vecchi ancora vivi e sparsi per il mondo (i vari Maletti in Sudafrica, Zorzi in Giappone, Ventura in Argentina) rivelino la verità in punto di morte. Ma ciò non si traduce in un impegno concreto chiedere al Giappone l’estradizione del latitante Zorzi.
E c’è da indignarsi di fronte ai facili applausi di questi quarant’anni da parte di chi invoca di togliere un “segreto di Stato” che in realtà non c’è su piazza Fontana. Anche qui coerenza si dovrebbe togliere il “segreto di Stato” perlomeno dove sono mantenuti o rischiano di essere messi, su vicende quali il sequestro Cia di Abu Omar a Milano nel 2003, o lo scandalo SISMI-Telecom, e ora alcuni sviluppi delle nuove indagini sulle stragi mafiose del 1992.
Aggiungiamoci il fatto che i liceali non abbiano idea di chi siano Valpreda, Pinelli e Calabresi, e attribuiscano la strage di piazza Fontana alle Brigate rosse, imputabile a una informazione pressoché muta di fronte a una storia così vecchia e chiaramente di poco interesse.
Perché dunque dare notizia al dibattimento di primo grado in corso dalla fine 2008 a Brescia a 5 imputati (alcuni assolti nel 2005 su piazza Fontana) della strage di piazza della Loggia, costata 8 morti e 108 feriti nel 1974?
Sarebbe un serio gesto di responsabilità, tra tanti pur doverosi omaggi al quarantennale della strage del 1969, che giornali e tv si impegnassero a sensibilizzare l’opinione pubblica e a parlare con costanza, d’ora in avanti, delle udienze del processo di Brescia.
Dopo quarant’anni, qualche riga in più sui giornali o un minuto nei Tg che raccontino come vanno le udienze di questo processo, in un angolino tra il plastico di Cogne o le chat di Amanda, sembra il minimo.
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