Un’intervista fuori dai denti e ad ampio raggio quella che il sindaco di Molfetta Tommaso Minervini ha concesso a “Quindici” che, nel corso degli anni non gli ha risparmiato critiche, ma sempre con onestà intellettuale e nel rispetto delle persone (e di questo dobbiamo dare atto a questo sindaco, contrariamente a qualche altro) come dovrebbe fare ogni buon giornale capace di esprimere liberamente le proprie opinioni, dopo aver dato la parola ai protagonisti della vita pubblica. È quello che “Quindici” fa anche questa volta con una persona che, nel bene e nel male, ha retto il governo della città e alla quale va riconosciuto molto coraggio. Come spesso accade in politica, e lui ne sa qualcosa, a far cadere le amministrazioni comunali a Molfetta non sono le opposizioni, ma le implosioni interne. E’ accaduto anche questa volta. Cerchiamo di capirne i motivi, dando la parola a chi le ha vissute in prima linea e sulla propria pelle. Le opinioni e i commenti le riserviamo ad altri spazi nel giornale, sempre rispettosi del principio del giornalismo anglosassone. Sindaco Minervini, Molfetta si trova in una situazione difficile a causa dell’uscita dalla maggioranza di due liste civiche “Obiettivo Molfetta” e “Popolari per Molfetta”, passati all’opposizione. Quali rischi ci sono per la città? La venuta di un commissario prefettizio, con quali problemi? «La situazione non è difficile. La situazione è triste. E la tristezza, in questo caso, non è altro che la miseria civile dei furbastri. Triste e misera perché è una combinazione di situazioni che nulla hanno a che fare con il bene comune: ritroviamo l’area dei forcaioli che in tutti questi anni hanno prodotto una sistematica azione di denigrazione; l’area dell’alternativa politica; l’area di un apparato che si ritiene onnipotente e che vuole colonizzare Molfetta ed imporre un suo candidato; l’area di chi non ha mai elaborato la sconfitta nella storia cittadina. Insomma, al netto della democratica alternativa politica, è un crogiolo malforme di livorosi e invidiosi, obnubilati dal proprio ego e totalmente disinteressati al bene comune, alla città. Ed così che questi pezzi, che nulla condividono tra loro, si sono ritrovati al solo scopo di “uccidere”, anche con maniere forti, chi oggi rappresenta, insieme a migliaia di donne e uomini assolutamente per bene, l’area del civismo e del fare. Una vasta rappresentanza che ha permesso di contribuire a radicare a Molfetta un’importante area di autonomia dagli apparati e dagli schemi di una politica di padronato. Un’area di autonomia orgogliosamente con Molfetta e per Molfetta. Per questa ragione sento di dover difendere questa straordinaria conquistata autonomia. Ove arrivasse l’ennesimo commissario, Molfetta rischierebbe un anno di stasi nel bel mezzo delle procedure di ammissione dei Comuni ai fondi statali del PNRR. Una perdita incomputabile proprio per la portata dei fondi previsti e destinati ai Comuni, fondi con un impatto senza precedenti nella storia repubblicana. Ma che, soprattutto, andrebbero perduti per sempre. A ciò si aggiungerebbe la perdita di un anno sui tempi delle più importanti infrastrutture e dei servizi sociali in corso di realizzazione. Un danno incalcolabile per la città che si deve evitare. Spero ci siano consiglieri responsabili che vogliano rispettare la città prima degli interessi di parte o particolari, che non siano proni agli apparati e consentano di evitare un ennesimo commissariamento che tutti i molfettesi ricordano come un periodo negativo. Per tali ragioni evidenti e per il bene della città ancora una volta, richiamo i consiglieri alla responsabilità verso la Città». Gli assessori si sono dimessi, può funzionare una giunta dimezzata? Una crisi pasticciata e dai contorni poco chiari. «La Giunta può funzionare tranquillamente. Ma è necessario ripristinare la maggioranza in seno al Consiglio». Si aspettava questa conclusione con un gruppo di liste civiche messe insieme senza alcun collante ideologico o di comune sentire, ma solo per un fatto gestionale? «A meno di un impossibile monocolore, in ogni Amministrazione sono insieme “ideologie” diverse, come le chiama lei, ovvero culture, storie, sensibilità diverse. Il monocolore appartiene ai tempi bui di inizi ‘900, questa invece è la democrazia rappresentativa. Ma non solo, l’assunto da lei sostenuto nella sua domanda è confutato nei fatti della storia recente. Vale a dire quello della precedente amministrazione che composta da soggetti diversi tra loro, seppur con minori differenze, e una schematizzazione ideologica tutta di “sinistra” è terminata in malo modo dopo appena tre anni. Insomma, se non fosse chiaro, l’amministrare non attiene alla questione ideologica ma alla sostanziale assunzione di responsabilità nei confronti di una comunità. Una responsabilità che riguarda le cose, i fatti, la città, i valori etici ed umani. Questa Amministrazione è nata con questo collante valoriale, un collante molto più autentico e prezioso perché mette al primo posto la città e il fare le cose per la città. Per chi è in buona fede questo è un dato incontrovertibile, riscontrabile girando la città, osservandola. I tanti cambiamenti positivi sono lì, basta guardarli con sguardo sincero, come quello dei tanti concittadini che lavorano fuori città, dei nostri emigranti, che al rientro dopo anni notano meravigliati una Molfetta molto diversa da quella del 2017, con le tante cose fatte, i tanti servizi nuovi. Una Molfetta cresciuta, migliore. Questo è il collante valoriale, l’impegno delle tante donne e dei tanti uomini che hanno realizzato le tante cose con ammirevole spirito di leale servizio per la città. Solo ed unicamente per la città». Altre situazioni critiche si sono verificate in passato e questa maggioranza è stata più volte ritoccata e rimaneggiata. Che garanzia di governo si può offrire? «Abbiamo fatto un solo rimpasto in quattro anni, poi le dimissioni di due assessori protrattesi in quest’ultima vicenda. La precedente Amministrazione fece anch’essa rimpasti nei tre anni e poi se ne andò provocando un lungo periodo di commissariamento di cui la città è ancora spaventata. Questa Amministrazione ha assicurato il governo della Città e lo ha fatto in modo sostanziale. Ripeto, basta guardarsi intorno, basta osservare la città. Ho raccolto le fotografie delle tante cose realizzate nel libro “Il coraggio dei fatti”. Un riscontro reso pubblico e godibile a tutti i cittadini, una corposa raccolta fotografica che testimonia in ogni pagina le tante cose e i tanti servizi fatti. Un resoconto sulla verità sostanziale della capacità di governo. Un lavoro enorme, realizzato senza aumentare le tasse bensì compiendo un proficuo e coraggioso lavoro di welfare sociale che ha portato alla diminuzione delle tariffe, vedi la mensa scolastica, così come abbiamo reso gratuiti i trasporti per le riabilitazioni. Pertanto, nessuno potrà banalizzare questi anni fecondi e difficili. Perché difficili, terribili, oltremodo inimmaginabili, sono stati i due anni della gestione COVID. Nessuno potrà farlo nemmeno soffiando sulle parole, manipolandole, e né tantomeno con l’uso di effetti speciali costruiti ad arte per puntare al discredito di un’intera città. Questa sì che, invece, è una pratica vergognosa, artefare per esaltare i singoli e affossare un’intera città, la città che lavora, la città per bene. Le mele marce devono essere giudicate ed estirpate ma non può essere giudicata un’intera Comunità, una moltitudine di donne e uomini che in questi hanno dato il loro generoso impegno civico. Ora si tratta semplicemente di portare democraticamente a termine la consigliatura per i pochi mesi rimasti, evitare l’ennesimo commissario e poi sarà la democrazia del voto a decidere. Non i detrattori di mestiere, né i massari d’apparato o gli esperti degli effetti speciali costruiti ad arte». Lei ha scelto un pragmatismo abbastanza spregiudicato considerata la provenienza politica dei più. Era inevitabile che alla fine le diversità e le individualità politiche avessero il sopravvento. Un esperimento fallito: non si può governare al di là della politica. L’aveva messo in conto? «Lei fa domande in ognuna delle quali inserisce un suo convincimento personale negativo, storicamente negativo. Un esperimento fallito? Siamo arrivati a 4/5 mesi dalla fine della consigliatura. Le cose fatte sono tantissime, c’è una raccolta fotografica che lo testimonia oltre ogni pregiudizio. Molfetta è tornata ad avere rappresentanze nella Città metropolitana e in Regione. Qui siamo dinanzi alla affermazione della piena rappresentatività di una Città, altro che fallimento. Semmai si registra l’impazzimento finale di qualche ambizione sbagliata che si combina, oggi, col tentativo di colonizzare dall’esterno Molfetta, da parte di una visione padronale. Quando lei dice non si può governare al di là della politica che significa? Che il leader regionale o nazionale di turno, di destra o sinistra che sia, deve decidere di Molfetta? La libertà della Civitas di Molfetta è cosa antica e la città lo ha capito eccome». Quali sono i veri motivi di questa crisi? Sono inconfessabili da parte loro, ma anche da parte sua? Motivi personali verso il sindaco, potere, clientela, interessi privati o elettorali, capriccio? Lei ha sempre parlato di fiducia nei giovani, ma sono stati proprio i giovani a pugnalare il sindaco: un’eterogenesi dei fini? «Ho detto prima dei motivi combinati di questa situazione. Si è vero ho sempre parlato dei giovani. Credo in loro, nella loro emancipazione, nella loro coscienza e voglia di conoscenza. Capita che alla fine della consigliatura, tradendo il mandato popolare ricevuto, qualche imbonitore da strapazzo abbia fatto maturare ambizioni sbagliate in chi, evidentemente, non avendo ancora una struttura autonoma di personalità rimane manipolabile. Ma questa crisi incrocia anche la voglia di “normalizzare” Molfetta imbrigliandola e imbavagliandola negli schemi di apparato funzionali al potente di turno che vuole imporre il candidato Sindaco per funzionalità agli schemi di potere sovracomunali. Ma ripeto l’autonomia di Molfetta non è cosa facile da scardinare e l’amministrazione della Città deve nascere dal basso non imposta dall’alto, come se dovesse essere commissariata anche la storia democratica di questa Città che ha sempre vissuto di autonomia sin dal dopo guerra ad oggi. Ricordo che Matteo Altomare fu il primo sindaco democratico contro gli apparati dell’epoca. Ma vorrei ricordare anche che ci sono i veri giovani nel consiglio comunale, nella giunta, nelle partecipate, nel volontariato, nelle professioni, nella vita culturale e sociale della città che hanno partecipato in silenzio ad una grande opportunità di crescita in tutti questi settori. E io dico ne valeva la pena». Non ha nessuna autocritica da fare, nessuna spiegazione del suo comportamento politico e amministrativo che possa spiegare questa sfiducia da una parte della sua maggioranza? «Sì, quella di essermi buttato a capofitto nell’attività amministrativa e non aver curato le relazioni. Aver dato troppa fiducia e autonomia a singoli personaggi in cerca d’autore. Ma i primi due anni sono stati terribili, ho dovuto riprendere decine di grandi e delicati procedimenti sepolti in anni di incapacità, incuria, ed in un anno di commissariamento. Tra le tante cose ricordo il tempo e lo studio dedicato al porto, opera bloccata da circa 8 anni e i cui fondi vorrei ricordare erano a rischio di perenzione, il che avrebbe comportato una penale da 25 milioni di euro con un inevitabile default finanziario per il Comune con gravi conseguenze per le future generazioni. Va detto anche che la storia di questi anni non mi è certo giunta in soccorso. Al lavoro di questi anni si è aggiunta la drammatica vicenda del Covid. Una storia lunga quasi due anni, fatta di morti, isolamenti, paure. Mi è toccato gestire un evento che avrebbe strappato i nervi e il sonno a chiunque. L’iniziale emergenza legata all’assenza dei DPI, la gestione dei tamponi, il pronto soccorso in estrema emergenza, i morti, i ricoveri, le chiusure da far rispettare, le RSA, le isterie di molti e quelle organizzative delle istituzioni sanitarie impreparate ad un evento mai visto. E ancora, le scuole in fermento, le altrettanto legittime paure dei genitori, le difficoltà economiche di tante categorie, l’assistenza sociale, alimentare e psicologica, l’organizzazione e la vaccinazione per oltre 100mila persone. Insomma, quasi due anni di stress acuto in cui ho dovuto mantenere lucidità e concentrazione sui fatti della pandemia. Di questo mi sono principalmente occupato e tanto altro. Per questo pretendevo e chiedo senso di responsabilità ai Consiglieri, soprattutto a coloro che hanno assunto l’impegno amministrativo con me nel giugno del 2017». Lei si ricandiderà, ma con quale maggioranza? Però in passato aveva sempre sostenuto che questa sarebbe stata la sua ultima consigliatura; poi ha cambiato idea, allora è vero che il potere logora chi non ce l’ha, secondo una vecchia battuta andreottiana? Questa eventuale ricandidatura non può essere letta come attaccamento alla poltrona? «Ho detto chiaramente che Molfetta non può tornare indietro, alla stagione dei parolai, delle tavole rotonde, degli effetti speciali senza fatti. Di chi preferisce gli alibi alla responsabilità. Le grandi opportunità di sviluppo tra il porto, la logistica mare- ferrovia sono state tracciate e vanno portate a compimento. Vorrei ricordare che questa è la più grande opera a tutela dell’ambiente che produrrà un abbattimento di oltre 400 tonnellate di CO2 in quanto il trasporto su gomma verrà soppiantato dal trasporto su rotaia, ad oggi il mezzo di trasporto più ecologico. Inoltre, tale infrastruttura attirerà ulteriori insediamenti produttivi che daranno occasione per centinaia di posti di lavoro qualificati. Così come è necessario proseguire sul fronte dei servizi sociali dove abbiamo compiuto grandi passi in avanti: dalla prevenzione psicologica nelle scuole, al pronto intervento sociale, agli interventi verso famiglie con disagi, verso le fasce deboli, alla prevenzione contro ogni violenza sulle donne, ai servizi sui corretti stili di vita e molto altro. E ancora, è necessario proseguire sui molti lavori pubblici. Ebbene, tutto questo deve essere continuato. Così come deve essere continuato l’impegno a mettere al primo posto la città rispetto agli apparati, impegno mantenuto da tanti consiglieri, dalle tante donne e dai tanti uomini anche da chi ha dovuto in ultimo subire la violenza degli apparati, ma che non sono venuti meno all’impegno verso i cittadini che rappresentano. Questa è civiltà politica e democratica. Contribuire a mantenere questo impegno e sostenere questa area civica è quello che intendo continuare a fare. Se questo è attaccamento alla poltrona, è una poltrona scomoda. È l’impegno pubblico di una vita, questo. Chieda a tutti i sindaci del circondario a partire da Bari, Giovinazzo, Bitonto, Terlizzi, Ruvo, al Presidente regionale, che si sono giustamente sottoposti alla valutazione popolare per il secondo mandato se sono attaccati alla poltrona. È l’impegno pubblico di chi non abbandona una nave in un momento di difficoltà. È nella consapevolezza di tutti i sindaci e governatori che i processi di ammodernamento di una città o di una Regione hanno bisogno dei tempi lunghi. Sostenere questa area di impegno civico e continuare nel coraggio del fare. Candidato o meno questo è il mio impegno. Non è attaccamento alla poltrona è la difesa del mio onore di circa 50 anni di vita pubblica irreprensibile, senza nascondermi. È la difesa di tante donne e uomini che si sono impegnati con lealtà e rettitudine in questi anni, in Consiglio e nella vita pubblica. È la difesa dei tanti professionisti, cittadini, lavoratori, donne e uomini della cultura, volontari, di tutte le persone perbene e laboriose di questa città, che vogliono rimanere liberi dagli schemi». Come definirebbe questi “traditori”: novelli Bruto che hanno congiurato contro Cesare, come “Quindici” ha illustrato nella sua notizia del cesaricidio? Oppure semplici irresponsabili o avventurieri della politica? «Paragonare questa vicenda a quella storica di Cesare e Bruto sarebbe nobilitare la questione. Si tratta di irresponsabilità ed immaturità allo stato puro in personalità non strutturate, facili ad essere plasmate come Lucignolo fece con Pinocchio. Attenzione irresponsabilità ed immaturità non solo verso la città ma verso loro stessi». Ritiene possibile una marcia indietro dei fuorusciti? Lei accetterebbe di tornare indietro e rimettere insieme i cocci? Con quale collante? Tanti incontri non hanno portato ad alcun risultato. Ora è caduta anche la maschera del finto accordo politico, rivelando che si trattava solo di un accordo di potere e di gestione di interessi inconfessabili? Quali richieste hanno fatto i dimissionari? Devono essere così pesanti e improbabili per arrivare alla crisi? «Quante domande in una sola. Mi auguro solo che dopo il mio richiamo pubblico alla responsabilità verso la città ci sia un esame di coscienza civile da parte di qualche gruppo o singolo consigliere ed evitare un altro commissariamento della città. Non debbo rimettere insieme alcun coccio, si tratta di concludere naturalmente questi altri 5 mesi di consigliatura senza violenze democratiche e senza che si imponga commissariamenti alla città. In 5 mesi non ci possono essere richieste, c’è solo da recuperare il senso di responsabilità e consentire la fine naturale della consigliatura democraticamente eletta ed impedire commissariamenti amministrativi e politici di una città che è sempre stata orgogliosa della sua autonomia e di non farsi imporre schemi e candidature dall’alto». Lei ha parlato di interessi nell’ambito urbanistico di questi gruppi, ma sono loro ad aver determinato lo scempio del territorio nella città di cemento selvaggio, con ultimi due scandali? Due palazzi sul mare, una nuova Punta Perotti in salsa molfettese? «Tutte le concessioni edilizie sono figlie del piano regolatore adottato il 1996, compresi i palazzi sul mare. Ci sono stati anni di tentativi da parte di tutte le amministrazioni succedutesi dal 1996 a tutt’oggi ma nulla è stato possibile, il TAR ha sancito quel diritto maturato il 1996. Il Comune è stato anche condannato a pagare i danni! Quindi siate onesti verso i cittadini ed informateli correttamente. Ad ogni stagione politico amministrativa le proprie responsabilità. Ma non essendo un violento, né un provocatore come i miei detrattori, per amore di verità dico che anche a quel tempo sarebbe stato difficile, sul piano del diritto, espungere quei suoli dalle costruzioni senza un accordo con i proprietari. Ma andava fatto a quel momento, prima dell’adozione formale!». Saverio Tammacco è stato considerato a torto o a ragione, il burattinaio di questa coalizione, una sorta di sindaco ombra abbastanza spregiudicato nelle alleanze e lei lo ha seguito fedelmente anche nelle capriole da destra a sinistra da Emiliano a Fitto e poi magari ritorno da Emiliano per non perdere i finanziamenti regionali. Non le sembra un modo temerario di fare politica? Cosa avrebbe detto di questi giochi politico-elettorali Finocchiaro, che già nella sua precedente consigliatura col centrodestra l’aveva criticata? «Non sono tipo da farsi condizionare. Persino col mio grande maestro Beniamino Finocchiaro ho avuto momenti di paterna critica per le mie decisioni in dissonanza da lui. Figuriamoci. Ascolto e parlo con lealtà e amicizia con Saverio Tammacco che è stato leale assessore nella mia prima consigliatura e con me leale coprotagonista di questa feconda stagione di impegno civico ed autonomia dagli apparati. La storia delle regionali è stata una reazione ai “caporali” che volevano ancora una volta Molfetta fuo-ri dal Consiglio Regionale. Come era già successo in passato. Giochi politici elettorali? Difesa dell’autonomia e della rappresentatività della città dico io. Tanto per fare un esempio, la ZES a Molfetta, dapprima lasciata fuori, è rientrata proprio in relazione a questo nostra forza di stare insieme. Quando la logica degli apparati vuole schiacciare l’autonomia civica di una comunità non la si può subire, si reagisce. È il pragmatismo del “coraggio del fare” che da troppo tempo era scomparso dalla vita molfettese. Peraltro, proprio coloro che oggi reclamano supina subornazione ai diktat di apparato sono artefici delle più disinvolte manovre politico elettorali in varie città della Puglia. Non si possono far parlare i morti, ma certamente Beniamino non ha mai sopportato le violenze e i commissariamenti delle coscienze». Chi detta le regole in questa maggioranza? Lei non crede di essere il caprio espiatorio degli errori di questa coalizione che vuole rifarsi una verginità in vista delle elezioni di primavera? «Le regole vengono assunte collegialmente poi c’è la fiducia in chi deve assumerne la rappresentatività e l’operatività. Se ci sono stati errori personali ricadono su chi li ha commessi. Gli errori politici ricadono su tutta la maggioranza, ovviamente, in modo massimo e pubblico sul Sindaco. Noi non dobbiamo rifarci una verginità, noi ci vogliamo sottoporre al giudizio popolare per le cose fatte. Altri, quelli che sono usciti dalla maggioranza, pensano di rifarsi una verginità per farsi riaccogliere, chi a destra chi a sinistra. Ma sono ben conosciuti». Come considera il ruolo del PD ridimensionatosi a lista civica pur di non perdere le poltrone, tant’è che Piergiovanni e Facchini le mantengono fino all’espulsione dal partito? «Ma che dice? Il PD è stato il partito che con questa maggioranza amministrativa ha capitalizzato nelle primarie interne, nelle elezioni europee, parlamentari e regionali il massimo del dividendo politico. I dati PD in queste occasioni sono stati di gran lunga i più alti in Puglia e in Italia con percentuali che il PD si sognava. Alle elezioni Politiche del 2018, tanto per fare un esempio, il PD in Italia prende il 18,7%, in Puglia il 13,7% a Molfetta il PD prende alla Camera il 19,56% e al Senato ben il 22,25%. E Piergiovanni e Facchini sono con noi i protagonisti di questi risultati. Questo è stato il PD del territorio di Molfetta. Ora è rimasto il PD delle tessere e dell’apparato che vuole imporre candidati, poltrone e politiche e si propone “giustiziere”, con effetti speciali; salvo che nel proprio vasto apparato dove fa il garantista ad oltranza. Spero che anche il PD faccia i conti con la sua storia recente e sappia ritornare alle sue radici popolari e pragmatiche come lo è in Italia e in Regione». Come giudica i frequenti cambi di casacca dei voltagabbana della politica presenti anche nella sua maggioranza? «Ho già risposto, sono tristezze umane che nulla hanno a che fare con la politica. Sono pinocchietti influenzati da lucignoli mal cresciuti. Oltre ai casi di patologia comportamentale conclamata». Ha scelto il silenzio sullo scandalo “Appaltopoli” che la vede anche indagato. Ha preferito ignorare la vicenda, relegandola alle dimissioni e alle presunte responsabilità personali dell’assessore Mariano Caputo, anche se ci sono funzionari e dirigenti comunali indagati in questa vicenda di presunta corruzione. Nessuno chiede il giustizialismo, ma una presa di posizione chiara, sì. Ma è mancata, preferendo la strada più comoda del silenzio. «Questa più che una domanda è una calunnia. Ho fatto immediate dichiarazioni all’indomani, assunto decisioni amministrative, rilasciato interviste, dichiarazioni in Consiglio Comunale, sono andato personalmente in Procura, ho chiesto e partecipato al comitato per l’ordine e la sicurezza in Prefettura. Insomma, i suoi antichi e pregiudiziali convincimenti personali le impediscono ancora una volta di essere un osservatore imparziale. In ogni caso, le diverse responsabilità sono evidenti e ho detto che costoro debbono essere puniti con esemplarità ed eradicati definitivamente dalla vita pubblica. Rimango proprio per smascherare la malafede forcaiola e guardare in faccia chiunque. Se qualcuno voleva liberarsi di me o che io scappassi, deve sapere che proprio per questo rimarrò a difendere il mio onore costruito in 50 anni di vita pubblica, iniziata nel 1977 nei comitati di quartiere. La mia probità e rettitudine è testimoniata anche da 40 anni di vita professionale in un settore delicato, quale quello penitenziario nei circuiti di alta sicurezza. Non scappo non cado nelle provocazioni, sto subendo violenze di ogni genere, ma difenderò ad ogni costo la mia storia e il mio impegno pubblico a viso aperto». Non ha sottovalutato gli episodi di criminalità, relegandoli a questioni personali fra pregiudicati. Eppure l’allarme sicurezza esiste: dagli incendi di auto, ormai endemici, agli accoltellamenti, allo spaccio di droga, alle bombe ai cantieri con sospetti di ritorsione o racket. Non sembra una città che brilla per qualità della vita, se si aggiunge la sporcizia e il degrado sociale. Lei forse immagina una città diversa, che non c’è, una smart city poco intelligente e molto grossolana anche in confronto alle città vicine come Giovinazzo e Bisceglie? «Non ho sottovalutato affatto. Tanto che ho chiesto e partecipato al comitato per l’ordine e la sicurezza in Prefettura. Ho fatto io denuncia circostanziata sugli incendi delle auto con i successivi arresti. Come sono stati arrestati gli autori dell’accoltellamento. Diamo collaborazione massima, concreta ed infrastrutturale alle forze dell’ordine. Sono in corso le indagini per le due bombe ai cantieri che diranno il vero. Non ricordo che lei e il suo giornale abbiate detto o mai scritto le stesse cose quando venivano con altre amministrazioni uccise persone nel bel mezzo di un mercato settimanale, rapinate banche, messe bombe nei quartieri per conclamate estorsioni. Allora si taceva, anzi si solidarizzava col Sindaco di allora. Ed è giusto, il Sindaco è una vittima di questi episodi. Tant’è che in tutti gli altri Comuni si solidarizza in occasione di questi episodi, vedi l’uccisione di un ragazzo a Bitonto e a Barletta, il tentato omicidio di Corato e di Bisceglie. A Molfetta invece in modo subdolo si grida all’allarme criminalità e intanto il presidente dell’ASI dirotta su altre zone gli investimenti. Un grande gesto di irresponsabilità, un grande autogol di qualcuno che vuol farsi un nome a discapito della città. Si dice che a Molfetta c’è infiltrazione criminale. Lo sappiamo dal 1980, sono stati fatti due blitz, le sparatorie sono avvenute anni addietro tra esponenti della criminalità organizzata. La qualità della vita in questa città fonti Prefettura è di apprezzabile livello, i servizi sociali hanno fatto passi da gigante in questi ultimi anni, quando vuole ne parliamo documenti alla mano, così evitiamo le manipolazioni strumentali. Sul piano dell’ASM, certo ci sono criticità da affrontare e che vanno analizzate. Procedendo per gradi è d’uopo dire che abbiamo ereditato una società in perdita di 2,5 milioni di euro, poi ripianati. Nel contempo, però, abbiamo dovuto fronteggiare i considerevoli aumenti dei costi delle discariche che nei fatti fa conseguire sofferenze operative, al netto dell’inciviltà di una minoranza e dei cattivi esempi di conferimenti di rifiuti irregolari. Sempre con riferimento all’ASM è importante anche dire che abbiamo stabilizzato 50 lavoratori precari, che erano lì, sì, erano proprio lì anche quando erano amministrati dai puri difensori dei diritti dei lavoratori, e di cui ne avevano la personale responsabilità. Ma come si suol dire tra il dire e il fare c’è di mezzo il mare, e io dico il coraggio del fare. Stando alle verità sostanziali e ai progressi, vorrei ricordare che abbiamo riportato in mano pubblica l’impianto del riciclo della plastica, prima in perdita ora in utile, così abbiamo stabilizzato il futuro di altri 48 lavoratori che erano precari. Occuparsi dei lavoratori, quello che dovevano fare i “radicali” l’abbiamo fatto noi. Ma non solo, abbiamo realizzato gli ecopoint nell’agro molfettese che hanno drasticamente ridotto il fenomeno dei rifiuti nelle campagne. Così come, nonostante la congiuntura pandemica che ha duramente gravato sulle casse dei Comuni, non abbiamo mai aumentato la TARI. Insomma, delle criticità da affrontare ci sono ma sulla complessa questione dei rifiuti abbiamo deciso di puntare sull’impiantistica e sui lavoratori, consapevoli che ciò produrrà effetti nel medio e lungo termine. Tutte cose fatte da noi che non abbiamo ideologie, come dice lei. Ma noi abbiamo fatto anche tanto altro, abbiamo fatto passi enormi nell’ambito dei diritti civili, dell’eguaglianza, dell’accoglienza di rifugiati e richiedenti asilo. Una città che gode, ad esempio, di una commissione pari opportunità a tutela delle diverse minoranze come quella LGBTQIA, costituita nel 2018. E anche qui i “radicali” dovevano fare ma l’abbiamo fatto noi. Insomma i passi di civiltà è un dovere raccontarli. E raccontateli. La Smart City, il contratto è stato firmato e sarà operativo nei prossimi mesi, commissario permettendo. Bisceglie, Giovinazzo, parli lei coi cittadini di Bisceglie e Giovinazzo, io ci parlo e parlo con gli stessi amministratori e professionisti, dicono l’esatto contrario, apprezzando Molfetta. Onestamente questo sistematico disprezzo della propria città solo per colpire me è qualcosa di indegno». La soluzione alla microcriminalità non è quella di armare la polizia locale che non ci sembra preparata a queste eventualità, che alla fine può costituire un pericolo per l’agente e per il cittadino. Le armi non sono mai state un deterrente come insegnano gli inglesi e “Quindici” lo ha ampiamente dimostrato in un articolo di qualche mese fa, indicando anche le criticità del provvedimento. Soprattutto perché il corpo dei vigili urbani non è amato dalla città e non fa nulla per esserlo. «La soluzione alla micro criminalità è nei grandi interventi realizzati a favore delle associazioni di volontariato sociale anche per contenere e formare i giovani e minori a rischio. La soluzione alla micro criminalità è nelle famiglie, nell’evoluzione dei servizi sociali che hanno fatto passi da gigante con l’implementazione di nuovi servizi che stanno diventando un esempio per i Comuni vicini, e questo per riconoscimento regionale. Il corpo della Polizia Locale lei dice che non è amato. Perché fa le multe? Perché finalmente si sta seriamente provando in questa città a cambiare rotta sull’anomia generalizzata in materia di traffico, di conferimento rifiuti e nell’abusivismo? Perché non si tolgono più le multe? Perché in questi ultimi due anni la Polizia locale ha moltiplicato le denunce penali in tante attività irregolari? Ed è proprio in questo percorso di crescita, di ripristino delle regole, invece, che si sta provando a dare autorevolezza al ruolo della Polizia con la preparazione tecnica e psichica di un gruppo selezionato per la dotazione di arma, come è da tempo nelle Polizia Locale di tutte le città. Ma, soprattutto, è necessario per consentire il servizio di una pattuglia notturna che è vietata dal regolamento nazionale se non dotata di arma. Le opinioni autentiche si consolidano sulla conoscenza delle norme, diversamente risultano un chiacchiericcio strumentale oltre che infondato. La Polizia Locale, come il Settore Socialità, al contrario, sono le attività che hanno fatto enormi passi di efficacia ed efficienza. Tra le tante cose le infrastrutture di cui oggi è dotato il nuovo comando di Polizia Locale di Molfetta, non solo ci viene invidiato, ma produce nei fatti, attraverso il sofisticato sistema di videosorveglianza, il vero supporto alle varie indagini, oltre che svolgere un servizio di controllo sociale che offre sicurezza alla città. Infrastrutture volute da noi, opera realizzata da noi. Un ennesimo esempio, che nei fatti smentisce le grida strumentali sulla sicurezza, a cui noi abbiamo dato risposta con il coraggio dei fatti». Le licenze edilizie che avete rilasciato (alcune delle quali sono oggetto dell’attenzione della magistratura) sarebbero il frutto dell’attuazione di un piano regolatore vecchio di un quarto di secolo (1996, approvato nel 2001) , ma nel frattempo la città e la realtà sono cambiate. Possibile che ci sia una così grande disponibilità economica delle famiglie? E poi come si spiega una crescita della domanda di case con la diminuzione delle famiglie e l’alta emigrazione soprattutto da parte dei giovani, che sarebbero i potenziali acquirenti? Come si spiega questa corsa alle costruzioni, non c’è il rischio, come la cronaca ha confermato, di infiltrazioni criminali per riciclare il denaro sporco? Oppure siamo di fronte ad una grossa speculazione, considerando anche i prezzi ancora elevati, rispetto alla media? Non c’è il rischio dell’abbandono del centro storico in favore delle nuove costruzioni in periferia, dove non ci sono opere di urbanizzazione, servizi e trasporti sufficienti? Non si poteva fare un accordo con i proprietari dei suoli e modificare il piano regolatore, anche per recuperare il centro urbano, per il quale non è stato fatto nulla? «Come lei steso dice le concessioni edilizie sono figlie del PRG adottato nel 1996. Se si viene al Comune a richiedere concessioni edilizie legittimate dal quel PRG noi le dobbiamo rilasciare. Con questa Amministrazione è stato ripristinato il fondo degli oneri di urbanizzazione, fatto sparire dalle precedenti amministrazioni, per i comparti in espansione al fine di assicurare le opere di urbanizzazione. È il mercato che costruisce la domanda e l’offerta non il Comune. Certo che ci può essere il rischio di infiltrazioni criminali, nell’edilizia come in qualunque altro settore di attività. Che la cronaca lo abbia confermato questo invero è in corso di accertamento nell’attività di indagine. Fare un accordo con i proprietari dei suoli e modificare il piano regolatore? Questo significa fare un nuovo piano regolatore che ci si mette 10/15 anni. E questo non c’entra nulla col centro urbano che ha necessità di una sua specifica pianificazione all’interno del nuovo PRG. Nel frattempo Il PRG del 1996, come ho detto prima, ha fatto maturare diritti ed a nulla sono valsi i ricorsi al TAR sempre persi dal Comune e con pagamento danni e spese legali. L’accordo coi proprietari andava fatto prima della adozione nel 1996». In conclusione, lei ha deciso di restare alla guida della città, malgrado tutte queste criticità e addirittura di ricandidarsi (attaccamento alla poltrona?). Pensa di essere l’unico in grado di governare Molfetta e con chi pensa di farlo, ora che la sua maggioranza “ciambotto” è diventata rancida? «Ciambotto, rancida, l’unico in grado? Vede quanta pazienza bisogna avere con lei. Ogni alleanza amministrativa è fatta con gruppi differenti. Questa se è arrivata a cinque mesi dalla conclusione naturale, facendo riprendere tanti lavori e servizi mai fatti in questa Città, che ha combattuto una pandemia mondiale con morti e difficoltà estreme non è affatto rancida. E’ una maggioranza tradita! Invero proprio per la sua efficacia si trova l’aggressione concentrica che dicevo prima. L’amministrazione precedente durata solo tre anni senza fatti concreti come bisognerebbe definirla? Io penso che ci siano tante persone in questa Città che potrebbero fare bene il Sindaco: devono mettere insieme una lista di 24 cittadini, fare alleanze con altre liste diverse, ottenere la maggioranza e allontanarsi dalla vita privata e professionale per cinque anni, assumendosi la responsabilità totalitaria che si assumono tutti i Sindaci per una mediocre indennità mensile e senza protezione di legge. Al netto dell’esperienza e capacità che sono certo in tanti posseggono. Non sono attaccato ad alcuna poltrona, in questo momento oltremodo scomodissima. Sono invece “attaccato” al mio onore e alla mia lunga storia pubblica e professionale e proprio ora non voglio, non debbo abbandonare la nave». © Riproduzione riservata