Mezzogiorno e programmazione (II parte)
NAPOLI - 28.12.2007
Anche il principio della concentrazione dell'intervento conobbe un'applicazione limitata e parziale. Inoltre, quando l'economia settentrionale si avvicinò alla piena occupazione venne meno l'ispirazione meridionalistica della programmazione, sostituita dall'obiettivo del consolidamento dello stato sociale.
In un saggio del 1962, «L'Italia verso la piena occupazione», Pasquale Saraceno (foto) auspicava una politica di pieno impiego incentrata sulla industrializzazione del Meridione e non semplicemente dall'emigrazione dal Meridione.
Tuttavia, solo dieci anni più tardi, nel 1972, a seguito dei rapidi incrementi del costo del lavoro e dell'aumento delle spese per la copertura delle prestazioni sociali, lo stesso Saraceno denunciò i limiti di una politica sociale che ignorava la questione meridionale, in quanto drenava risorse finanziarie verso le regioni settentrionali a discapito di quelle meridionali, aggravandone il diario.
Iniziato con la legge del 1957, il periodo di relativa industrializzazione del Mezzogiorno terminò nel 1973-74 a causa di un congiuntura economica fortemente negativa sia sul piano interno che su quello internazionale. L'acuirsi della conflittualità sociale, il forte aumento dei salari, l'inconvertibilità del dollaro, l'instabilità dei cambi e l'aumento del prezzo del petrolio a partire dal 1974, ridimensionarono i tassi di crescita dell'economia italiana, segnando la fine del boom economico e delle prospettive di estensione di un moderno sistema industriale anche nel Mezzogiorno.
Salvatore Lucchese