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Medicina del dolore: se ne parla poco, si fa ancor meno
15 maggio 2008

Fa ancora fatica, in Italia ed in tutta Europa, ad essere pienamente riconosciuta e a conquistarsi un posto di prim'ordine in campo medico e scientifico, la moderna algologia, ossia quella branca medica che si occupa del dolore in tutte le sue forme e studia le terapie atte a riconoscerlo, contenerlo e combatterlo. Nonostante il diffondersi e lo svilupparsi di una nuova cultura della salute, tesa a curare il malato più che la malattia e malgrado l'istituzione nel 2002 della Giornata del Sollievo, momento ed occasione di riflessione generale su un problema complesso, non privo di sfaccettature morali, etiche e religiose, la spinosa ed annosa questione che coinvolge operatori sanitari, malati e famiglie con un' incidenza economica e sociale di un certo rilievo, è da sempre sottostimata e non adeguatamente trattata in molti suoi aspetti, come quello della formazione professionale, per certi versi ancora carente ed insufficiente, o l'istituzione di centri e strutture specifici, a dire il vero tuttora scarsi e poco conosciuti. E'quanto è emerso da un convegno tenutosi nell'Auditorum della chiesa di S. Domenico organizzato dalla direzione sanitaria dell'ospedale di Molfetta, e patrocinato dalla S.I.C.D. (Società Italiana Clinici del Dolore) nel cui titolo “Liberi dal dolore per una migliore qualità della vita” è sotteso, racchiuso e ben espresso il concetto dell'enorme difficoltà e della grande fatica che segna tutti coloro i quali, in maniera diretta e non, con il dolore hanno a che fare e sono spesso costretti a viverlo inutilmente, in silenzio, a subirlo in nome e per conto di una ben non identificata e chiarita Dignità che li vuole eroi per forza e a tutti i costi in contesti sociali dove sofferenza, paura e debolezza tendono, in qualche modo, ad essere rimosse, dimenticate, non viste né ascoltate. Moderato dal dott. Pietro Dell'Olio, direttore medico responsabile U. O. Anestesia e Rianimazione P.O di Molfetta che ha sottolineato, tra l'altro, l'importanza di una cultura della terapia del dolore capace di accogliere ed incentivare il ruolo autonomo di questa branca medica ed anche di quella palliativa con la quale operare ed estrinsecarsi, dopo il saluto del direttore sanitario P.O. di Molfetta dr. Annalisa Altomare, e dell'assente direttore generale della Asl Ba avv. Lea Cosentino (quest'ultima ha ribadito, in un messaggio personale, la necessità di investire più risorse in questo settore affinché ci si possa “riappropriare del tempo e della socialità” ), il convegno è entrato nel vivo con l'intervento del dott. Giuseppe Pulito, direttore della Struttura Complessa di Anestesia, Rianimazione e Terapia del Dolore del P.O. di Scorrano Asl Le Area sud e vice-presidente della S.I.C.D che ha fornito i dati epidemiologici del dolore rilevati negli anni 90 da due ricerche effettuate dall'università degli Studi di Milano e da quella di Padova. Egli ha anche dimostrato l'altissima incidenza dei costi della medicina del dolore e la disomogeneità nella sua distribuzione territoriale che è insufficiente e quasi scarsa nel sud Italia (in Puglia esistono solo sei centri di questo genere a fronte di oltre 100 presidi ospedalieri), esaminato il rapporto tra dolore e cancro, auspicato un miglioramento delle attuali strategie terapeutiche che prevedono un approccio multidisciplinare al problema. Ha ricordato, tra l'altro, che la ricerca di base è quasi completamente assente come è carente il ruolo delle università nella formazione e nella ricerca algologiche. Si è incentrato, invece, sull'inadeguata e spesso non facile valutazione del dolore come principale ragione dello scarso controllo dello stesso l'intervento del dott. Giuseppe Sorrentino, dirigente Medico di Anestesia e Rianimazione e Terapia Antalgica presso il P.O. di Molfetta, che ha anche citato la definizione data nel 1986 dall'Associazione Internazionale per lo Studio del Dolore,di quest'ultimo, ossia “un'esperienza sensoriale ed emozionale spiacevole associata ad un danno dell'organismo attuale o potenziale”. Il dott. Sorrentino si è soffermato in particolar modo sulla diagnosi pato-genetica e sull'inquadramento fisio-patologico del dolore, classificandolo in base alla durata temporale (transitorio, acuto, recidivo, persistente, cronico) ed ai caratteri eziologici (dolore nocitettivo, neuropatico, funzionale, psicosomatico) per poi concludere che “proprio la definizione e la differenziazione del dolore giustificano e determinano l'uso di farmaci e di altre tecniche antalgiche anche a carattere invasivo”. La diagnosi del dolore diventa ancora più complessa e delicata nei bambini e negli anziani con declino cognitivo ed è grazie al ruolo fondamentale e sinergico dell'infermiere nella gestione della terapia antalgica che la fase assistenziale può diventare vero e proprio momento esplorativo e terapeutico: questo è quanto ha esposto nel suo intervento Giuseppe Pietroforte, infermiere U.O. del Blocco Operativo P.O. di Molfetta che ha anche sottolineato l'importanza degli indicatori comportamentali quali l'espressione facciale, la verbalizzazione, i movimenti del corpo, il cambiamento nelle interazioni personali e nelle attività abituali. Il dolore, dunque, non è solo un fenomeno sensoriale ma, essendo composto da una parte percettiva (nocicezione) e da una esperenziale, può essere considerato il “prodotto” di numerosi fattori quali la dimensione affettiva e cognitiva, le esperienze passate, la struttura psichica, i fattori socio-culturali. Esso è un sintomo vitale, un mezzo di difesa per evitare un danno ma diventa patologia vera e propria quando si autoalimenta e si automantiene perdendo il significato iniziale. In questi casi la diagnosi algologica diventa più complicata e specifica e si basa sull'anamnesi, sull'esame obiettivo, su valutazioni strumentali generali (neuroradiologia, neurometria, teletermometria, ecc.), su test farmacologici e blocchi distrutturali superselettivi. Ci piace ricordare la dichiarazione finale del dott. Giuseppe Sorrentino dinanzi all'immagine del quadro del Caravaggio dal titolo “L'incredulità di S. Tommaso”, scelta per simboleggiare lo scetticismo e la diffidenza che ancora regnano sull'argomento: “Quell'indice esploratore poco convinto e quasi impaurito ricorda molto la nostra poca sicurezza ma anche la determinazione e la caparbietà nel lottare contro il dolore, l'entusiasmo che muove anche i massi”.
Autore: Beatrice De Gennaro
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