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Marinella Falca “Il mio sogno olimpico si è avverato! Quanti sacrifici, ma una soddisfazione grandissima”
ESCLUSIVO – Prima intervista in assoluto alla ginnasta ha incontrato Molfetta nella redazione di “Quindici” raccontando le sue sensazioni dopo la vittoria dell'argento alle Olimpiadi
15 settembre 2004
Il sogno si è avverato: è passato quasi un anno da quando Marinella Falca, allora ferma per infortunio, ospite nella redazione di “Quindici”, aveva espresso la volontà di recuperare, disputare le Olimpiadi e portare a casa una medaglia. È stata di parola, ed al posto delle medaglie mondiali, questa volta è tornata con un argento olimpico al collo. Un traguardo che vale una carriera per la campionessa molfettese, e che è ugualmente prezioso per chi, come “Quindici”, ha creduto in lei, e l'ha sempre sostenuta, anche nei momenti più difficili. Il suo diario, scritto in esclusiva per il nostro giornale, testata leader e ormai punto di riferimento per il territorio, ci ha accompagnati fino all'estate, fino ad Atene. Poi, dopo il successo, il ritorno nella sua terra, l'incontro con la redazione e il saluto dei cittadini molfettesi, in simbolico pellegrinaggio per ringraziarla del prestigioso traguardo. Unico grosso neo, sempre l'amministrazione comunale di Molfetta, che a differenza di quella di Giovinazzo che le ha tributato una festa in piazza, ha ignorato la nostra campionessa. Era avvenuto anche prima e, solo dopo le sollecitazioni di “Quindici”, l'assessore allo sport Solimini si era attivato per organizzare il Triangolare con Italia, Russia e Polonia e donarle una medaglia. Nell'intervista incontriamo l'atleta e la ragazza, con le emozioni e le sensazioni che l'hanno accompagnata alla conquista del mondo.
Le abbiamo chiesto, per prima cosa, di parlare a ruota libera, come se stesse scrivendo l'ennesimo capitolo del suo diario per “Quindici”. “E' stata un'esperienza bellissima, ma anche un'estate durissima, in cui abbiamo lavorato tanto, e ne è valsa la pena, visto che ho raggiunto questo risultato grandioso. L'atmosfera del Villaggio Olimpico era splendida, perché era una città enorme, con ciascun quartiere corrispondente ad una nazione. Ho avuto la possibilità di conoscere la gente “famosa”, i giocatori di basket, pallavolo, calcio, i nuotatori, gli schermidori. Eravamo una grande famiglia, anche senza conoscersi sembrava ci conoscessimo da una vita, ci salutavamo e ci fermavamo a parlare, a scattare foto. Il Villaggio era enorme, la mensa faceva paura a vederla da fuori, sembrava una navicella spaziale. E tanti tipi di cucina. L'organizzazione era perfetta, i greci sono stati bravi, hanno terminato tutti gli impianti in tempo”.
Marinella, pensavi di farcela?
“Volevamo una medaglia, anche perché per tutto il 2003 siamo state sul podio. Solo che nel nostro sport nulla è scontato, e l'essere state tra le prime a Europei e Mondiali non dava la certezza del successo alle Olimpiadi. La gara è la gara, se sbagli, il nome non ti fa vincere. Dopo la nostra esibizione, eravamo certe di aver fatto bene, ma mancavano ancora Russia, Bulgaria e Bielorussia. Le russe ci hanno scavalcato, poi la Bulgaria è rimasta dietro, quindi avevamo almeno già il bronzo. Quando la Bielorussia ha avuto un punteggio inferiore ci siamo dette: ragazze, un argento olimpico non si butta mica! E siamo scoppiate a piangere…”
Hai bruciato le tappe, vinto medaglie europee e mondiali. Ma che cosa significa una medaglia olimpica?
“A dire la verità emotivamente non mi ha fatto un effetto particolare: sapevo che fossero le Olimpiadi, ma quando si va in pedana si deve essere sempre convinte. Siamo state tranquille e abbiamo cercato di avere il frutto di tutto il lavoro svolto. Sul podio, invece, è stato diverso. Nelle premiazioni delle altre gare pensavamo che saremmo tornate a casa, per riprendere a lavorare. Ad Atene, sul podio olimpico, ci siamo rese conto di aver raggiunto il massimo, che era impossibile far meglio di così. Non realizzavamo però di aver raggiunto un risultato storico, sconosciuto alla ginnastica italiana. Ho cominciato a capire una volta tornata in Italia, quando ho visto i giornali con tutte le nostre foto…”
Dal triangolare con Polonia e Russia di Molfetta, alle Olimpiadi di Atene, siete riuscite ad eliminare qualche imperfezione nell'esercizio. Che tipo di lavoro avete fatto?
“Duro lavoro, continuavamo a fare esecuzioni su esecuzioni… Abbiamo migliorato il nostro valore tecnico per raggiungere la vetta, e ci siamo riuscite. Il nostro valore artistico, invece, è molto alto, perché l'esercizio è ricco di collaborazioni e coreografie particolari, che valgono parecchio. È un esercizio rischioso, e le giurie lo apprezzano”.
Tanti sacrifici… anni lontano da casa, dalla famiglia, dagli amici. Se pensi a tutto ciò che hai fatto per ottenere questo successo, che cosa provi?
“Ora me la sto godendo, ma non dimentico tutto ciò che ho dovuto fare prima, per arrivare in Nazionale e per avere il posto da titolare. In squadra siamo in nove, ma solo sei scendono in pedana, quindi è dura esserci. Negli scorsi Mondiali, ad esempio, ero impegnata solo in un attrezzo, mentre ad Atene ho gareggiato in entrambi gli esercizi. Penso di essermi guadagnata il posto lavorando sodo”.
Un momento particolare è stato quello dell'infortunio al piede. Ti va di raccontare qualcosa di quel periodo?
“Mi sono rotta il piede nel marzo del 2003, e sono stata costretta a saltare gli Europei. Poi si pensava che fossi guarita, ma ho convissuto tutta l'estate col dolore. Prima dei Mondiali ho preso una storta ed il dolore è diventato lancinante. Ho però stretto i denti e non ho fatto lastre, per paura di dover saltare la gare. Al ritorno, però, la radiografia ha detto che il piede era rotto, e sono stata costretta a star ferma da settembre a gennaio. Facevo le onde d'urto, dolorosissime, ma il 17 gennaio sono rientrata”.
Che significa per una ragazza della tua età stare lontana dalla famiglia e dagli amici?
“E' brutto, anche se molti miei coetanei credono sia bello star lontano dai genitori. Ma bisogna provare per capire. Alla mia età è importante averli accanto, perché ti aiutano e ti fanno crescere, pur se molti miei compagni non se ne accorgono. Mi sono mancati tanto, il telefono compensava solo in parte. Purtroppo c'era da attraversare l'Italia intera per raggiungermi a Desio. Anche la lontananza dagli amici è difficile, anche se io, a differenza delle mie compagne, mi ritengo fortunata, visto che gli amici mi sono rimasti. Molte mie amiche, che hanno cominciato prima a fare ginnastica, non hanno mai avuto amici, la sera non escono, non hanno una vita sociale”.
In pedana dovete essere affiatatissime. E nella vita di tutti i giorni?
“Nessun problema, siamo in perfetta sintonia, l'unione e la forza sono il segreto di una squadra”.
Ed ora proseguirai?
“Penso di sì, credo di proseguire almeno un altro anno con la squadra. Non ci sono a breve scadenza impegni, abbiamo incontri e premiazioni varie. Tra un po' andremo da Ciampi, e saremo ospiti in qualche trasmissione televisiva. Allenamenti e sacrifici, per il momento, sono sospesi. La nostra allenatrice vorrebbe che proseguissimo tutte, anche per la difficoltà di reclutare atlete dello stesso livello, ma comunque la scelta spetta ad ognuna di noi. Non credo di poter arrivare a Pechino 2008, sarebbe una vita troppo sacrificata”.
Quando hai saputo di aver vinto qual è stato il primo pensiero?
“Grazie Dio… A parte gli scherzi, mentre aspettavamo i risultati delle altre, eravamo lì a pregare, a fare gli scongiuri! Ero contentissima, ho ringraziato le mie compagne, perché senza di loro nulla sarebbe stato possibile. Poi il pensiero a Giovinazzo e Molfetta, a tutti gli amici e i parenti. Non avevo tanto tempo e ho salutato i miei due paesi. Sono una pugliese autentica, nata a Terlizzi, di famiglia molfettese, vivo a Giovinazzo e sono della società di Monopoli”.
Le tue compagne sono state contente dell'accoglienza ricevuta a Molfetta per il Triangolare?
“Molto, hanno apprezzato tutto, il paese, l'albergo, l'organizzazione. Vorrebbero venire qui a trascorrere le vacanze, soprattutto per il cibo”.
L'ultima volta che sei stata a “Quindici”, parlavamo della scarsa attenzione dell'opinione pubblica nei confronti della ginnastica. Ora, dopo la medaglia olimpica, è tutto diverso. Come gestisci la notorietà?
“ Il fatto di non aver avuto ancora il tempo di riposare la dice lunga… Mille inviti, interviste, premiazioni, a qualcuno dico anche di no. Spero che non sia solo una situazione temporanea”.
Ti ringraziamo, quindi, per essere venuta da noi ancora una volta… Forse, un po', ce lo siamo meritati.
“Certo, soprattutto per avermi dato la possibilità di scrivere il diario, che mi ha fatta conoscere, e ha fatto scoprire il mio sport all'opinione pubblica. Spero che il diario e la medaglia contribuiscano a tenere la ginnastica sulla cresta dell'onda. Tante mie amiche, anche in classe, leggevano il mio Diario su “Quindici”. È per questo che vi ringrazio ancora una volta”.
Come vorresti essere ricordata dai molfettesi?
“Come chi ha lavorato ed è riuscita a raggiungere la meta. Per raggiungere uno scopo bisogna meritarselo e fare dei sacrifici. Non c'è molta soddisfazione nell'avere le cose così, con facilità. Bisogna conquistarsi i traguardi. Porsi un obiettivo è meglio”.
Dopo le Olimpiadi, cambiano anche gli attrezzi e, di conseguenza gli esercizi…
“Restano i nastri, ma cambiano cerchi e palle, i nostri attrezzi preferiti. Al loro posto avremo clavette e cerchi. Si cambierà, quindi, sia l'esercizio che la musica”.
Nella ginnastica, per tradizione, le nazioni guida sono quelle dell'Europa Orientale. Questo colpaccio dell'Italia, che reazione ha suscitato nelle atlete russe, bielorusse, bulgare, ucraine?
“Noi avevamo la giusta paura. Le russe, dopo il primo giorno ci guardavano un po' male, perché avevamo ottenuto un punteggio maggiore a cerchi e palle. Dopo quel giorno non ci salutavano neppure, e il giorno seguente la gara, in pullman, ci hanno evitato. Avevano paura, avrebbero preferito le bielorusse e le bulgare sul podio, facevano il tifo per loro. Per fortuna le giurie sono state corrette con noi”.
Voi che gioivate per la medaglia, accanto chi piangeva per la sconfitta. Ci avete pensato?
“All'inizio ci siamo dispiaciute, poi però abbiamo pensato a goderci quel momento, ce lo siamo meritate. Siamo cresciute, passando dal quinto posto di New Orleans all'argento olimpico, migliorando l'insieme della squadra ed il valore tecnico”.
Abbiamo parlato del tuo futuro come atleta. E quello come persona fuori dalla pedana?
“Non ci ho ancora pensato, anche perché mi aspetta un'altra stagione in Nazionale. Finirò la scuola, e penserò agli Europei e Mondiali. Devo battere la Russia!” Il sogno, dunque, continua. Per essere leader.
Michele Bruno
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