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Mal di lavoro disoccupazione al 57% a Molfetta
15 ottobre 2012

Il rullo compressore della crisi economica non rallenta. Le ripercussioni sono evidenti nell’esperienza quotidiana di ogni cittadino. Da tempo, stampa, politici e istituzioni pubbliche dichiarano che la disoccupazione in Italia è perfettamente in linea col resto d’Europa. Insomma, creiamo lavoro come e quanto il resto del continente. Eppure, la retorica gridata dai giornali che denunciano masse di cittadini alla ricerca di un lavoro all’estero racconta un’altra realtà. La Regione Puglia si è impegnata a varare provvedimenti per arginare la piaga della disoccupazione, sfruttando il proprio territorio. Eppure, considerando i dati del biennio marzo 2010 - marzo 2012, la disoccupazione nella città di Molfetta ha raggiunto un livello davvero preoccupante e critico. La disoccupazione giovanile maschile a livello locale segna il 38,95%, mentre quella femminile il 55,91% per un tasso totale di disoccupazione del 46,69%. Numeri davvero angoscianti e allarmanti che dovrebbero destare un reale e più concreto interesse delle istituzioni comunali, impegnante solo a vestire Molfetta di un habitus di fiorita economica, industriale e commerciale che ormai non le appartiene più. L’Amministrazione Azzollini rivendica prospettive occupazionali future, ma solo l’1,9% degli investimenti regionali sono stati utilizzati da chi crede di gestire con rigorosità il Comune di Molfetta. Infatti, nonostante le dichiarazioni di facciata, le statistiche segnano un trend in discesa del 0,2%. Attualmente le fasce più colpite sono i diplomati e i laureati. Laurearsi oggi non significa sempre trovare un posto di lavoro che soddisfi le proprie aspettative, anzi molto spesso non si trova nemmeno un’occupazione che possa rispecchiare gli studi completati. Avere una laurea o un master in tasca, dunque, conta veramente poco. Il “pezzo di carta” raggiunto con tanti sforzi non offre sicuramente i risultati sperati. A subire maggiormente lo scotto della disoccupazione sono le donne e il Mezzogiorno d’Italia. Secondo i dati Istat per il primo trimestre dell’anno 2012, chi esce dagli atenei e dalle scuole di specializzazione smette di fare lo studente per poi ritornare a casa nell’attesa di un impiego che non c’è. Molti giovani neolaureati, scoraggiati dalla mancanza di opportunità che offre il mercato del lavoro, rinunciano a cercare un posto, collocandosi nella zona degli “inattivi”. Confrontando la situazione di Molfetta con quella della Regione Puglia, quest’ultima presenta una situazione occupazionale migliore di quella locale: la disoccupazione maschile a livello regionale si attesta al 39,93%, quella femminile al 53,91%, per un totale del 45,89%. Quasi un punto percentuale in meno rispetto a Molfetta che, però, rappresenta un abisso: purtroppo, la disoccupazione locale totale si attesta al 56,9%. Eppure l’art.1 della nostra costituzione definisce l’Italia una Repubblica fondata sul lavoro: il lavoro è il vero miraggio del made in Italy. Disoccupazione, cassa integrazione, lavoro precario e contratti flessibili. Questo è quanto il mercato del lavoro può offrire in Italia. Tante sono le persone che dichiarano di cercare un lavoro e non lo trovano, tante sono quelle che l’hanno smesso di cercare e vivono con spirito di rassegnazione, tanti sono i dipendenti messi in cassa integrazione, tanti sono coloro che dichiarano di lavorare gratuitamente, senza tralasciare i casi di gente costretta a lavorare in nero. Ma c’è chi non si arrende. A Molfetta il 35% dei giovani cerca lavoro con risultati non sempre del tutto confortanti. I laureati senza un posto di lavoro rappresentano il 44,9%. Statistica leggermente al ribasso per i diplomati (42,9%). Non va meglio per coloro che detengono una qualifica di licenza media (muratori, cuochi, ristoratori, ecc.), fermi al 14,9%. Senza dimenticare la fuga di cervelli, non certo l’epopea migratoria dei primi decenni del secolo scorso. In questo caso, i laureati che hanno deciso di emigrare fuori i confini regionali sono il 44,5%, mentre per i laureati ancora in cerca di lavoro nella regione e in provincia i dati segnano rispettivamente il 22,6% e il 14,6%. È evidente che i centri commerciali distribuiti nella zona ASI di Molfetta non creino posti di lavoro stabile, ma siano fucine di profitti solo per il Nord, lasciando nudo il territorio di localizzazione. Tra l’altro, la formazione oggi sta assumendo un ruolo centrale nello sviluppo della moderna società della conoscenza. Ma è necessario anche attivarsi per investire nella formazione. Le conoscenze divengono vecchie rapidamente, le competenze devono essere costantemente aggiornate, molte attività professionali sono in cambiamento come anche molti mercati e un numero innumerevole di prodotti e servizi stanno vivendo una fase di profonda innovazione soprattutto grazie alle moderne tecnologie. L’entrata in vigore da ormai 10 anni dei contratti a progetto, forme contrattuali flessibili che non prevedono il pagamento di ferie e malattie, hanno peggiorato le condizioni lavorative degli italiani, trasformando il lavoratore in un mero oggetto “usa e getta” o di compravendita. Questa ha favorito la massiccia presenza di lavoratori stranieri disposti a svolgere impieghi mal retribuiti, sottopagati e, come spesso capita in molte realtà lavorative, con contratti non regolari o addirittura senza contratto e assicurazione contro gli infortuni. Mal di lavoro, di disoccupazione, di precarietà e d’incertezza. Queste sono le nuove patologie nostrane, non curate, recidive e ad alto rischio di diventare dei cancri maligni a effetto irreversibile. L’Italia intera e la città di Molfetta aspettano tempi migliori e i giovani chiedono il diritto a un futuro.

Autore: Andrea Saverio Teofrasto
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