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Mafia ridet Politica clamat
15 novembre 2021

Mafia ridet, politica clamat (la mafia ride, la politica piange), avrebbero detto i latini che non conoscevano l’espressione moderna riferita alla criminalità organizzata, ma avevano un livello di malavita elevato e pericoloso. Oggi questa definizione che abbiamo coniato per i nostri tempi, si addice chiaramente allo stato di una città, dove, pur non essendoci un collegamento tra le due cose, si assiste a un aumento della delinquenza. Questa, prospera anche a causa della mancanza di una stabilità politica, non dico in grado di controllarla, ma di garantire un clima di legalità che si rafforza quando al governo esiste una forza politica nella quale si riconosca la maggioranza dei cittadini onesti. L’allarme lanciato dal Procuratore della Repubblica del Tribunale di Trani, dott. Renato Nitti nel corso della Tavola rotonda organizzata dal Rotary Club e dall’Associazione imprenditori, è veramente preoccupante e non va sottovalutato. Da alcuni mesi a Molfetta c’è stato un incremento dei fenomeni di criminalità (incendi di auto, bombe a cantieri edilizi, probabili estorsioni, qualche accoltellamento) ai quali si sono aggiunti presunti fenomeni di corruzione che hanno coinvolto le istituzioni e sui quali sta indagando la magistratura. Questo fa pensare a una città a rischio e determina l’allarme sicurezza. La capacità delle organizzazioni criminali di infiltrarsi nelle attività legali e nelle imprese in difficoltà, approfittando anche della pandemia da Covid, sono all’attenzione delle forze dell’ordine e della magistratura. La criminalità prospera sempre dove riesce ad infiltrarsi nella politica e non sembra il caso di Molfetta, ma anche dove la politica è assente. Appunto la mafia ride quando la politica piange. L’allarme sicurezza che “Quindici” lancia da tempo, non sembra aver ricevuto finora risposte adeguate, non tanto dalle forze dell’ordine, comunque insufficienti sul territorio, quanto dalla politica tutta presa dai giochi di Palazzo, dagli opportunismi e dai trasformismi che questa città ben conosce e alla quale sembra rassegnata. L’elevato astensionismo è un segnale di questa arrendevolezza di fronte alla propria impotenza, dimenticando che, con il potere del voto, si possono sconfiggere i gruppi organizzati che vivono di politica e grazie alla politica prosperano. E nella nostra città ce ne sono diversi. Lo scandalo “Appaltopoli” ha portato alla luce del sole presunti fenomeni di corruzione che coinvolgono le istituzioni e hanno visto un assessore arrestato, consiglieri, funzionari comunali e imprenditori indagati, mentre lo stesso sindaco Tommaso Minervini si è visto recapitare un avviso di garanzia, segno che la magistratura sta indagando anche sul primo cittadino. Questa vicenda avrebbe dovuto essere un campanello di allarme per tutta la classe politica, invece la risposta è stata il silenzio o lo scaricabarile su chi è stato trovato con le mani in pasta, riducendo tutto a una vicenda personale, quando invece sarebbe stato necessario un serio approfondimento per cercare le radici del fenomeno e soprattutto le cause. Ma la risposta più immediata avrebbe dovuto essere quella delle dimissioni, non per ammettere la propria colpa, ma per prendere le distanze da un modo di fare politica ed evitare inquinamenti con le istituzioni. Quantomeno se responsabilità dirette non ce ne dovrebbero essere, si è peccato quantomeno di superficialità che, per politici dichiaratisi esperti, non è ammissibile. Bisogna ora capire se i gruppi che hanno abbandonato la maggioranza e il sindaco al suo destino e quelli che si sono dissociati prima, lo hanno fatto per interesse personale, di poltrone, oppure, come dichiarano nell’intervista a “Quindici”, perché il progetto politico di Tommaso Minervini di mettere insieme soggetti diversi per cultura e provenienza, in quello che “Quindici” ha battezzato “ciambotto”, è miseramente finito alle ortiche, come era prevedibile dal primo momento. Un suicidio politico annunciato o ad orologeria? Come si fa a dire che il sistema dei partiti è superato, come le ideologie o il modo di intendere la società? Che destra e sinistra non esistono più, ben sapendo che al di là dei termini, la sostanza fra le due anime è profondamente diversa? Come si fa, come dichiara il sindaco nell’ampia intervista che pubblichiamo in altra pagina di questo numero, che a tenere insieme la coalizione è il “collante valoriale”? Evidentemente abbiamo una diversa idea di “valore”, soprattutto di fronte a personaggi che hanno fatto del trasformismo il loro modo di essere in politica, passando da un fronte all’altro spregiudicatamente e senza vergogna. Siamo perfino al balletto delle dimissioni ricattatorie dei soliti personaggi che le annunciano per alzare il prezzo, pronte a ritirarle una volta ottenuto qualche vantaggio politico. Sta avvenendo nelle ultime ore con voltagabbana storici ai quali non manca solo la faccia (quella l’hanno perduta da tempo), ma anche una sia pur apparente motivazione. Non basta la politica del fare, tanto vantata dal sindaco, occorre quella del come fare e a che prezzo. E se il prezzo da pagare è alto, meglio non fare, perché non si può prescindere non dico da valori, ma da regole di comportamento che dovrebbero caratterizzare ogni azione, anche e soprattutto in politica, dove si gioca con la pelle e il destino dei cittadini attuali e futuri. Ambizioni, vanità, mire politiche, ci possono pure stare per chi sceglie questa strada, ma un pizzico di umiltà, al momento opportuno, fa diventare il politico un uomo saggio. Guardarsi intorno, vedere la realtà che ci circonda non solo dal punto di vista territoriale, ma soprattutto da quello umano, significa rappresentare gli interessi dei cittadini, che vogliono meno cemento e più qualità della vita. E soprattutto sicurezza, altrimenti la criminalità ha il sopravvento e la mafia ride, dove la politica piange. Chi ha colpa del suo mal, pianga se stesso, ammoniva saggiamente il Poeta. © Riproduzione riservata

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