Memoria storica della politica molfettese, l’ing. Lillino Di Gioia ha avuto, in passato, un ruolo determinante nello sviluppo della città nei vari incarichi istituzionali di consigliere comunale, sindaco per breve tempo, assessore regionale all’urbanistica e candidato sindaco del centrosinistra nelle elezioni amministrative del 2006. Coscienza critica e oppositore tenace delle ultime amministrazioni comunali, per Di Gioia si era parlato nei giorni scorsi di una possibile candidatura alle elezioni regionali con l’Udc di Pierferdinando Casini o con la lista “Io Sud” di Adriana Poli Bortone. Poi l’ex assessore regionale ha preferito non scendere in campo, continuando dall’esterno la sua pluriennale attività politica. Oggi può parlare liberamente, senza condizionamenti, quindi in modo più obiettivo, non avendo motivazioni elettorali. Di Gioia accetta di fare con “Quindici” un bilancio dell’evoluzione storico-politico-amministrativa degli ultimi anni a Molfetta, esprimendo anche giudizi di merito su questi avvicendamenti, che ci aiutano a capire come e in che modo si è arrivati all’attuale situazione, che vede la città in forte crisi sia di classe dirigente, ormai ridotta a personaggi di scarso peso politico e culturale, sia a situazioni di scarsa democraticità per le scelte del sultano locale, degno allievo di quello nazionale. «Comincerei da lontano, dal settennio 1975-83 col sindaco Beniamino Finocchiaro, con una giunta si sinistra, seguita dall’altro settennio 84-91 di amministrazione centrista a guida Enzo de Cosmo. Poi c’è stata la fase di transizione dei due anni 92-94 con le amministrazioni di Gianni Carnicella, sostituito, subito dopo il suo assassinio, da Annalisa Altomare, che concluse il ciclo centrista. Poi, dal 94 al 2001, dopo la scomparsa dei partiti tradizionali a Molfetta (Dc, Psi, Psdi, Pci e altri), la guida della città passò a Guglielmo Minervini (1994-2001) espressione del Movimento politico “Il Percorso” e successivamente cominciò l’egemonia assolutistica del sindaco-senatore Antonio Azzollini nel suo doppio incarico (o triplo se consideriamo anche la sua presidenza della commissione Bilancio del Senato) prima indiretta, attraverso un governo di centrodestra guidato dall’ex socialista Tommaso Minervini (2001-2006) e poi direttamente dal 2006 ad oggi, che ha costretto Azzollini a sciogliere il consiglio comunale dopo meno di due anni, per candidarsi al Senato e ricandidarsi poi a sindaco, grazie a una assurda interpretazione della legge elettorale che gli ha permesso di esercitare il doppio ruolo. In questi ultimi anni e fino al 2013 quando scadrà il mandato di sindaco e senatore, la città resterà prigioniera di questa pesante egemonia, con un livello di produttività vicino allo zero, come non era mai accaduto nella storia di Molfetta». Da cosa dipende questa situazione da incapacità amministrativa o da voluta inerzia? «Giudichi lei. Dal confronto con i primi due periodi, quello di sindacato di Finocchiaro e di De Cosmo, settenni di fulgore, con grande produttività, stabilità amministrativa, crescita culturale e sviluppo di opere pubbliche, Azzollini risulta assolutamente perdente. All’epoca la città poteva vantare una classe dirigente di grande livello, in periodi nei quali regole e programmazione erano alla base della politica, con la pianificazione estesa a tutti i comparti con piani commerciali, del traffico, del centro storico (risanamento isolati 7-6-1-2-8- 9 e altri), con piani particolareggiati e di edilizia economica e popolare 167 e del lotto2 in cui sono stati previsti e sviluppati case e servizi contemporaneamente, rendendo autonomi i quartieri. Per non parlare del piano di edilizia scolastica, dagli asili nido alle scuole materne, elementari, medie inferiori e superiori di ogni ordine e grado. La rete del gas e la grande urbanizzazione della città, il piano del nuovo tessuto viario con la circonvallazione 16bis, l’impiantistica sportiva (3 palazzetti), parchi attrezzati di levante e ponente, potenziamento dell’ospedale fino a 230 posti letto (ora sono 120), il poliambulatorio, il preventorio attrezzato come casa di riposo per anziani. Per quanto riguarda la parte produttiva, è stata realizzata la prima zona artigianale (tutta comunale) e la zona Asi con il consorzio, con la prima urbanizzazione per un valore di 10 miliardi di vecchie lire. Con il sindaco Enzo de Cosmo la città ottenne 300 miliardi di opere pubbliche con finanziamenti regionali e il restauro di tutte le chiese di Molfetta (fondi ottenuti da tutti, è ordinaria amministrazione, non straordinario risultato come vanta Azzollini: prima le opere per le chiese erano finanziate dalla Regione, oggi lo sono dallo Stato)». E dopo i “meravigliosi” 15 anni di Finocchiaro e De Cosmo, la città si è fermata? «Il sindaco Guglielmo Minervini è vissuto di rendita con qualche completamento minimale (la piscina), realizzando solo il nuovo mercato ortofrutticolo e l’anfiteatro di ponente (peraltro scoperto). La caduta della produttività amministrativa è coincisa con il calo del “parco” amministratori. Poi sono seguiti i 10 anni 2001-2010 a gestione Azzollini con i primi 5 anni caratterizzati da un trasformismo di personaggi di sinistra (Tommaso Minervini) a capo di un’amministrazione di destra ed è cominciata la catastrofe del nuovo millennio, il periodo più buio della città, con lo scadimento del personale politico e l’assenza di qualsiasi pianificazione delle opere pubbliche, nonostante una fortuna sfacciata, in quanto il sindaco Tommaso Minervini, appena insediatosi ha ricevuto in regalo dalla Regione l’approvazione del nuovo Piano regolatore generale. Ma invece di gestire questo piano, si è proceduto senza regole, creando storture urbanistiche che durano tuttora». A cosa si riferisce in particolare? «Il Prg era un piano di massima che richiedeva un piano di secondo livello: quello dei servizi entro 6 mesi (dicembre 2001) per far nascere contemporaneamente case e servizi. Lo stiamo ancora aspettando (e questo rivela il fallimento totale della gestione di Tommaso Minervini, sotto la guida del senatore Azzollini) e sono passati 10 anni, mente ci si è gettati a capofitto a costruire case ovunque, senza avere la possibilità di realizzare le urbanizzazioni primarie e secondarie, malgrado i soci delle cooperative abbiano pagato profumatamente in anticipo queste urbanizzazioni. Avremmo dovuto avere il piano delle coste e delle spiagge, all’interno della città quello per l’arredo urbano, il piano commerciale (zona Asi compresa) e oltre quello del traffico e dei parcheggi». Insomma, amministratori e tecnici sono andati avanti alla carlona? «Sicuramente, con una completa assenza di programmazione. Con un’aggravante: i comparti dovevano essere programmati dall’amministrazione comunale per salvaguardare il pubblico: 40% di edilizia economica e popolare, 40% ai privati, più i servizi di comparto (verde, scuole, ecc.). Invece l’amministrazione comunale non ha realizzato alcun progetto di comparto e sono subentrati gli studi professionali facendoli loro, salvaguardando i privati e lasciando i buchi per i servizi. Manca insomma, un disegno complessivo dei servizi di comparto e di quelli generali di 1° livello. Si costruiscono decine e decine di case senza servizi, che saranno realizzati con 10 anni di ritardo e costeranno 3-4 volte di più di quanto il Comune ha già incassato dalle cooperative eattinge da quelle somme per realizzare altre opere svuotando quel fondo. Chi pagherà tutti questi oneri? I cittadini molfettesi, i nostri fi gli condannati a risanare per i prossimi decenni la disastrosa situazione debitoria per affrontare la quale il Comune sarà costretto a contrarre altri mutui». Molfetta rischia il dissesto fi nanziario, mentre il Piano regolatore sarà superato fra qualche anno, provocando la paralisi, mentre si è favorito il disordine edilizio anche speculativo? «Certamente. Tra gli altri errori dell’amministrazione Azzollini c’è anche quello di non essersi attenuto all’obbligo, previsto per i Comuni con popolazione superiore ai 30mila abitanti, di applicare il PPA (Piano pluriennale di attuazione), graduando le costruzioni in tre, quattro volte nel corso dei 15 anni di validità del piano. E questo per consentire di realizzare i servizi e soprattutto evitando ciò che sta accadendo oggi: lo svuotamento del centro storico, mentre il Ppa è diventato discrezionale, con la concessione delle licenze a tutti, arrivando a costruire 5mila appartamenti nuovi, 14.500 vani superiori alla domanda, mentre il centro è pieno di cartelli “vendesi”. Si sta edifi cando dappertutto, facendo scempio del territorio: sulle aree dell’ex cementifi cio Sallustio, su quella di Pansini legnami e Pisani legnami, sull’area dell’ex fonderia Palbertig fi nendo fi n quasi dentro il cimitero. Un errore madornale, perché quelle aree potevano essere adibite a servizi. Ora, invece, si costringeranno gli abitanti delle zone di espansione senza servizi a trasferirsi al centro per portare i bambini a scuola, per fare la spesa, per godere dei giardini, intasando il traffi co, con disagi infi niti e il peggioramento della qualità della vita. Un fallimento totale! A questo si aggiunge il violento colpo di mano del comparto 18 (tra la ferrovia e via Berlinguer) che doveva essere previsto per servizi, ma che invece ospiterà altre 30 palazzine, ribaltando ogni logica urbanistica e amministrativa. Una follia! Senza calcolare che i servizi, poi saranno costruiti sulla lama, continuando a giocare col rischio idrogeologico, come è già avvenuto in altre zone della città». Accanto alle critiche, lei che ha tanti anni di esperienza amministrativa perché non avanza suggerimenti propositivi all’amministrazione Azzollini? «Certamente. Innanzitutto è necessario puntare al completamento delle opere già iniziate e mai fi nite: due parchi di levante e ponente e il completamento di quello di mezzogiorno abbandonato ai vandali e che è costato 2,5 milioni di euro; il completamento della casina Cappelluti nei pressi del Pulo, mai realizzata come museo; la scuola di lama Scotella che doveva diventare la nuova sede comunale e per la quale sono stati spesi 3-4- milioni di euro; l’anfi teatro di ponente che dovrebbe avere una copertura per essere fruibile anche in caso di pioggia o per qualche spettacolo invernale; l’area dell’ex mercato ortofrutticolo da destinare a servizi; la cittadella dello sport nell’ex Park Club e nella vecchia colonia marina; il completamento del campo sportivo vicino al parco di mezzogiorno abbandonato a vandali e zingari. In molti casi si è solo annunciato l’avvio dei lavori e poi è passato tutto sotto silenzio, continuando nell’abbandono dei luoghi alla mercè dei vandali. E poi c’è il doloroso capitolo dell’ex Preventorio, per il quale sono stati spesi inutilmente 10 milioni di euro e che è praticamente quasi vuoto. E’ stato destinato alla Lega del Filo d’oro che ospita 8 bambini di cui 5 non residenziali, solo 3 sono fi ssi. Una struttura così grande per pochi bambini è uno spreco enorme, tenuto conto che stanno sorgendo altre due strutture simili del Filo d’oro, l’ex Preventorio è destinato a restare sempre quasi deserto, è deprimente per gli stessi piccoli ospiti». Insomma, la paralisi amministrativa? «Da 10 anni a Molfetta non si fa nulla, questo è un dato di fatto indiscutibile. Vi è la totale incapacità amministrativa di portare a termine perfi no le opere già avviate. Più fallimento di così!». Veniamo alla nota dolente del porto, con tutti i pasticci che sono stati combinati fi nora e il denaro buttato al vento con nessun risultato. Lei, come assessore regionale, è stato tra i fautori del piano regolatore del porto, oggi quale pensa che debba essere il suo destino? «Sul porto, c’è un errore di fondo: quando è stato messo mano al progetto, non è stato aggiornato quello precedente, ma è stato riproposto identico a quello di 20 anni fa, non tenendo conto delle situazioni cambiate. All’epoca era previsto un porto peschereccio, uno turistico e uno commerciale, ma c’erano 150 pescherecci, contro gli appena 50 attuali. Poi Azzollini ha consentito la costruzione della caserma della capitaneria, bloccando lo sviluppo di un camminamento fi no alla Madonna dei Martiri. Dopo si è pentito, ma era troppo tardi e anche per questo la città pagherà oltre un milione di euro di danni allo Stato, più le spese degli inutili ricorsi legali nei quali si è ostinato il sindaco. Con il nuovo piano regionale dei trasporti, lo scalo di Molfetta sarà inutile perché si punta a potenziare Bari, Brindisi e Taranto e per il capoluogo, con la decisione di chiusura dell’ansa di Marisabella che avrà l’interporto, non ci sono più possibilità per noi. L’errore più grande, poi, è stato quello di consegnare i lavori all’impresa Cmc, pur sapendo che il porto era pieno di ordigni esplosivi. E dopo due anni, è stato eff ettuato solo il 7% dei lavori, con qualche spostamento di pietre e nulla più, mentre ad oggi doveva essere completato il 50% del progetto. E abbiamo già pagato 2 milioni di euro, mentre, con una variante, il costo è stato portato da 57 a 80 milioni. E i lavori slitteranno ancora, ammesso che ci sia un’impresa disponibile a sottoscrivere che non c’è più pericolo nei fondali. Intanto sembra che siano stati versati già quasi 8 milioni di euro (la notizia è certa, ed è confermata dallo scoop fatto da “Quindici” in questi giorni, ndr) di risarcimento danni alla Cmc per i ritardi attribuiti all’amministrazione comunale». In questa situazione, allora, è meglio abbandonare il progetto del porto dei sogni, come l’ha defi nito “Quindici”, per evitare che diventi il porto delle nebbie? «La soluzione migliore sarebbe quella di abbandonare l’idea del mega porto commerciale, ipotesi ormai tramontata e di spostare i lavori nella parte antistante il Duomo per realizzare un porto turistico utilizzando gli stessi fi nanziamenti ottenuti per quello commerciale per creare il raddoppio del lungomare fi no alla 1ª cala adeguando il water front (il fronte mare), avviando il piano spiagge fi no alla seconda e terza cala a fi ni turistici». Un bilancio completamente negativo dell’amministrazione di centrodestra guidata dal sindaco-senatore-presidente Azzollini? «Credo che Antonio Azzollini verrà ricordato come il peggiore sindaco degli ultimi 150 anni, altro che migliore amministratore dalla notte dei tempi, come si proclama lui. E vorrei ricordare, a proposito del doppio incarico, che mai De Cosmo e Finocchiaro hanno fatto questa scelta. La sete di potere e l’occupazione del territorio, con gravi danni per la democrazia messi in atto dal sindaco Azzollini sono diventati intollerabili, occorre un’inversione di rotta da parte degli stessi amministratori prima che la situazione diventi irrimediabile con danni economici e sociali che peseranno per decenni sui nostri fi gli».
Autore: Felice de Sanctis