Libertas Molfetta: la spensieratezza del calcio, la difficoltà del primato
MOLFETTA - Meno tre! Dopo aver superato lo "spauracchio Mola" (termine che sa di dentista) ora ci tocca affrontare un nuovo episodio della saga "Chi arriverà primo al traguardo?". Il nuovo episodio si svolgerà in terra neutra ovvero in quel di Castellana, in Purgatorio, contro un avversario che porta come simbolo il Gallo. Ma sarà un Gallo o una Gallina?. Questo dipende dal Molfetta, intesa come squadra. Ma il nuovo episodio si svolgerà nel silenzio di uno stadio, senza pubblico, con le sole parole dette dai calciatori in campo.
A vederla così sembra veramente surreale. A pensarla bene molti spettatori vorrebbero sapere cosa si "raccontano" i giocatori in campo. Leggo che Totti dopo aver segnato il gol del pareggio nel Derby Capitolino ha detto: "Godo come un maiale!". Ma i maiali godono? E quando, quando divengono Prosciutto? Soprassediamo, ma non fate battute su questo mio pensiero, è meglio! Il silenzio di uno stadio, muove nuove sensazioni, come quei dipinti dove la figura umana si perde nelle grandi praterie.
Ma quali sono le nuove sensazioni o meglio, quelle che vengono alla ribalta? Una sola volta nella mia storia ho assistito ad una partita a Porte Chiuse. Se non sei parte in causa senti più forte l'odore dell'erba, o i contrasti fra parastinchi dei calciatori o il vento o l'agente atmosferico presente in quel momento. La Natura si riappropria del palcoscenico . Solo in un secondo tempo ti immedesimi nell'agonismo della gara. Immagini di un altro mondo.
Ma la realtà è ben diversa. Immergiamoci nel mondo reale. Parliamo dei tifosi. Il paradigma del tifoso è: "Vado allo stadio, pago il biglietto, mi è data la facoltà di dire tutto ciò che mi pare, ovvero criticare, anche quando tutto va bene!" Questo accade a tutte le latitudini e longitudini italiane, perché il nostro è un comportamento che viene da lontano, da quando si giocava a palla in quel di Firenze.
Domenica ero al campo di Mola, e dico campo perché simile al nostro Petrone. C'erano una cinquantina di tifosi Molfettesi e insieme a loro abbiamo visto la gara. Per la verità, finalmente una buona gara, nulla di trascendentale, ma almeno la palla non prendeva traiettorie strane. Ebbene prima del vantaggio molfettese un signore accanto a me continuava a criticare il gioco del Molfetta. Appena passato in vantaggio il suo giudizio è cambiato."Il vantaggio è meritato", "gli altri non hanno fatto nulla", "ora segniamo altri due gol", e via dicendo.
Appena subito il pareggio, Game Over, si è ritornati all'inizio del disco! Due considerazioni. La prima: quando sei in testa in un campionato, si diventa spocchiosi, si guardano gli altri dall'alto in basso e quindi dai tuoi pretendi che ogni domenica entrino in campo solo per una mera formalità e quindi l'imperativo vincere diviene un normale "è naturale vincere", come se gli altri non ci fossero. Seconda considerazione: Se non raggiungi il risultato sperato sei un brocco, diversamente, quando vinci, devi stravincere! Ma questo non è la strada della competizione agonistica è la strada di chi pensa "io sono meglio perché sono di Molfetta".
Non siamo abituati a metterci in discussione, a capire che i risultati si ottengono con sforzo e sacrificio e una buona dose di fortuna. Ma se non ti sacrifichi non penso che quello che desideri viene spontaneamente da te. Sei tu che devi andargli incontro. E penso che questo gruppo stia affrontando questa sfida. Ora mi tocca parlare di qualche commento ai miei articoli. Io non parlo di Calcio giocato, non mi interessa. Per questo ci sono il lunedì le testate giornalistiche.
Parlo di calcio, perché ho avuto la fortuna di viverlo dal di dentro, e cerco di far capire a chi lo vede dall'esterno quali sono le problematiche di un gruppo che si possono paragonare alla vita di una famiglia, al quotidiano e non a qualcosa di esterno alla vita comune. In queste categorie non esistono le criniere dei"Balotelli" di turno da esibire sui giornali, esistono delle vite normali di giovani ragazzi che sognano ed amano il calcio quasi come noi che ci ritroviamo a giocare sui campi di periferia.
La differenza è minima e in questo scenario Io mi sento vicino a coloro che in umiltà vorrebbero arrivare a sognare ad occhi aperti. Se le mie considerazioni non "ci azzeccano" e meglio non leggerLe. Fortuna vuole che le ultime due giornate di campionato si giochino a porte chiuse,non per la mancanza dei tifosi ma per la mancanza dei "Politicanti di turno" che si sarebbero avvicinati al campo a far vetrina, come infermieri, barellieri, aficionados dell'ultimo momento, o addirittura Consiglieri di Provincie ormai da cancellare che ostentano il proprio aiuto, solo a parole,ma senza portafoglio alla causa.
Giù le mani dal Molfetta! La squadra di calcio appartiene alla città. Scommettiamo? Se le cose dovessero andare per il verso giusto,e incrociamo la dita,vedrete che sfilata di… candidati ci sarà il Primo Maggio al campo Paolo Poli per la partita di solidarietà con il Bari! Tutti sul carro dei, speriamo, vincitori anche coloro che hanno giocato a palla avvelenata! Alé Molfetta.