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Lettere : Perché non creare un archivio salveminiano?
15 ottobre 2012

Caro direttore, ti ringrazio per l’articolo sull’incontro del 3 settembre u.s. nella libreria “Il Ghigno”, quando ho presentato il libro di mio marito Giovanni: “Minervini: Gaetano Salvemini, un uomo senza tetto e senza focolare”. Ora vorrei tornare sullo stesso argomento da un altro punto di vista. Ripenso alla cerimonia che si è tenuta a Molfetta il 26 aprile scorso, presso l’Istituto di scuola materna “Filippetto”, per l’attribuzione (finalmente!), in maniera legale, del nome che ricorda uno dei figli di Salvemini, morto, col resto della famiglia, nel 1908, nel terremoto di Messina. La cerimonia è stata molto bella, i bambini avevano lavorato a lungo sull’argomento; ci sono ancora sul posto i loro disegni, hanno cantato e ballato. La cosa è piaciuta anche a me, che con le cerimonie non ho un buon rapporto. Anche il pubblico ha partecipato e capito. Allora mi è venuta un’idea che voglio comunicarti. Cinque, sei anni fa è capitato a Molfetta, (pensa un po’), un giapponese, studioso di Scienze Politiche, il quale aveva conosciuto Salvemini attraverso le sue opere. Egli pensava di trovare nel paese tracce del lavoro svolto dal nostro Gaetano e invece non trovò proprio niente. Ci fu, per fortuna, quel bravo nostro amico, Pasquale Minervini, del Centro studi molfettesi, che lo accompagnò nei luoghi salveminiani. E mentre gli mostrava la sede della Lega contadini, la piazza Piscina Comune, con gli affollatissimi comizi, il Lazzaretto e gli altri posti, si sentì chiedere, dal giapponese: “Ma i molfettesi non si ricordano proprio di quest’uomo! Come mai non hanno messo una piccola targa, un’indicazione, per segnalare delle cose così importanti?”. Queste notizie hanno impressionato anche me, quando me le raccontava, a quel tempo, Orazio Caputo, l’ispettore, che tu conosci. Allora ho pensato che si poteva provvedere, con una minima spesa e un po’ di buona volontà, a preparare per “il secondo giapponese” che possa visitare Molfetta, un’accoglienza migliore. Si tratterebbe di creare in un posto adatto, per esempio nella scuola “Filippetto”, un piccolo archivio, (basterebbe un armadio o addirittura uno scaffale!) dove raccogliere testimonianze, filmati, libri che riguardino il nostro autore. Quella scuola è molto conosciuta dalla popolazione ed è stata costruita su un terreno donato al Comune di Molfetta dallo stesso Salvemini, per ricordare il triste avvenimento messinese. Ne ho parlato con Gianna Gadaleta, la maestra che con passione si è dedicata a organizzare la cerimonia della scuola materna e ha trovato buona la proposta. Lei stessa, quando ha cominciato a studiare l’argomento, ha trovato difficoltà a reperire il materiale necessario. La dirigente della scuola si è dichiarata disponibile e la cosa potrebbe andare avanti, rispettando naturalmente i tempi burocratici necessari. Per cominciare, l’archivio dovrebbe contenere la registrazione della cerimonia di cui ho scritto all’inizio; io potrei depositare copia della corrispondenza dal 1954 al 1957, che ho avuto con Salvemini al tempo della tesi sui Catasti murattiani di Molfetta. Ci sono poi, numerosi ed eccellenti lavori pubblicati nel nostro paese in varie occasioni. E poi da cosa nasce cosa. Io che vivo ora sulle rive del Po, mi dico sempre che il più grande fiume d’Italia, quando nasce sul Monviso è un ruscelletto piccolo, piccolo, che si può scavalcare con un salto. Pensavo, per esempio, che fosse pubblicata accanto a questa mia lettera, la fotografia del 1913, in cui si vede tutto Corso Margherita pieno di gente, con Salvemini portato a spalla dai presenti. Quella foto mi fece molta impressione, quando la vidi, tanti anni fa e che ho rivisto nella tua stanza nella redazione di “Quindici”). Possibile che tutta quella gente avesse dimenticato un fatto così eclatante? Chiesi a mio padre, che al tempo della foto aveva 17 anni, come mai ci fossero tutte quelle persone e lui rispose tranquillamente: “Grazie tante, quello (Salvemini) parlava di otto ore di lavoro!” (quando se ne facevano 15 o 16, da una notte all’altra notte, si diceva). Anche lui era presente tra tutta quella folla, se ne ricordava bene. Ora io mi auguro che qualcuno, munito di registratore, chieda un po’ in giro, tra amici e parenti, se nelle famiglie è rimasta traccia di quell’avvenimento. Un nonno, un prozio, ci saranno stati tra tutte quelle persone. La madre di una mia amica fu intervistata da me e altri giovani su questo argomento e raccontava cose incredibili. Aveva 15 anni e lei con le compagne, scappava via dalla “maestra Cristina” dove imparava a cucire, “per andare a sentire il Professore”! Neanche fosse un divo del cinema! E Salvemini lo confermava, quando diceva che le donne andavano ai suoi comizi e “tutto, tutto capivano”. Peccato che quella registrazione sia andata perduta, per un errore tecnico! Ho terminato il mio appello. Spero che il progetto si possa realizzare e che le idee di questo Maestro possano essere divulgate e soprattutto che il suo metodo di lavoro, rigoroso, preciso, concreto, possa trovare spazio tra tanto disorientamento che si vede in giro. Tanti auguri di buon lavoro Liliana Gadaleta Minervini Cara Liliana, come sai “Quindici” è rimasto l’unico giornale a parlare con una certa regolarità di Gaetano Salvemini, grazie anche al lavoro e agli scritti anche inediti che ci propone il nostro collaboratore, comune amico, Pasquale Minervini. Raccogliamo, perciò, la tua proposta e invitiamo tutti coloro che avessero del materiale salveminiano, anche attraverso “Quindici”, a metterlo a disposizione di tutti. Noi, da bravi salveminiani, faremo la nostra parte.

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