Leonardo, dottore in ricerca: mi sento come un trapezista in un circo
“In bilico… tra santi e falsi dei… sorretto da un'insensata voglia di equilibrio”… mi vengono in aiuto i versi dei Negramaro nel vano tentativo di dare una forma scritta ad un vissuto difficile da descrivere ancorché da sopportare. La mia generazione mi appare così: in bilico tra sogno idealista e realtà disarmante, tra utopia genuina e pragmatismo palliativo, sempre pronta a lamentarsi, allenata ad arrangiarsi, tardiva nel combattere. E allora tutti giù con i giudizi dei sociologi di turno ed i provetti psicologi del dramma della mente umana, via con i luoghi comuni dei bamboccioni, dei mammoni, degli incontentabili, dei pigri. La mia vita di pigro ha ben poco… tuttavia rispetto a chi è in vacanza da una vita condivide un comune denominatore: il risultato sinora raggiunto dello status di navigatore a vista, di precario in cerca di approdo. Credo di essere un ragazzo abbastanza normale (ma alla soglia dei 30 non si dovrebbe dire uomo???). Dopo la maturità scientifica, conseguo la laurea in Chimica e Tecnologia Farmaceutiche (CTF per i profani) in 5 anni col massimo dei voti… e poi da dottore a disoccupato il passo è breve, dura giusto il tempo della proclamazione. Per mia fortuna l'émpasse dura poco: ad una settimana dalla laurea firmo il mio primo contratto di lavoro (sei mesi rigorosamente co.co.co a tempo determinato) nel gruppo di ricerca presso cui ho anche svolto in precedenza il lavoro di tesi sperimentale. Poco importa del trattamento economico e/o delle prospettive immediate. Ad una settimana dalla laurea ho il mio primo contratto e, in fondo, va bene così. Forse, penso, è un po' presto per pretendere di meglio ed in fondo questo è il campo in cui mi sono laureato, questa è la materia che mi appassiona, la ricerca è il mio sogno nel cassetto sin da bambino, e questa mi sembra l'unica strada percorribile per iniziare a sognare ad occhi aperti. I sei mesi corrono via in un batter di ciglio e l'incubo del futuro ritorna prepotente. Partecipo al concorso per il dottorato di ricerca in “Chimica del Farmaco” e vinco una delle borse di studio in palio per continuare a sognare in prima fila. Tre anni di sacrifici, orari estenuanti, pause pranzo ridotte all'essenziale, tempo libero e vita sociale delegate alle poche ore del weekend. Ma arrivano le prime soddisfazioni, le prime pubblicazioni scientifiche, quelle che ti fanno pensare “per ora in questo magnifico mondo della scienza ci sono anche io”…domani chissà… Il dottorato è tempo di studio ma al tempo stesso di alta formazione scientifica e professionale e arriva anche per me, come per tanti altri fortunati studenti, la possibilità di trascorrere un periodo di formazione all'estero. Sei mesi fuori dal mio paese, in un altro gruppo di ricerca (uno dei più all'avanguardia a livello internazionale in alcune metodologie di sintesi chimica) con l'opportunità di migliorare una lingua straniera, di conoscere un metodo di lavoro diverso, di apprendere i trucchi del mestiere dai pionieri di alcune tecnologie chimiche innovative, di arricchire il proprio bagaglio professionale e umano. Arriva il contatto con una nazione straniera, con uno stile diverso di vita, con una società accogliente e civile che mi fa mancare solo gli affetti familiari e sentimentali ma che ancora oggi, nella mia terra, rimpiango. Torno con il carico di esperienza ed entusiasmo, sorretto anche da qualche altra pubblicazione scientifica che arricchisce il mio curriculum ed esalta la mia testardaggine. Sono pronto a sfruttare qui tutto ciò che ho appreso lontano da casa. Termino il ciclo di dottorato e conseguo il titolo di dottore di ricerca. Altro traguardo… si potrebbe pensare, macché… in questo spettacolo anche i traguardi sono precari, soffrono di instabilità, si spostano, si muovono, e allora col passare dei mesi anch'essi mutano in nuovi punti di partenza, la meta è però sempre lì, distante. The show must go on… e così è anche per me. Lo spettacolo, o forse psico-dramma, continua ed arriva un nuovo contratto (a tempo determinato… manco a dirlo), noto agli addetti ai lavori come assegno di ricerca. Ancora qualche anno (per fortuna meglio retribuito) per continuare a costruire, lottare, sperare, sognare. Io credo di avercela messa tutta, di grinta e voglia ne ho ancora da vendere, di risultati e soddisfazioni credo di averne raggiunti tanti, di voglia di crescere e formarmi non sono ancora sazio. Tuttavia sono alla soglia dei trent'anni… vale a dire un uomo… sono fidanzato da oltre dieci anni con una donna che amo e che vorrei sposare. Almeno i sentimenti, quelli no! Non sono precari! Come si può costruire su basi solide un progetto di vita? Progettare un futuro insieme, una famiglia? Bamboccioni? O schiavi di una precarietà che ci spacciano per flessibilità? Mammoni? O lottatori inermi dinanzi a giganti insuperabili? A me tutto ciò fa rabbia, solo tanta rabbia. Vedere di aver fatto il possibile, ma constatare che tutto ciò non è bastato. Vivere in un Paese dove meritocrazia e giustizia sociale sono solo spot pre-elettorali, dove i giovani sono solo quelli delle stragi del sabato sera e dei rave-party, mai oggetto di una politica orientata al futuro, sempre vittime dei loro stessi bisogni e così costretti, spesso impotenti, all'usura dei sogni. Mi sento ancora oggi come un trapezista in un circo, come chi ha avuto il coraggio di rischiare, ma che ora si trova in uno stato di equilibrio precario, può cadere giù e fallire ma può anche spiccare un volo acrobatico verso un grande numero, far sognare la platea e scatenare l'applauso… e realizzarsi… il destino è appeso però ad un filo di speranza precario ed instabile, con l'amara consapevolezza che non tutto, forse, dipenderà dall'allenamento e dal talento. Non sento di potermi rimproverare nulla, ma sinora nella mia vita di stabile sono rimasti solo i miei sogni ed i miei sentimenti… tutto il resto è ancora da costruire. Un ragazzo fortunato? Sinora, sì. E se anche la fortuna fosse precaria?