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Le zone franche urbane: dobbiamo crederci?
15 novembre 2007

Con l'ormai prossimo superamento della legge 488 un altro capitolo a sostegno del Mezzogiorno si sta per aprire: le Zone Franche Urbane. Tale progetto, rifacendosi ad alcune esperienze europee come quella francese, mira ad attivare incentivi puntando sulla “fi scalità di vantaggio” per piccole o medie aziende presenti in aree urbane economicamente degradate, dominate dalla disoccupazione e dall'esclusione sociale. I propositi sembrano essere buoni, infatti in tali aree si cercherà di istituire un credito d'imposta per neo-assunti a tempo indeterminato e di detassare i redditi d'impresa, pur essendo la cifra a disposizione piuttosto esigua (circa cento milioni per il biennio 2008-2009). I sostegni inoltre mirano a risollevare quelle aree degradate tanto dal punto di vista economico che da quello sociale, in particolare la zona di Napoli. Concentrando gli investimenti su aree dominate da condizioni particolarmente critiche, gli aiuti servirebbero a contrastare l'esclusione sociale come è avvenuto in Francia, producendo “microincentivi per microinterventi”. Lo ha ribadito Gianfranco Viesti come risposta al dubbio che un tale proposito rischierebbe come al solito di trasformare il progetto di risanamento in una fonte di denaro per la quale gli esponenti dell'imprenditoria faranno a gara, producendo una concorrenza localizzativa. Molti infatti hanno inserito all'interno del progetto l'incentivazione dei porti, confondendo il disegno delle zone franche urbane con quello delle zone franche-portuali, signifi cativamente presenti solo a Trieste e che richiederebbero somme ben più alte. Alcuni inoltre si sono chiesti se la mancata proposta di una zona franca urbana in Capitanata sia stata davvero dettata da rigorose valutazioni o come al solito da logiche politiche e clientelari. Tutto infatti sembra regolato da metodi di consultazione molto vaghi e da criteri di valutazione che restano ancora sconosciuti nei loro principi oggettivi, ammesso che ce ne siano. Un progetto fi nalmente diretto alle aree più basse del così tanto gettonato Mezzogiorno rischia di ridursi in una devoluzione di fondi dettata da una frettolosa dialettica tra le varie fazioni socio-economiche e nella solita spartizione di fondi a favore di pochi eletti e non dei tanti sfortunati. Lo dimostra il fatto che nel testo della Finanziaria i fondi non sono più strumento esclusivo del Sud, ma vengono estesi al Centro e al Nord. Non vogliamo che sia una ennesima presa in giro. Il degrado del Mezzogiorno esige di per sé interventi ben più capillari (non dimentichiamo la delinquenza endogena, integrata nel tessuto Meridionale fi tto di maglie che assuefanno una popolazione ormai rassegnata). Sergio D'Antoni, viceministro allo Sviluppo economico con delega al Mezzogiorno, spiega che le zone non sono più un'esclusiva del Sud perchè è stato l'unico modo per convincere la Commissione Europea a concedere questo strumento, e che comunque non esistono al di fuori del Sud aree urbane degradate che abbiano le stesse percentuali di disoccupazione e redditi bassi, e quindi le zone franche si potranno fare solo nel Sud. La faccenda sembra molto oscura e poco seria, visto questo giro di parole che sembra voler accontentare non tanto la Commissione europea quanto il povero Sud. Non vogliamo essere ancora una volta vittime di una manovra politica ricca di ornamenti e povera di contenuti. Ancora una volta, come tante altre nel passato, la questione meridionale sembra l'occasione per far arrivare qualche soldo in più ai soliti privilegiati; le condizioni critiche dei quartieri meridionali sono solo una cornice che non sensibilizza nessuno. Altrettanto vero è che dobbiamo stare in guardia dai politici locali che gestiranno quei fondi. Il Mezzogiorno, con i suoi problemi economici, con le sue strutture sociali ormai infettate dalla corruzione pilotata da una criminalità divenuta una vera e propria istituzione, con la sua arretratezza e la sua debolezza nei confronti della mafi a (in senso molto lato) onnipotente, ha bisogno di aiuti decisi e radicali, non di inutili parole atte a creare un po' di consenso ed approvazione. Se poi si tratta di un'occasione per amministrazioni e imprese di mostrare la propria abilità a livello dialettico e per far arrivare qualche somma di denaro in più, tutto diventa più chiaro.
Autore: Giacomo Pisani
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