Mi sono per lungo tempo astenuto dal commentare la situazione politica molfettese, forse anche per evitare l’imbarazzo legato all’incapacità di leggere un processo quantomai frastagliato e poco decifrabile.
Il fallimento di un proposito, nel centro-sinistra, di discussione di un progetto e di una visione di città, che interpretasse le esigenze e le peculiarità del momento storico che la città sta vivendo, e da cui emergesse una figura che sintetizzasse la prospettiva politica nel passaggio elettorale, ha determinato una frammentazione terribile. Quel fallimento è riconducibile alla fine del cantiere del centro-sinistra, inaugurato da PD; SEL e Rifondazione Comunista, insieme a movimenti e associazioni. Da allora, le dinamiche di designazione dei candidati, proprio perché staccate necessariamente dal processo di discussione e di sintesi politica, hanno seguito la direzione inversa. Nonostante questo, è impossibile negare che il coinvolgimento della società civile è avvenuto. Questo proprio a seguito dell’individuazione di Paola Natalicchio come candidato di SEL, PD e Movimento delle Donne, grazie alle capacità del candidato e ai temi politici in gioco.
Ma sarebbe ingiusto non riconoscere a Rifondazione Comunista un radicamento forte nel territorio, frutto della presenza nei vari momenti di partecipazione e di attivazione cittadina, sui fronti della cultura, del consumo del suolo, ecc. E, del resto, anche il movimento civico “Linea Diritta” ha coinvolto numerosissimi giovani, grazie al rigore con cui Bepi Maralfa si batte sul tema della giustizia e della legalità che, per quanto non possa essere assolutizzato, si rivela a Molfetta, in questo periodo, di particolare urgenza.
Forse, allora, l’errore che ha impedito l’unità della sinistra è proprio nel metodo, che anziché partire dalla discussione per fare sintesi, ha tentato di unificare a posteriori, in maniera spesso forzata, a causa del fallimento iniziale. Un fallimento fondamentale, che ha evidenziato l’incapacità di elaborazione e di confronto, a cui solo la chiusura ha potuto porre rimedio, subordinando la partecipazione alla scelta del “leader”, che in nessun caso ha saputo portare fino in fondo la proprie funzioni unificanti.
L’idea delle primarie, lanciata da Paola Natalicchio, è allora una sfida fondamentale per tutto il centro-sinistra. Non è il rimedio universale, perché le colpe andrebbero rintracciate mesi addietro, ma certamente un “correttivo” utile. Che cerca di ricostruire a posteriori ciò che doveva essere posto come base di partenza per ogni progetto politico alternativo al centro-destra. Quello di una sinistra forte, radicata nel territorio, animata da un’idea di città, che rimettesse in questione le logiche affaristiche di amministrazione degli spazi, che vedesse nel lavoro il fattore fondamentale di realizzazione della persona, che riconoscesse nella cultura il momento peculiare di maturazione dello spirito di una comunità.
Tutto questo doveva essere la premessa. Ma le primarie possono provare a rimettere i temi politici alla discussione con la cittadinanza. Quella che doveva essere protagonista delle decisioni dal primo momento ma che, nonostante tutto, continua ad aver voglia di cambiare pagina. Per concedere a Molfetta un nuovo inizio.
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