Recupero Password
Le parole, i silenzi di Ada De Judicibus Lisena
15 aprile 2010

L’Università della Terza Età ha promosso un incontro con la scrittrice Ada De Judicibus Lisena. Introdotta da Elena Germano Finocchiaro, presidente, la poetessa molfettese ha letto alcune sue liriche e dialogato con il numeroso pubblico presente alla manifestazione. La scelta dell’autrice ha privilegiato i componimenti più recenti, aprendosi a un ampio ventaglio tematico e off rendo, allo stesso tempo, un accessus alla sua lirica. È una poesia, quella della De Judicibus, che attinge all’inesprimibile miracolo della grazia. Il rovello interiore e la tensione metafi sica, che pure non mancano, non si traducono mai in fredde, intangibili meditazioni intellettualistiche; il dolore è distillato e goccia dopo goccia si trasfonde in nitore, acquista persino levità. È un ininterrotto dialogo con il cosmo e le sue creature, fecondato dall’amore per le lettere, che ne costituiscono il fertile substrato. Così l’omerica e mimnermea similitudine delle foglie è rievocata per essere negata e il destino dell’uomo è assimilato al capriccio di un bimbo che lancia sassi nelle acque. La vita parrebbe, dunque, perdere di senso, ma, in una sorta di agnosticismo in attesa, una forza salvifi ca sembra attenderci al varco. È il potere dei sogni, di quell’“andar per l’aria” che affi ora nel bonario e colorito imprecare della nonna della scrittrice (“Ca digghye sci pee l’àrie”) e rappresenta la salvezza-condanna di ogni poeta. Esso si traduce nell’attitudine “astratta stupita”, “acchiappanuvole”, che Ada riconosce in sé nel momento in cui si paragona alla maschera di un dipinto di Ensor, “quella che non sogguarda la Piuma Rossa”... Di quel mondo di arcano incanto (un dominio che ha la misteriosa consistenza delle nubi) la De Judicibus diviene vestale: ciò appare evidente nel ‘dittico’ ai nipoti. Dopo aver varcato, “vecchia Alice”, il “gran reame” dell’informatica, con la nipote a farle da maestra (“È dolce, bambina, / - strano e dolce - / che la tua età sia maestra alla mia”), pur attratta dalla terra “sconfi nata, enigmatica” che il mondo multimediale dischiude, come un’antica sacerdotessa Ada ‘farà voti’ perché il nipote Francesco possa preservare in sé il magico dono della “tenerezza”. Perché in un’era meccanica, non si meccanicizzi persino il battito del cuore e non si disperdano nel vento gelido degli ingranaggi “le voci dai secoli”. Così anche la Molfetta che la lirica della De Judicibus rievoca ha il fascino misterioso di madie profumate di pane; nei suoi vicoli risuonano arie da melodramma o voci da venerdì santo. Finanche i gabbiani rinviano a presenze violate dall’infamia della storia, quelle monacelle annientate nell’ebbrezza di un abbraccio giudicato colpa. La poesia di Ada è anche intimamente civile: s’indigna per gli abusi che deturpano l’infanzia, privandola del senso di gioiosa meraviglia, che sempre la coglie al cospetto del cosmo. Medita con paronomastico, petrarchesco “amore amaro” (o magari catulliano “odio/amore”), su un’Italia Patria e allo stesso tempo madre svagata che “per vizio e frivolezza si svende”. L’invettiva di una fi - glia, innamorata della genitrice “mistica e oscena”, si eleva con pathos composto e innegabile decoro. È il dono di una poesia preziosa che s’incide nella coscienza, vivifi - cata dal “fascino dell’interiorità” di un’anima pudica e gentile.

Autore: Gianni Antonio Palumbo
Nominativo  
Email  
Messaggio  
Non verranno pubblicati commenti che:
  • Contengono offese di qualunque tipo
  • Sono contrari alle norme imperative dell’ordine pubblico e del buon costume
  • Contengono affermazioni non provate e/o non provabili e pertanto inattendibili
  • Contengono messaggi non pertinenti all’articolo al quale si riferiscono
  • Contengono messaggi pubblicitari
""
Quindici OnLine - Tutti i diritti riservati. Copyright © 1997 - 2025
Editore Associazione Culturale "Via Piazza" - Viale Pio XI, 11/A5 - 70056 Molfetta (BA) - P.IVA 04710470727 - ISSN 2612-758X
powered by PC Planet