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Lavoro, cronaca di una selezione… annunciata Una collaboratrice di “Quindici” tra gli aspiranti all'assunzione di un'impresa nazionale per vedere da vicino come viene reclutato il personale
15 luglio 2005

Già dai primi giorni di giugno, a Molfetta ma anche in alcuni paesi limitrofi come Terlizzi e Bisceglie erano comparsi numerosi manifesti con cui la Fastweb, nota azienda di telefonia e altro, cercava, in maniera generica, personale da inserire “nei propri uffici commerciali” di prossima apertura a Molfetta. Chi ha un minimo di esperienza nella ricerca di un impiego è sempre un po' scettico di fronte a questi annunci di lavoro diretti e un po' eclatanti: si tratta, il più delle volte, di attività di vendita penalizzanti e mal retribuite, in genere il classico “porta a porta” che crea disagio e ansia in chi lo subisce ma anche in chi lo “impone”, però non bisogna dimenticare che con la mancanza di informazioni precise e richieste dettagliate, si fa leva sulla curiosità e sul bisogno di saperne di più da parte di chi legge e si tende ad intercettare il più alto numero di aspiranti candidati, obiettivo fondamentale per l'azienda che già mette in conto di perderne molti per strada. Lunedì 13 giugno 2005, ore 9,30: telefono all'hotel Garden di Molfetta per chiedere conferma dell'inizio della selezione e, avuta risposta positiva, corro anch'io ad infilarmi nel mucchio di coloro che cercano lavoro per “realizzazione personale, motivi economici, bisogno di nuove esperienze, desiderio di operare in un'azienda in forte espansione, ecc.” (risposte standard da usare all'occorrenza e di cui mi sono spesso servita…). Una sala dell'hotel, alle 10 e pochi minuti, è già gremita di gente (più di una cinquantina di persone che diventeranno circa centocinquanta a fine giornata) che chiede, aspetta, s'informa: si tratta soprattutto di giovani, forse al primo impiego e forse no, ma sono numerosi anche coloro che tanto giovani non sono, quarantenni in difficoltà, di entrambi i sessi, dall'aria disincantata ma anche speranzosa, trentenni che magari vivono ancora con i genitori, madri di famiglia che “ormai i miei figli sono cresciuti, posso ricominciare a lavorare”, padri di oltre cinquant'anni che “mio figlio è laureato, vuol cominciare a guadagnare”, studenti che cercano un lavoro per il periodo estivo, ragazze simpatiche e colorate che non vogliono più chiedere soldi ai loro genitori e con i quali litigano spesso proprio per questo, persino giovani coppie con bambino piccolissimo al seguito. Una ragazza addetta alla reception distribuisce delle schede numerate che bisogna compilare con i propri dati anagrafici, titolo di studio, curriculum vitae: muniti di tale scheda si terrà il colloquio di lavoro con la persona addetta alla selezione e che, pensiamo, deciderà del nostro futuro. In realtà non è affatto così: all'interno di un'altra sala il selezionatore, unico su quattro persone dipendenti della Fastweb e lì presenti non si capisce per fare cosa, vi dà un'occhiata rapida e superficiale e poi si limita a parlare, in maniera vaga dell'azienda, rimandando al giorno successivo le spiegazioni e le risposte a quanto gli viene chiesto dai candidati. Inizialmente i colloqui sono individuali e durano una ventina di minuti, poi, con il passar del tempo, entrano gruppi di due ma anche di tre persone e restano all'interno anche solo cinque minuti: mi chiedo cosa facciano, cosa dicano, forse si limitano a salutarsi. E' davvero una selezione di lavoro o una semplice farsa che il caldo, la fame, la sete, la leggera ostilità che si respira tra gli stessi candidati, un certo scetticismo che comincia a serpeggiare rendono sempre meno allegra? Finalmente arriva il mio turno e alle 12,30 entro con due ragazze, una ragioniera disoccupata e una dipendente di un'impresa di pulizie che pare abbia diversi problemi di vario genere e di cui comincia immediatamente a parlare. Scelgo la strada del silenzio e ascolto sbigottita frasi del tipo “cosa aspettate ad unirvi a noi che possiamo cambiare la vostra vita”, “l'aspetto gradevole è un requisito fondamentale” (mi chiedo come debba sentirsi uno che non lo abbia e cosa intende lui esattamente per aspetto gradevole e ancora perché, chi ne fosse privo, non dovrebbe avere accesso al mondo del lavoro), “avete aspettato molto tempo, ma ne è valsa la pena” (per cosa?). Ci chiama per nome e tenta di creare un clima di familiarità ma, o per stanchezza o per tattica aziendale, non ci dice chiaramente che si tratta di un'attività di vendita e che verremo sguinzagliati, come cani sciolti, sotto il sole estivo, per tre mesi, alla ricerca di persone o famiglie cui proporre contratti telefonici in un periodo dell'anno in cui a bussare alla porta di qualcuno si rischia, come minimo, di essere accolti con improperi e insulti della peggiore specie. Il giorno successivo il numero dei partecipanti al corso si è ridotto di un terzo (dove sono tutte le persone che si erano presentate ininterrottamente fino alle venti del lunedì per essere, a loro dire, esaminate? ci hanno ripensato? non sono state chiamate?) ma l'ottimismo, la curiosità, un atteggiamento senz'altro positivo prevalgono ancora, soprattutto quando ci viene detto che non si praticherà il porta a porta (sarà poi vero?) e che i contatti con la potenziale clientela avverranno su segnalazione e appuntamento prefissato da una società esterna di telemarketing che collabora con la Fastweb. Non si prevedono rimborsi spese né fisso mensile per i tre mesi di prova: vale a dire che se non si stipula alcun contratto non viene riconosciuto il tentativo di vendita, la visita al cliente, il lavoro di illustrazione, presentazione e proposta comunque effettuato. A una mia rimostranza a riguardo, uno degli operatori risponde che la Fastweb “non retribuisce la presenza” come se si potesse definire tale lo scontro-incontro con una clientela resa smaliziata e diffidente dalle numerose proposte offerte dal mercato odierno e continuamente tartassata da offerte commerciali di ogni tipo. L'obiettivo dell'azienda è di 60 abbonamenti in 30 giorni per ogni venditore; si prevedono 5 appuntamenti al giorno e ogni contratto base venduto viene retribuito con 45 euro. Il mercoledì siamo ancora di meno, forse una trentina, e a poco serve essere salutati dalla frase “sono rimasti i migliori”: siamo tutti pervasi da uno strano senso di frustrazione e di smarrimento, pensiamo ai libri letti e agli anni trascorsi a studiare, alla laurea presa o che avremmo dovuto prendere, all'ansia che ci provocherà il correre di qua e di là tra gente che pensa a tutt'altro, ai tanti lavori che ci sarebbe piaciuto fare e per i quali siamo più portati ma che non abbiamo trovato pur avendoli ostinatamente cercati. I nostri visi esprimono stanchezza e delusione ma non quelli di diversi ragazzi che, pieni di vita e di energia, nella pausa caffè ammettono di vivere questa occasione come una sfida personale, un'occasione in cui poter misurare se stessi e le proprie capacità, infatti chiedono, s'informano, fanno conteggi e progetti, pianificano già la loro attività futura. Sembrano avere il mondo tra le mani ed è giusto che sia così altrimenti chi svolgerebbe lavori di questo tipo? Il selezionatore sottolinea che nell'ufficio di Bari ci sono dei ragazzi in gambissima che “stanno conquistando la città e verranno qui a darvi una mano”, “ci occorreranno anche degli ispettori e dei responsabili d'ufficio, non demordete”. Per il venerdì successivo è prevista una visita generale all'ufficio in cui dovremmo operare e che dovrebbe diventare il nostro quartiere generale: accogliamo la notizia con una certa indifferenza certi che non tutti ci rivedremo ora che ne sappiamo di più. Andiamo via a gruppi sparsi, scambiandoci ancora pensieri e riflessioni come studenti all'uscita di scuola negli ultimi giorni dell'anno. Una ragazza pensa già ai suoi due bambini che l'aspettano per il pranzo, la ragioniera di cui sopra chiama al cellulare il padre affinché venga a prenderla e mi confida che forse riprenderà un vecchio lavoro che aveva lasciato, una donna separata che non voleva più gli alimenti del marito mi dice sconsolata che, purtroppo, dovrà continuare ad accettarli. Molti sogni non hanno fatto in tempo a decollare, altri si sono fermati a metà, altri ancora hanno preso il volo e senz'altro si realizzeranno: in fondo basta crederci e lottare anche solo un po' affinché questo accada.
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