“La tenerezza dell’errore umano” quando l’errore diventa opportunità
“Siamo al mondo per essere veri, non perfetti”, recita l’aforisma di un noto letterato, Erich Linder. Ed è la verità, la vita non è una performance, non si può eccellere sempre e in tutto, pretendere di non inciampare o cadere mai. Quella si chiama perfezione e si sa che non esiste, non è una caratteristica appartenente alla nostra specie. E’ l’anelito ad essa che probabilmente non dovrebbe mai mancare ma, di fatto, tutta la strada che percorriamo è segnata anche da piccole, medie o grandi buche che ci insegnano prima e ricordano poi, che vita non è solo sinonimo di asfalto liscio ma anche di intoppi, ostacoli. A volte questi ostacoli non sono rappresentati da situazioni improvvise che vengono a crearsi o che si presentano così, quasi dal nulla sul nostro cammino, ma sono dei veri e propri errori che compiamo, consapevolmente o meno. E questo capita a tutti ma non sempre siamo disposti a comprenderci e perdonarci. A volte su questi errori ci sbattiamo la testa, ci incaponiamo, ci avviliamo e ce la prendiamo con noi stessi, vorremmo quasi tirarci degli schiaffi. E così attraversiamo quella fase, la cui durata è del tutto soggettiva, chiamata fallimento, dove proprio non ci rassegniamo al fatto che sì, abbiamo sbagliato. E chi è esterno a noi, nel vederci, magari sente chiaramente quella sensazione e molto prima di quando poi la realizzeremo noi: la tenerezza. Qualcosa di buono che esce fuori da qualcos’altro di apparentemente negativo come un errore e che noi riusciamo a percepire solo come tale perché assorti dal nostro, personale, interno, uragano di giudizi, critiche e rimproveri. E’ questo il tema sul quale Giuseppe Ghiro, pittore barese classe 1995, incentra le sue opere che danno vita alla sua seconda mostra da protagonista, dopo aver precedentemente partecipato ad alcune collettive, nella cornice mistica della chiesa della Morte o Santa Maria del Pianto, sita nella Città Vecchia. Nel nome della mostra, “La tenerezza dell’errore umano”, è infatti racchiuso il messaggio che l’artista vuole trasmettere al pubblico, quello cioè di non restare fermi al senso di fallimento che potrebbe provenire da uno sbaglio, né alla visione negativa che ne deriva ma di percepirlo come un’opportunità, per far meglio alla prossima occasione, sicuramente, ma soprattutto per comprendere e renderci consapevoli di come l’errore sia una componente imprescindibile della vita umana e del suo percorso e di quanto, per questo, sia inutile condannarlo. Piuttosto accettiamolo e accogliamolo, spinti dalla volontà di compiere un atto d’amore verso noi stessi, lasciandoci intenerire da esso, così da poterne cogliere il significato. La tenerezza, dunque, come strada maestra per evitare guerre contro sé stessi e per liberarsi da una prospettiva a senso unico sull’errore ma che vuole anche essere spunto di riflessione per raccontare quelli che, attualmente, sembrano essere gli errori umani più tristemente noti e frequenti come i danni sull’ambiente che hanno determinato il degrado della natura, l’errore capitalista che ha determinato povertà e i drammi dell’immigrazione dei quali è testimone il nostro mare, l’errore dell’uomo nei confronti della donna che genera violenza, femminicidi e maternità non desiderate, l’errore della corruzione politica e religiosa che disperde i valori etici e morali che dovrebbero essere alla base della nostra società. La mostra, curata da Chiara de Gennaro, è un’importante occasione per un giovane talento come quello di Giuseppe Ghiro, per scendere concretamente nel campo del mondo dell’arte al quale però, non è assolutamente sconosciuto. Egli infatti, dopo un’infanzia vissuta nel segno della passione per il disegno, si iscrive al Mons. Tonino Bello di Molfetta intraprendendo gli studi grafico-pubblicitari che, una volta terminati, lo porteranno a decidere di proseguire la sua formazione artistica presso l’Accademia delle Belle Arti di Bari, con indirizzo in pittura. Successivamente intraprenderà un viaggio in Francia, che lo porterà a stabilirsi a Parigi per un determinato periodo di tempo, e che gli permetterà di entrare in contatto col mondo dell’arte e della poesia, parigine. Al rientro, decide di interrompere gli studi accademici per dedicarsi alla partecipazione delle prime mostre, collettive e personali, grazie alle quali inizia a maturare una sempre maggiore consapevolezza della sua arte pittorica e ad affinare la sua produzione stilistica. Ad oggi, è pronto per nuove sfide artistiche e per continuare ad accrescere le proprie conoscenze e il proprio bagaglio ed è un privilegio che abbia iniziato a muovere i suoi primi passi, proprio a Molfetta. © Riproduzione riservata