La speranza si chiama Francesca: non archiviare la vicenda del Francesco Padre
Può il candore di una bambina arrivare al cuore dei potenti? Può la sua innocenza raggiungere un obiettivo perseguito da diciannove anni? E’ quello che tutti i molfettesi si augurano, da quella notte del 4 novembre 1994, quando il motopeschereccio Francesco Padre calò a picco trascinando con se cinque uomini e un cane. Francesca è solo una bambina ma conosce la storia del Francesco Padre perché la sua mamma gliel’ha raccontata. Francesca ha iniziato a immaginare i marinai come uomini con le pinne perché sono diventati pesci ma hanno le ali a forma di cuore perché ricordano i loro cari a Molfetta. Il motopesca ha la prua che sorride e su tutti veglia Leone, cane unico perché ha pinne e ali e li ha disegnati. Francesca, come è fisiologico per la sua età, è ben lontana dalla concezione del distacco, della morte e ha trasmesso questo suo pensiero alla mamma, Elvira Mastrorilli. Quatto mani hanno disegnato sequenze della vicenda del Francesco Padre, una vicenda viva e attuale nel cuore dei familiari, della città e di coloro che con passione, tenacia e attaccamento continuano ad indagare, ostinatamente e a chiedere che le indagini non si arenino, che non scadano i termini entro i quali le diplomazie dei Paesi coinvolti, devono rispondere. Il 5 e 6 settembre si sono tenute manifestazioni ed incontri non solo per ricordare onesti lavoratori ma anche per fare il punto delle indagini. Il giornalista Gianni Lannes ha illustrato, l’iter che ha portato alla pubblicazione del suo libro, nel 2009 a cura della casa editrice molfettese La Meridiana, Nato…colpito e affondato - la tragedia dimenticata del Francesco Padre, non racconto ma indagine giornalistica, seria circostanziata che ha causato attentati ed intimidazioni alla famiglia del giornalista ma che ha portato, sulla scorta di prove documentali, alla coraggiosa riapertura del caso da parte della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Trani. Lannes ha una mission: quella del giornalista che scopre e diffonde una verità, dimostra, con prove documentali come il motopesca, che giace a 243 metri sul fondo del mare, poteva essere recuperato. Non dimentichiamo che il DC 9 dell’Itavia fu recuperato anche se giaceva ad oltre 3.000 metri di profondità. Se il Francesco Padre non è stato immediatamente recuperato è per l’adozione di una scientifica opera di depistaggio. Analoga vicenda è stata infatti vissuta dalla Francia, la quale ha chiesto ed ottenuto la ricostruzione della dinamica dell’affondamento di un peschereccio della propria marineria. L’Italia non l’ha fatto lasciando inascoltate non solo le voci degli esperti, ma anche quelle dei familiari, facendo sì che fluttuassero per quasi due decenni in una coltre di dolore inenarrabile. La divulgazione della tragedia è proseguita grazie al maestro cantastorie Pietro Capurso il quale, con partecipazione e trasporto ed in vernacolo, ha raccontato durante le due giornate delle manifestazioni, la storia di ignari uomini che sono partiti per il loro ultimo viaggio. Appuntamento, nella serata del 6 settembre alla Fabbrica di San Domenico ove il sindaco, Paola Natalicchio, la responsabile della casa editrice La Meridiana Elvira Zaccagnino, il Vescovo Mons. Luigi Martella, l’avvocato di parte offesa Nicky Persico, le autorità militari, l’Associazione armatori e Maria Pansini, in rappresentanza del Comitato Francesco Padre - Verità e Giustizia, hanno condiviso con i presenti momenti di personale esperienza e i sentimenti di rabbia verso una verità non pronunciata e l’auspicio di uno start alle indagini. Il sindaco ha riconosciuto l’impegno morale ed economico delle passate amministrazioni, assicurando continuità e partecipazione alle indagini, anche per testimoniare il rispetto verso una categoria che conta settemila marittimi attivi solo a Molfetta. Il vescovo mons. Martella, già promotore della pubblicazione sul settimanale diocesano Luce e Vita del 1° settembre di un articolo dedicato alla vicenda (L’imperativo della verità), ha citato l’evangelista Giovanni il quale affermava che solo la verità ci renderà liberi. L’avvocato Nicky Persico ha ripercorso le contraddizioni, gli impedimenti e gli ostacoli incontrati in questi anni dal punto di vista professionale ed umano ed ha ricordato l’impegno profuso da tutti, tutti coloro che hanno collaborato alle indagini. Maria Pansini, da 19 anni aspetta di porre fine a questa storia, e ogni volta ne parla col pudore di chi soffre. Maria ha ricordato la costanza e l’impegno di tutti coloro che alla vicenda si sono avvicinati col tempo, di coloro che lavorano, dalla Procura, agli investigatori, avvocati, periti, tutta la Marina militare, i tre palombari che si sono immersi per ore cercando di trovare prove, passando poi a tutti coloro che continuano a gridare insieme a lei per la verità, a quelle persone che durante la serata hanno dedicato il loro tempo e la loro professionalità, augurandoci sia ripagata per auspicandoci di non subire un’ennesima sconfitta. La serata è proseguita con la performance musicale degli Os Argonautas che proporrà alla Commissione artistica di Sanremo Giovani un brano dedicato al Francesco Padre, il cui video è stato girato nel nostro porto grazie anche alla disponibilità delle società armatrici dei motopesca Maria Domenica e Marianna. Infine l’omaggio del Teatro dei Cipis, coinvolgente. Scopo delle giornate è stato quello di sensibilizzare la cittadinanza verso una vicenda che rischia di concludersi con una archiviazione. E’ stata mostrata la cartolina da inviare al Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, illustrata da Elvira Mastrorilli e Francesca, affinché vengano sollecitate le risposte attese da anni alle richieste di rogatorie internazionali e non decadano i termini concessi all’indagine e si proceda all’archiviazione. Durante i festeggiamenti in onore della patrona Maria Madonna dei Martiri, i pescherecci hanno affisso il nome “Francesco Padre”, accanto agli addobbi utilizzati durante i festeggiamenti, espressione non solo di solidarietà ma anche totale adesione alle richieste di verità e giustizia dei familiari dell’equipaggio. Cosa può fare ancora la cittadinanza? L’obiettivo da raggiungere è la sottoscrizione e l’invio al Presidente della Repubblica delle cartoline. Le cartoline sono tuttora in distribuzione presso la sede de La Meridiana e possono essere richieste anche al Comitato Francesco Padre Verità e Giustizia. Un gesto piccolo ma di grande valore, una speranza che è auspicio: mettere la parola fine, ma questa volta quella giusta, ad una vicenda che ha fermato quella notte del 4 novembre 1994 le vite di mogli, madri e figli di quei cinque uomini vegliati da Leone, per cercare di restituire loro una serenità che solo la verità può donare.