MOLFETTA - Al di là delle responsabilità specifiche, su cui non è qui nostra intenzione soffermarci, le recenti elezioni del Presidente della Repubblica hanno portato in luce le contraddizioni di una coalizione e, in particolare, del PD. Indipendentemente dalle ragioni, di per sé oscure, che hanno spinto il PD a non sostenere Stefano Rodotà, la debolezza d’identità del PD si è rivelata nella maniera più eclatante. L’incapacità di riconoscersi univocamente in una scelta politica così importante, ha fatto emergere l’inconciliabilità di istanze che per troppo tempo sono rimaste latenti. Fino a quando non si è giunti ad uno snodo cruciale, di fronte al quale non c’è stata via di uscita, se non quella di tornare indietro, riesumando Napolitano, salvo perdere, strada facendo, mezza dirigenza e numerosi pezzi del partito.
A Molfetta la situazione è diversa, si dice. C’è una candidata, Paola Natalicchio, che sta entusiasmando la città, con uno spirito nuovo e una ritrovata capacità d’iniziativa.
E’ necessario, però, anche a livello locale, prestare particolare attenzione al momento politico di sintesi, anche in questo caso fondamentale. L’onestà e la genuinità della candidata non possono favorire di per sé il superamento del momento di elaborazione e di mediazione fra le varie anime che compongono la coalizione.
E’ necessario realizzare una sintesi politica in grado di opporsi fermamente alla destra azzolliniana guidata da Ninnì Camporeale, e che sappia resistere solidamente anche nei momenti di scontro. La foga anti-azzolliniana, che spinge a mettere insieme pezzi anche molto distanti del centro-sinistra molfettese (da elementi di matrice movimentista a eredi della tradizione democristiana) rischia di esplodere al primo snodo cruciale, se non mediata e unita attorno ad un progetto condiviso. La presenza di una figura unificante è certamente un ottimo presupposto, ma la sintesi deve avvenire poi sul piano politico, che rischia altrimenti di far saltare l’equilibrio iniziale.
Questo rischio non sembra riguardare le proposte di Bepi Maralfa e di Gianni Porta, che rappresentano due nuclei compatti e ben caratterizzati. Ma il problema si presenterà ugualmente, in maniera forse più forte, al momento dell’eventuale ballottaggio, visti i già falliti tentativi di compattazione preliminari.
E’ necessario, allora, cominciare a spostare l’asse ella discussione dalle questioni di principio, legate alla necessità di scacciare Azzollini e la destra, al piano politico, e in particolare a quelle questioni- dall’urbanistica alla cultura, dal nuovo porto al settore produttivo- che possono costituire degli “snodi cruciali”. Di fronte a queste questioni – che meritano, più che disquisizioni astratte, delle disamine attente delle dinamiche specificamente molfettesi- non basta un leader unificante, ma è necessaria una visione condivisa, che resista agli urti più minacciosi.
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