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La riforma che ruba al futuro, i giovani del Pd di Molfetta e l'università
06 dicembre 2008

MOLFETTA - Fredda serata, freddo futuro, incontro caldo, argomento bollente. E' il 5 dicembre, è passato un po' di tempo dall'approvazione della riforma ma il PD ancora non si arrende. Il manifesto del partito che si è visto per le strade è emblematico: “prospettiva sull'università”; su questo il PD di Molfetta si interroga e si chiede se davvero all'università è concesso un futuro o una perenne protesta. Gli ospiti rappresentano l'intera scala gerarchica universitaria che si snoda da docenti a “semplici” studenti. Antonio Valentini, studente universitario di giurisprudenza, sembra non percepire il termine “semplice” e in un monologo culturale, attacca la riforma su due punti. “E' mancata una vera e propria razionalizzazione” dice, criticando aspramente la scelta della ministra Gelmini di non inglobare un confronto tra docenti e studenti. Lo studente è consapevole dei fondi mal gestiti, del taglio irrazionale e del rifiuto di una riforma che valorizzi l'università come fulcro di una nazione dedita al progresso. Egli tocca argomenti di cui si parla spesso: meritocrazia, riqualificazione della spesa, veri obiettivi spesso citati ma mai rispettati. I suoi quindici minuti passano velocemente e la parola ora spetta a Davide De Candia, dottore di ricerca in Politiche Comparate, il quale si presenta come un reduce universitario, o meglio come un osservatore meravigliato. Davide specifica: “la riforma Gelmini non nasce dal nulla”, rendendosi conto di come essa sia nata da un solco tracciato da tempo. Reclutamento degli studenti indiscriminato, reclutamento docenti, sono gli argomenti che tocca paragonandoli alle medie europee: la classica “fuga dei cervelli” a questo punto, sembra consequenziale. Infatti il futuro economico degli studenti all'estero è molto più florido di quanto non lo sia in Italia. “Per non parlare, conclude, di quanto in Italia siano sottovalutate le discipline umanistiche”. Dato che come egli stesso dice “il tempo è democratico”, la parola passa a Cosimo Altomare, direttore del dipartimento Farmaco- Chimico dell' università di Bari. Altomare sciorina la riforma come la medicina somministrata peggiore del male stesso. “Bisogna sottoporre a verifica ogni punto dell'università, ma questa riforma mette in pericolo il sistema intero”. Attraverso una serie smisurata di dati sconcertanti, ricalca la figura di un'università malata di clientelismo e nepotismo. La verità che il docente esplica è una mancata selettività nella ricerca delle eccellenze italiane e un'università che può rispondere alla sfida del futuro se ben disciplinata: “il numero di docenti è enorme ma nel rispetto delle medie europee, la differenza si ritrova semplicemente in una mal distribuzione degli stessi”. La moderatrice Francesca Lunanova, professoressa di lettere e filosofia, in balia del fenomeno della precarietà, sfiora gli animi dicendo: “Ho avuto l'impressione di essere stata lasciata andare, che nessuno nell'università mi abbia trattenuto”. La parola finale viene espressa dal docente presso la facoltà di lettere e filosofia dell'università di Bari Stefano Bronzini, che affronta il problema con sarcasmo e aneddotica. “La modernizzazione non è un treno da cui si scende e si sale quando si vuole” esclama il docente, snodando le sue argomentazioni in esempi calcanti un'università che cade nel baratro. Bisogna investire, secondo lui nella ricerca che produce la nostra quotidianità; lo stesso incentra il problema sull'investimento, sulla produzione editoriale che dà dati falsi, e specifica: “ vogliamo un'università che guardi non noi, ma gli studenti, perché gli stessi ci consegnano sogni, speranze e ambizioni”. La riforma così non crede in un oggi possibile rivoltando la situazione già precedentemente negativa, in una direzione di arretratezza e regresso a cui il PD risponde. E' una riforma che ci ruba il futuro.
Autore: Roberta Petronelli
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