La profezia di don Tonino: fra 25 anni darò io qualcosa a voi
Quando Tonino ebbe la cittadinanza onoraria di Molfetta e il sigillo d’onore disse: “Adesso siete voi che date qualcosa a me. Fra 25 anni darò io qualcosa a voi”. Ed è venuto il Papa a Molfetta. Questa è una profezia. Comincia così il nostro incontro ad Alessano con Trifone Bello, fratello di don Tonino. Qual è il significato per voi della famiglia di questa visita del Papa? «Noi l’aspettavamo e quando il 13 marzo del 2013 fu eletto il Papa Francesco, notai subito quel suo modo di presentarsi dicendo “Buonasera!” ed esclamai: “questo assomiglia a Tonino”. Non si sono mai conosciuti ma Papa Francesco sapeva tutto di lui. Il merito di questa venuta è del vescovo Cornacchia. Noi abbiamo avuto la fortuna e la gioia di essere salutati dal Papa. E’ stata una cosa grande la sua venuta e passerà alla storia». La famiglia come ha vissuto questo momento? «Io e mia figlia piccola Francesca, per alcune notti non siamo riusciti a dormire. Si pensava a quello che avemmo potuto dire, fare. E’ una cosa che non si può descrivere. Quando a maggio dello stesso anno ho saputo che il vescovo Cornacchia aveva invitato il Papa ero fiducioso. Sapevo che avrebbe accettato l’invito». Che effetto fa avere un fratello santo? «Io e mio fratello Marcello abbiamo avuto sempre la sensazione, soprattutto dopo la sua morte, che Tonino non fosse un uomo comune. Questo processo di beatificazione è una cosa che ci sta toccando. Adesso stiamo comprendendo quello che Tonino era, quello che è e quello che sarà. E’ stato sempre un vescovo fuori dalle righe. Forse ora si stanno ricredendo un po’ tutti. Anche se questo a me dà un po’ fastidio, adesso Tonino lo stanno sdoganando, come se prima fosse stato prigioniero di qualcuno o di qualcosa. Ma Tonino è sempre stato così. Io ho avuto la fortuna di seguirlo nei suoi viaggi. A Sarajevo non avevo capito bene cosa volesse fare. Tonino andava lì per la gente. Ricordo quando tornando dall’Australia, in aeroporto qualcuno gli chiese: “Eccellenza come sono andate le ferie?”. E Tonino rimase male: lui non le considerava ferie, andava lì per incontrare la gente. In Australia stanno bene, invece in Argentina la gente ha bisogno di tutto. Peccato che allora io non abbia afferrato il senso di ciò che Tonino voleva compiere: lo sto capendo adesso. Avere un fratello così è qualcosa di bello. Quando c’è stato il sentore che il Papa sarebbe venuto, c’è stata una pioggia di interviste, tanti giornalisti sono venuti da noi. A me non dico che questa cosa dia un po’ fastidio, ma mi sono rivolto al Signore e ho detto: speriamo ci preservi dalle polemiche perché ne sono scoppiate tante in passato». In uno scritto, don Tonino diceva: io voglio diventare santo. «Il suo messaggio è ancora attuale e la gente lo ha capito. Alcuni mesi fa è stato qui Pippo Franco, l’attore. Eravamo al cimitero. Mi guardava e aveva capito che ero il fratello di don Tonino e voleva parlare con me. Stava telefonando, poi ha poggiato il telefono sulla fotografia di Tonino e mi ha detto: “c’è mia moglie che sta parlando, sta parlando con don Tonino”. La gente ha bisogno di questi nuovi santi, li vuole toccare con mano». Il Papa ha anticipato qualcosa sulla beatificazione di don Tonino? Cosa vi ha detto quando vi siete incontrati? «Anche io mi aspettavo che Papa Francesco dicesse qualcosa ad Alessano o a Molfetta. Non ha detto nulla, ma sono convinto che questa venuta anticiperà i tempi, anche perché la fase diocesana è stata completata. Si aspettano i miracoli, non da malattie, perché i miracoli ci sono già, come riconosce la gente: ecco il significato di questa venerazione. C’è un disegno divino fin dall’inizio, da quando è diventato sacerdote. Tonino era un uomo fuori dal comune. La cosa che mi ha colpito il giorno del suo funerale è stato vedere tutta quella gente che era lì per lui. Cosa ha fatto Tonino per loro? Ha voluto bene a tutti, credenti e non credenti, ricchi e non ricchi, colti e non colti. E’ stato sempre così fin dall’inizio. Ricordo quando era ancora sacerdote e c’era il problema degli sfrattati. Lui andò dal vescovo Mincuzzi e disse: “Eccellenza io vorrei ospitare qualche famiglia di sfrattati”. E il vescovo gli rispose: “fallo”. E Tonino pronto: “l’ho già fatto!”. Questo era mio fratello, l’amico di tutti, l’amico degli ultimi». © Riproduzione riservata
Autore: Felice de Sanctis