La prego signor ministro non offendiamo
Con estremo rispetto per il ruolo istituzionale, verrebbe da rivolgersi così al ministro della Pubblica Istruzione Mariastella Gelmini dopo le dichiarazioni delle ultime settimane. Sono anni che si fa un gran parlare della riforma scolastica, che si accavallano le sperimentazioni – ardite e non – e sono anni che i docenti si ritrovano a settembre ai nastri di partenza per il nuovo anno scolastico con sempre meno certezze, cambiamenti continui, rimpalli esasperanti, eppure pronti ad entrare nelle classi per fare il proprio lavoro. Ci mancavano giusto le offese, che hanno vivacizzato questo ultimo scampolo d'estate. “[…]la scuola deve aprirsi al contesto territoriale e alzare la propria qualità abbassata dalle scuole del Sud”: il ministro pare abbia replicato così alle dichiarazioni del leader del Carroccio che auspicava “l'istituzione di corsi intensivi in Sicilia, Puglia, Calabria e Basilicata per professori terroni colpevoli di martoriare i ragazzi del Nord”. La categoria ha un altro rospo da mandar giù, ma i commenti sono stati feroci: i blog sui quotidiani on-line traboccano di interventi di docenti indignati, tra colleghi si commentano le dichiarazioni con disgusto, tra i giovani insegnanti (la maggior parte dei quali precari) si grida allo scandalo. Se si pensa infatti che oggi l'accesso alla professione docente è garantito esclusivamente da un pletora di concorsi, corsi e specializzazioni viene quasi da sorridere alle parole del ministro e, con grande signorilità, si ignorano quelle di Umberto Bossi. La nostra città, in particolare, è da anni ricca fucina di insegnanti “con la valigia”: Angelisa, Ester, Isabella, Michele e Simona, Donato, Giuseppe, Matilde, Agnese… tanto per citarne alcuni; Bergamo, Milano, Vicenza, comprese di provincia, solo alcune delle sedi scelte. Alcuni di loro sono tornati dopo alcuni anni, altri hanno deciso che la loro vita sarebbe continuata lontano da Molfetta definitivamente. Sacrifici, scelte sofferte e spesso dettate dalla mancanza di prospettive professionali in determinate regioni piuttosto che in altre che, chi dovrebbe rappresentare e tutelare la categoria apostrofa nel peggiore dei modi, sminuisce e denigra. A fare da contraltare a questi paradossi tipici di uno Stato dalla debole identità politica e istituzionale, per fortuna c'è sempre il quotidiano, costituito dalle scuole nelle quali tutti coloro che sono stati citati, così come i tantissimi di cui i nomi non sono stati fatti, vivono ed esaltano la loro professionalità docente, accogliendo e guidando tanti ragazzi, facendo nascere dentro di loro passioni, indirizzandoli verso percorsi formativi importanti, facendoli crescere e crescendo a loro volta. Per far questo non servono “corsi intensivi”, per far questo non basta essere adeguatamente qualificati: non si impara a diventare insegnante purtroppo, non c'è scuola o corso che lo possa insegnare. Ci sono stati, ci sono e ci saranno sempre buoni e cattivi insegnanti così come ci sono stati, ci sono e ci saranno sempre buoni e cattivi artigiani, buoni e cattivi medici… buoni e cattivi ministri.
Autore: Francesca Lunanova