La Prefabbricata di Levante intitolata a Vincenzo Valente
C'è la neve a salutare un nome che la scuola elementare prefabbricata di Levante ha rincorso per 37 anni. E il nome che ha trovato sabato dicembre, probabilmente scelto da un curioso destino, era lì da sempre, come scoperto da una alunna: perché forse solo la semplicità di una bambina poteva leggere il cognome di Vincenzo Valente, il dialettologo e letterato che Molfetta ha perduto lo scorso anno, già dentro la parola Levante. Lì dall'inizio: e magari, nella serata che la città ricorderà a lungo come quella dell'inedita nevicata, la scuola, che i bambini all'inizio dell'anno scoprivano “triste, perché priva di un nome”, si è solo, semplicemente, riconciliata con la sua storia già scritta. Una storia iniziata nel 1971, anche se il nome “Prefabbricata” giunge solo nel '75 e che porta a quest'anno scolastico, in cui conta 10 classi e circa 250 alunni. La targa con il nome di Vincenzo Valente viene scoperta alla presenza della sua famiglia, assieme ad un ritratto all'interno dell'istituto, al termine di un incontro che vede la partecipazione, oltre che del presidente di Circolo dott. Cosimo Sallustio, e della dirigente scolastica prof.ssa Nicoletta Paparella, che inizia augurandosi “che la scuola tragga dal proprio nome la propria identità, l'amore per la cultura, la voglia di crescere e appassionarsi”, anche del prof. Marco Ignazio de Santis (apprezzato collaboratore di Quindici), il quale, forte di una lunga e personale conoscenza del prof. Valente, ne ha traccia un appassionato ritratto. Che parte dal riferimento alla curiosa convivenza delle scuole “Rosaria Scardigno” e “Vincenzo Valente”, entrambi dialettologi, sotto l'ideale tetto dello stesso circolo didattico, il 5°: “Rosaria Scardigno e Vincenzo Valente si conoscevano e si stimavano molto, avendo anche collaborato insieme”. Ma sarebbe limitativo ricordare Valente soltanto come dialettologo: “Aveva un profondo amore per l' etimologia - precisa de Santis - ma intervallato con altri interessi, ad esempio la critica letteraria. Un suo saggio su Salvatore Quasimodo provocò addirittura una risposta e i complimenti diretti da parte del poeta per la sua analisi. “Ma il lavoro più completo è quello svolto come 'dantista'. Vincenzo Valente è stato uno dei più grandi studiosi dell'opera di Dante di tutta Italia, il che lo rende un uomo di cultura di livello nazionale. Ha curato oltre 400 voci della Enciclopedia Dantesca della Treccani: tra i nomi più importanti della cultura italiana a lui contemporanea, c'è anche il suo. Un nome molfettese”, spiega Marco de Santis. “Si è poi interessato anche al dialetto napoletano, ma soprattutto al latino medievale, tramite lo studio di documenti pugliesi, tra cui il Codice Diplomatico Barese, e addirittura croati. Spaziava fino ad occuparsi di ittionimia, dell'origine dei nomi delle specie marine, per trovare riscontri nell'antico dialetto”. Perché è fuori di dubbio che il suo grande amore, nonostante gli altri lavori, sia stato il dialetto molfettese. Un amore che per essere saziato attingeva ovunque, alla ricerca di nessi, di legami concettuali, di influenze: “dallo studio dei mestieri, alle indagini sugli antichi casali e sulle torri di Molfetta, alla collaborazione con in Centro Studi Molfettesi, del quale era socio onorario”. Ma se questo è il lato più noto dell'opera dello studioso, c'è una veste, che Valente teneva più nascosta, sempre legata al dialetto: quella aurorale: “Amò il dialetto anche come autore: tra le altre cose, negli anni cinquanta scrisse una serie di poesie satiriche, delle quali lui non faceva molta pubblicità”. Ed è proprio da una poesia, che Marco de Santis cita, che emerge la delicata e tenera visione del mondo di Valente: “Simme tutte pòvere criste / la Medònne n'av'assiste. / Do presepie de la pagàure / ésse nu chiede de criataure ”. Vincenzo Valente ammette candidamente che sarà la semplicità dei bambini a salvare il mondo: l'auspicio che questo nome sia di ispirazione per le prossime generazioni di piccoli che inizieranno in questa scuola il percorso per la loro istruzione, è ben riposto. Prima che una rappresentante delle insegnanti passi ad illustrare il lavoro svolto dai bambini dall'inizio dell'anno sul tema, gonfiando l'Aula Magna della loro tenerezza e ingenuità, c'è tempo per un ricordo anche personale del letterato molfettese da parte di Marco de Santis: “Era un uomo dal grande senso dell'umorismo. E poi, aveva una memoria smisurata. Conosceva a memoria la Divina Commedia, che recitava ai suoi alunni, tra lo stupore generale”. Chiude la giornata, - iniziata in mattinata con la cerimonia per i bambini e il lancio di una mongolfiera verso il cielo -, l'intervento di una delle tre figlie di Vincenzo Valente, emozionata, prima che si passi a scoprire la targa di intitolazione e il ritratto di suo padre, nella sera in cui la ex-Prefabbricata trova il suo nome più bello, scritto da sempre.
Autore: Vincenzo Azzollini