La povertà è anche un fatto culturale
Quanto all’impedimento costituito dalla povertà, per nessuno che abbia le capacità di operare nell’interesse dello Stato è di ostacolo la modestia di rango sociale. Sagge parole quelle di Pericle nel celebre epitaffio raccontato nelle “Storie” di Tucidide, che se fosse vivo potrebbe ritenersi soddisfatto nel leggere una sua citazione in una rivista mensile a conferma del fatto che i suoi scritti siano un possesso per sempre. Ma l’argomento in questione non è incentrato sul possesso, riguarda anzi proprio chi non possiede nulla ed è catalogato con quella grossa parola spesso utilizzata a sproposito: “povero”. A provare a darne una definizione è una volontaria della Caritas - Parrocchia Duomo di Molfetta (volutamente rimasta in anonimo) che si occupa quotidianamente della distribuzione di generi alimentari presso tutte quelle famiglie che ne hanno bisogno. Ecco la definizione che più la convince della parola “povero”: povero è chi ha bisogno perché privo di tutto, di famiglia, di casa, di mezzi, e soprattutto di cultura. La chiave di partenza secondo la volontaria sarebbe proprio quest’ultima: inutile professarsi meri benefattori di beni materiali se non si svolge un’azione di conforto, di supporto morale e di educazione finalizzata all’inserimento degli individui nella società. Come Pericle nel suo epitaffio, la volontaria sostiene che la povertà sia un problema nel momento in cui chi è povero non fa nulla per migliorare le proprie condizioni di vita ed uscire dalla propria situazione precaria. Solo così facendo il povero sarebbe meno povero, perché apprenderebbe un mestiere fino a praticarlo senza indugio per poi diventare ricco, moralmente oltre che materialmente. Ci si sofferma tanto, troppo, sulla povertà materiale e poco si pensa alla povertà più dilaniante che è invece quella intellettuale e spirituale, che purtroppo è meno evidente ma più penetrante. Ed è qui che entra in gioco la distinzione tra il vero povero e lo pseudo povero, argomento su cui la volontaria della Caritas insiste ritenendolo fondamentale. «Nella vita ho imparato a non lasciarmi impietosire da tutti, ho imparato che fa onore aiutare il prossimo ma anche che farlo nella maniera più sicura e trasparente è la cosa migliore per chi aiuta e per chi viene aiutato. Per questa ragione bisogna diffidare di quelle persone che spesso si vestono di stracci appositamente sfruttando i propri bambini per suscitare compassione per strada o vicino ai semafori ed è più opportuno affidarsi ad associazioni il cui impegno sia devoluto ad un sostegno concreto per chi soffre. I veri poveri non lo dichiarano apertamente perché hanno a cuore la propria dignità in quanto esseri umani e talvolta si vergognano a ammettere le proprie reali condizioni». Il racconto di famiglie che chiedono cibi confezionati per non lasciarsi aiutare dalla mensa situata presso la Parrocchia San Domenico pur di conservare la propria dignità è però purtroppo accompagnato dal racconto di altri nuclei familiari che approfittano delle associazioni umanitarie. Ma il fenomeno dell’immigrazione ha fatto sì che ci fosse un cambiamento radicale nell’organizzazione delle associazioni di volontariato già esistenti: subentrando gli extracomunitari, le risorse di un Comune vanno equamente spartite per aiutare chi ha gravi esigenze e, pertanto, i controlli dell’ISE delle famiglie che si rivolgono alla Caritas si sono fatti più rigidi. Con un tono di amarezza la volontaria afferma che è difficile fare del bene a persone che non sono riconoscenti nei confronti di chi investe il proprio tempo per loro ed esprime la sua preoccupazione per i bambini e i ragazzi delle famiglie inserite in questo circolo vizioso che non riusciranno a farsi strada nella vita perché avulsi dal credere che con l’impegno e con lo studio si possa conquistare un posto nel mondo. Un mondo che, a suo parere, è reso migliore da quelle associazioni che si impegnano quotidianamente per essere a disposizione degli altri e che fanno rete fra loro. La Caritas, nello specifico, coopera con l’Unitalsi, con le confraternite e con i gruppi scout Masci e Agesci. E sarà sempre pronta ad operare in nome dell’emergenza chiamata povertà. © Riproduzione riservata