La politica e i giovani nel magistero di don Tonino: l’on. Rosy Bindi a Molfetta parla ai giovani dell’arte nobile e difficile della politica
Rosy Bindi, Mons. Domenico Cornacchia, Onofrio Losito
MOLFETTA - L’equivoco di fondo è scambiare l’unico imperativo morale al quale non ci si può e non ci si deve sottrarre per un terreno contaminato che non sembra destinato ad ricevere il suo concime, dimenticando di essere proprio quel concime di cui il terreno ha bisogno.
Il terreno corrisponderebbe alla politica, al benessere comune, che don Tonino Bello aveva identificato con l’acqua, mentre il concime corrisponderebbe a coloro che se ne assumono la responsabilità e che don Tonino aveva paragonato alle condutture di trasporto.
Le parole del grande vescovo, il cui dies natalis si è celebrato con la visita di Papa Francesco a Molfetta, sono state lette dall’attore Corrado la Grasta in presenza dell’on. Rosy Bindi, già Presidente della Commissione Parlamentare antimafia, del vescovo della diocesi di Molfetta-Ruvo-Giovinazzo e Terlizzi, mons. Domenico Cornacchia e di Onofrio Losito, Direttore diocesano dell’Ufficio per i problemi sociali ed il Lavoro, presso la parrocchia Madonna della Pace di Molfetta.
E nonostante l’incontro tenutosi si chiamasse “La politica e i giovani nel magistero di don Tonino” , non è stata cospicua la presenza di giovani; questa defezione sarebbe da rintracciarsi proprio in chi attualmente si occupa di politica e non meno in chi, al solo sentire pronunciare questa parola, non riesce a fare meno di corrugare la fronte, limitandosi a spendere sempre parole che non sono mai diverse da “è un mondo da cui stare alla larga.” Senza rendersi conto, naturalmente, che anziché gettare concime che renda fertile un terreno oggi molto arido, si gettano solo rifiuti che impoveriscono sempre di più il terreno su cui non si può più camminare, ma che si è costretti a calpestare. Calpestando, così, quello che è il futuro dei giovani di oggi, i quali, effettivamente, non sentono più parlare di politica, ma sentono soltanto parlare di sotterfugi, di contaminazione , di mancanza di serietà e di malessere sociale.
Tutte questioni che non vengono presentante loro come attributi delle problematiche della politica, ma come definizione stessa di quell’arte nobile e difficile che oggi non viene più capita perché non viene più spiegata.
Ma è stata Rosy Bindi a ricordare che “gli Aldo Moro non nascevano solo una volta, ma possono nascere ancora adesso”, precisando che non è assolutamente la pigrizia intellettuale la chiave giusta per una rinascita in senso politico. Non ha potuto che far riferimento al ruolo rivestito come ministro della Sanità pubblica, in virtù del quale ha provato a rafforzare uno dei settori del Paese in cui la concezione di uguaglianza è fondamentale.
«Le cure vanno assicurate a tutti e dipendono dal bisogno, non dalle disponibilità economiche» queste le parole della Bindi, che si configurano come una delle tante sfaccettature di cui parlava don Tonino quando diceva che le condutture non devono trattenere l’acqua per se stesse, ma distribuirla equamente toccando soprattutto le periferie. La politica nel magistero di don Tonino non era una politica di centro, ma una politica di periferia, e non perché rivestisse un ruolo periferico nella vita dell’individuo. Al contrario, essa riveste un ruolo di primaria importanza nella vita dell’uomo, ma non è finalizzata al singolo. Tutto ciò che i politici trattengono, dal denaro al lavoro, dalle cure ai privilegi, è tutto ciò che i politici, in quanto tali, avrebbero il compito di consegnare, in cambio della responsabilità consegnata loro dai cittadini tramite il voto.
Altra pecca della gioventù, e non solo: se quello della politica è un terreno arido e contaminato, quello del voto, oltre che arido e contaminato, è anche un terreno incolto, che in questo caso è sinonimo di disordinato perché se alla parola politica si corruga la fronte, alla parola voto si accende la lampadina dei propri interessi, la quale si spegne subito dopo aver raggiunto l’obiettivo: una responsabilità che nella stragrande maggioranza dei casi non viene rispettata, ma solo ostentata.
Ostentata quanto la pretesa di avere a portata di mano le soluzioni immediate a tutti i problemi , l’atteggiamento con cui i politici si consegnano indirettamente all’ideologia: su questo ha fatto leva Rosy Bindi, ribadendo come la vera crisi risieda proprio in quest’arrendevolezza che porta a voler rimuovere all’istante ogni pecca della società, come se fosse davvero possibile.
«Manca lo spirito di ricerca di idee, manca la decisione alla fatica di trovare soluzioni concrete ai problemi, mancano quella fame e quella sete di giustizia che accompagnano necessariamente l’uomo per tutta l’esistenza».
Ed è questo ciò che va trasmesso della politica, è così che i giovani potranno finalmente destreggiarsi in quella che viene descritta loro come un’eresia. Basterebbe far aprire gli occhi ai giovani come aveva fatto Galilei con gli Aristotelici, smentendo la concezione della natura che avevano e presentandola loro non come un luogo selvaggio ed incognito, ma come un luogo aperto e piano. Come la politica.
Solo quando la vocazione all’impegno, al lavoro, alla ricerca finalizzata alla pace, alla giustizia e alla solidarietà inonderà coloro che assumono gli incarichi politici, i quali a loro volta inonderanno di positività il popolo, si potrà parlare di politica.
Una volta gettato il seme del bene, allora sì che si potranno cogliere i frutti di quel terreno che per tanto è stato calpestato, quando per tanto avrebbe potuto esser accuratamente coltivato.
© Riproduzione riservata