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La politica della “terra di mezzo” di trasformisti e opportunisti
15 giugno 2006

Per la prima volta da quando è in vigore l'elezione diretta del sindaco, Molfetta vira decisamente a destra. Dopo sei anni e mezzo di amministrazione di centrosinistra targata Guglielmo Minervini, e quattro di “progetto civico” dell'altro Minervini, Tommaso, questa volta la città, eleggendo il sen. Antonio Azzollini, ha deciso di voltare pagina, scegliendo con chiarezza da che parte stare. E' questo il primo dato significativo che emerge dalla lettura dei risultati elettorali e che introduce, nel contesto locale, un elemento di normalizzazione nella dialettica tra i due principali schieramenti, dopo gli anni politicamente indecifrabili dell'amministrazione uscente, nata nel 2001 su un ambiguo accordo tra la destra e spezzoni del centrosinistra. Probabilmente la chiarificazione del quadro politico contribuirà anche, ce lo auguriamo, a rendere più limpido il confronto tra le due coalizioni, evitando la presenza di una ampia ed indeterminata “terra di mezzo” (habitat ideale per trasformismi e opportunismi) che, in questi anni, si è dimostrata la principale anomalia nello scacchiere politico locale. D'altro canto, occorre rilevare che, al primo turno, i partiti di centrosinistra che sostenevano i due candidati sindaco, Di Gioia e Minervini, hanno raccolto, complessivamente, circa il 52% dei consensi, superando di gran lunga i partiti della CdL che si sono fermati poco sopra il 40%. Questo dato, estremamente significativo, evidenzia che, per la prima volta a Molfetta, le forze politiche del centrosinistra hanno ottenuto la maggioranza assoluta dei voti. Come si concilia questo con l'elezione di Azzollini? Possibile che Molfetta sia divenuta improvvisamente una città di sinistra, amministrata da un sindaco di destra? No, non è così. Innanzitutto occorre dire che la candidatura di Tommaso Minervini era chiaramente espressione di quella “terra di mezzo” cui si faceva riferimento prima e molte delle liste che lo hanno sostenuto al primo turno, in realtà, erano costituite da personale politico proveniente direttamente dal centrodestra, il cui elettorato, in sede di ballottaggio (quando cioè si esprime un voto più politico, venendo meno il vincolo della preferenza) ha scelto Azzollini. In tal modo si spiega anche il fatto che il “senatore azzurro” abbia preso al secondo turno oltre mille voti più rispetto al primo, e che quel “travaso” di consensi, dalla coalizione di Minervini in favore di Di Gioia, non si è verificato, almeno nella misura attesa. Sotto questo profilo non si può dimenticare che il candidato dell'Unione ha comunque ottenuto circa duemila voti in più rispetto a quelli presi, al primo turno, dalle forze politiche della sua coalizione, mentre, teoricamente, avrebbe potuto contare, al ballottaggio, su un bagaglio di consensi potenziali pari agli oltre 9.000 voti delle forze politiche dell'area laica e socialista con le quali il centrosinistra aveva raggiunto, a pochi giorni dal voto, una intesa politica. Questo significa che non c'è stato il sostegno di Minervini e delle sue liste a Di Gioia? Non proprio. Quelle forze politiche hanno dato il loro contributo (altrimenti non si spiegherebbero i duemila voti in più), ma per vari fattori, a cominciare dal poco tempo a disposizione, questo “travaso” di voti non è stato all'altezza delle aspettative. In sostanza la stragrande maggioranza dei consensi ottenuti al primo turno da Minervini, al ballottaggio sono andati “in libera uscita”, premiando evidentemente il candidato della CdL. Forse era utopistico pensare che potesse accadere il contrario, ma, realisticamente, occorre dire che l'intesa politica raggiunta dal centrosinistra rappresentava l'unica opportunità per poter provare a “giocarsi la partita” contro il sen. Azzollini, avendo qualche chance di poterla vincere. Per quanto concerne le coalizioni è indubbio il successo raggiunto da Forza Italia che con quasi 6500 voti ottenuti al primo turno (pari al 17,2 % dei consensi) porta nell'Aula “G. Carnicella” ben 9 consiglieri comunali (tra i quali Piera Picaro, la più giovane a sedere nella massima assise cittadina), andando a costituire il più numeroso gruppo consiliare della storia di Molfetta da quando è in vigore il nuovo sistema per l'elezione del sindaco. Un fattore, questo, di grande importanza anche per la tenuta della coalizione di centrodestra nel corso dei prossimi cinque anni, dal momento che l'amministrazione potrà contare sul supporto in Consiglio di un gruppo così consistente e fedele al primo cittadino. A questo va aggiunto anche il buon risultato di “Molfetta prima di tutto” che, al suo esordio, ha ottenuto 1813 voti (pari al 4,8%), eleggendo due consiglieri comunali. Ma il dato certamente più importante nel centrodestra è la prestazione dell'Udc che, con 3083 voti, diventa il secondo partito in città ed elegge quattro consiglieri comunali, a scapito di An che subisce un brusco ridimensionamento rispetto al 2001 e con 2481 voti porta nella massima assise cittadina tre suoi rappresentanti. Nella CdL vanno annoverate anche altre due forze politiche che, al primo turno, hanno sostenuto un diverso candidato sindaco: il “Partito Repubblicano Italiano” e “Popolari per Molfetta”. Il primo, che inizialmente faceva parte della coalizione di Tommaso Minervini, con 1414 voti, dovrebbe eleggere (sebbene siano ancora in corso alcune verifiche) un consigliere comunale, mentre “Popolari per Molfetta” che aveva candidato Maria Antonia Tulipano ottiene, con 1626 voti, un seggio che spetterebbe alla stessa Tulipano, sebbene siano scontate le sue dimissioni per far posto a Pino Amato, candidato al Consiglio più suffragato con 999 preferenze. Nel centrosinistra la Margherita, con poco più di tremila voti, elegge due consiglieri comunali e si conferma il primo partito della coalizione. Buono il risultato dei Democratici di Sinistra che aumentano in maniera significativa i consensi rispetto a cinque anni fa, passando da 1286 voti a 2161 (pari al 5,7%), ed eleggono un consigliere comunale. Stesso numero di voti (2161) anche per la lista civica “Il Riscatto della Città” che riporta nella massima assise cittadina l'ex sindaco della città, Annalisa Altomare, mentre l'Udeur, con 1814 voti, elegge Mauro de Robertis. Tutte le altre liste del centrosinistra non raggiungono il quorum sufficiente per far scattare il seggio e tra queste il risultato più inatteso è senza dubbio quello di Rifondazione Comunista che con 678 voti (di cui ben 244 per il solo Antonello Zaza) riduce sensibilmente i suoi consensi dopo mesi di lacerazioni interne che hanno portato al commissariamento della sezione. Nella coalizione che ha sostenuto Tommaso Minervini, la Rosa nel Pugno conferma il suo radicamento in città con 2515 voti (pari al 6,6% dei consensi) e diviene il secondo partito dell'Unione a Molfetta, eleggendo un consigliere comunale (Nicola Piergiovanni). Anche “I Socialisti” con 2453 voti portano in Consiglio Comunale un loro rappresentante (Saverio Tammacco), così come la lista “Molfetta che Vogliamo – Psdi” che con 1554 voti elegge Antonio Ancona. Ampiamente in linea con le aspettative, infine, il mediocre risultato del Liberatorio Politico che con 452 voti di preferenza non riesce a portare in Consiglio Comunale il candidato sindaco Matteo D'Ingeo che, non avendo alcuna possibilità di divenire primo cittadino, aspirava unicamente a conquistare uno scranno nell'Aula “G. Carnicella”. Invece anche lui dovrà accontentarsi di entrare a pieno titolo nella vasta schiera dei delusi di questa competizione elettorale.
Autore: Giulio Calvani
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