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La parola ad Antigone: dalla tragedia sofoclea alle letture contemporanee al Carro dei Comici di Molfetta
Creonte e Antigone
04 dicembre 2018

 MOLFETTA - Antigone non smise mai di parlare come Leonardo da Vinci, secondo il Vasari, non smise mai di dipingere. Il paragone rende l’idea di quanto l’eroina, e più in generale l’intera tragedia, non sia solo patrimonio della Grecia sofoclea, bensì patrimonio dell’umanità. Il contrasto incarnato dai personaggi Antigone e Creonte, ossia la contrapposizione tra le leggi divine, quelle non scritte e universali e le leggi prodotte ex novo e scritte, attraversa la storia dei popoli e si presta ad essere letta e riletta per comprendere le problematiche del proprio tempo.

A partire dalla tragedia di Sofocle per poi sfociare nella moderna lettura di Barbara Spinelli, sulle note delle musiche dal vivo del maestro Federico Ancona, al teatro “Il Carro dei Comici” di Molfetta, Gabriella Caputi e Maurizio Salvemini hanno dato la parola ad Antigone (da cui il titolo dello spettacolo) alternandosi ad excursus storici-costituzionali a cura del prof. Nicoló Spadavecchia.

La prima perla della serata è stata la trasformazione del concetto stesso di democrazia, apparentemente rappresentato da Antigone, ma in realtà ben incarnato dal re Creonte: se nell’Atene del V-IV secolo a.C. essere democratico significava dar voce alla maggioranza, nel XXI secolo democrazia è sinonimo di buon governo. Quello che Creonte, il cui abbaglio è quello di un tiranno, cerca di attuare dimostrandosi tutore dello Stato, oltre che rigido punitore di ribelli alla legge ed eludente di favoritismi. Su questo aspetto si sofferma l’autore francese Jean Anouilh, la cui drammaturgia presenta un’Antigone che si culla nella propria estrazione sociale e che è in grado di agire soltanto in virtù della stessa. Creonte si presenta invece come fautore di una legge pubblica, quella che in Grecia è definita ν?μος, che ricade su tutti allo stesso modo, superando l’ottica elitaria in cui si trova il personaggio di Antigone. Proprio il superamento della concezione aristocratica del potere spaventa l’Atene sofoclea, come dimostrato da Aristofane nella commedia “Donne al Parlamento”, in cui il colpo di Stato effettuato dalle donne protagoniste non è altro che una messa in scena dello strapotere di massa e della conseguente uguaglianza sociale. 

La frattura insanabile caratterizzante dell’epoca classica ateniese non è scomparsa nel corso degli anni: peculiarità della tragedia sofoclea, e se vogliamo della tragedia in generale, è proprio quella di lasciare aperta la spaccatura tra i vari personaggi e tra le diverse voci della coscienza. Ma non si tratta di una peculiarità che attinge unicamente alla tragedia, perché proprio quest’ultima ci pone dinanzi all’universalità delle dinamiche, come sosteneva Schopenhauer a proposito del valore conferito all’arte. Anche oggi ci si misura di continuo con il contrasto fra leggi scritte e principi universali, ma esso assume una forma differente con l’avvento dello Stato di diritto sorto post rivoluzione francese. È infatti il sistema del costituzionalismo, affidato ai giuristi e non ai politici, a prevenire che la democrazia divori se stessa, promulgando la coesistenza di leggi e valori intramontabili ed eludendo la deviazione dell’eccessivo potere di massa. Motivo che calza a pennello con la lettura del 900, e in particolar modo con la drammaturgia di Bertolt Brecht, pronto a portare sulla scena un Hitler che si ispira a Creonte e un generale ribelle nei panni di Antigone. L’eroina della tragedia sofoclea viene qui definita “inflessibilmente giusta” e descritta come colei che aveva il diritto di seppellire il fratello ma anche il dovere, in qualità di generale, di punire il ribelle. Una riflessione penetrante su quelle che furono le derive a partire da regimi democratici e sul cambiamento delle modalità di vita provocato dalla guerra. Dall’acuto sguardo di Brecht si è passati ad uno sguardo sull’Italia e in particolare sull’organo che promuove il costituzionalismo. La Corte Costituzionale, anche denominata Consulta dal nome del palazzo in cui ha sede, è composta da figure scomode per la politica, ma indispensabili per la promozione dei valori esplicitati nei primi articoli della Costituzione influenzati fortemente dall’Antigone sofoclea.

La nuova ennesima vita di Antigone, che ha concluso la serata, è stata data da Barbara Spinelli in un articolo sulla Repubblica, in cui la stessa afferma che “senza Antigone oggi non saremmo chi siamo” perché “la legge del male colpisce il divieto di pensare ancora di più del divieto di sperare”. Con queste parole la giornalista riporta le sue considerazioni a proposito dell’immigrazione, paragonando i naufraghi disarmati che chiedono aiuto all’Europa a tanti Polinice cui è stata vietata la sepoltura. E in questo caso l’Antigone di turno, pronta a soccorrere, siamo noi.

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