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La narrazione di Tommaso Minervini, il presunto “civismo” e le sfide per Molfetta
Il sindaco Tommaso Minervini
18 dicembre 2021

MOLFETTA - L’intervento del sindaco di Molfetta Tommaso Minervini, all’ultimo consiglio comunale, al di là del paragone iniziale fra le violenze alle donne e gli attacchi politici subiti nelle ultime settimane (davvero privo di senso ed evitabile), ha avuto il merito di riportare la discussione sul piano politico. È stato un intervento che ha posto alcune questioni e che merita dunque di essere discusso, anche perché ha tracciato un terreno su cui è possibile, per i cittadini, farsi delle idee, maturare delle opinioni, anche in vista delle prossime elezioni amministrative, ormai alle porte.

Ricapitolando brevemente i fatti degli ultimi mesi, all’ultimo consiglio comunale si votava una mozione di sfiducia presentata dai consiglieri di opposizione, votata anche da consiglieri che fino a poco tempo fa avevano appoggiato il sindaco. Sono stati molti, infatti, i dissidenti dell’amministrazione, che hanno persino cercato, qualche settimana prima, di far cadere il sindaco passando attraverso una raccolta firme da presentare al notaio. Proprio i consiglieri di sinistra (Sinistra Italiana e Rifondazione comunista/Compagni di strada) hanno preferito non firmare, portando invece una mozione di sfiducia in consiglio comunale, in modo da discutere pubblicamente le ragioni dell’opposizione a questa amministrazione.

E questo è avvenuto, sebbene la mozione di sfiducia non abbia ottenuto i voti necessari a far cadere l’amministrazione. Dunque Tommaso Minervini resta sindaco di Molfetta, e probabilmente riuscirà a tirare fino alla fine del mandato.

Non ci interessa qui commentare le strategie portate avanti dai gruppi consiliari e, tra l’altro, non abbiamo probabilmente gli strumenti per leggerle correttamente. Ci interessa, piuttosto, commentare le questioni politiche poste dal sindaco che, come dicevamo, ha avuto il merito di collocare le proprie scelte, dal 2017 a oggi, su un piano politico. Ed è su questo piano che forse possiamo provare ad esprimere qualche opinione.

Il discorso del sindaco è ruotato intorno ad un argomento centrale, attraverso il quale ha risposto sia alle opposizioni che a coloro che sono usciti dalla maggioranza a treno già in corsa. Tommaso Minervini ha presentato il proprio progetto come espressione di “civismo”. In virtù di tale connotazione, il proprio progetto sfuggirebbe, secondo il sindaco, alle accuse di trasformismo delle opposizioni storiche (Rifondazione in primis) e collocherebbe invece le neo-opposizioni (ovvero i dissidenti) dal lato ingiusto della storia. Esse, infatti, avrebbero preferito, secondo il sindaco, inseguire interessi di parte piuttosto che tenere fede a quel “patto civico” su cui si è fondato il progetto amministrativo a guida Minervini.

Ora, innanzitutto abbiamo qualche difficoltà a cogliere pienamente il senso della categoria di “civismo” a cui Tommaso dà tanta importanza, in realtà già da molto tempo. Ricordiamo infatti che l’ha spesso invocata anche per giustificare il proprio sostegno a Raffaele Fitto alle ultime elezioni regionali.

Ci sembra di poter ipotizzare che per “civismo” Tommaso Minervini intenda la vocazione “estranea” della propria coalizione ai partiti politici. Questa sarebbe espressione della “cittadinanza attiva”, categoria sicuramente più precisa, che lascia spazio a meno fraintendimenti. La propria coalizione, allora, sarebbe per Minervini riconducibile al progetto di una “cittadinanza attiva” estranea agli apparati di partito, preda di interessi di segreteria e subordinata a poteri estranei al tessuto cittadino, diretti a colonizzare il territorio. Questa cittadinanza attiva avrebbe, nel 2017, siglato un patto finalizzato alla realizzazione dell’interesse generale, patto “tradito” dai dissidenti in virtù di interessi di parte.

Ammettendo che la nostra interpretazione del “civismo”, per come inteso da Minervini, sia corretta, abbiamo però qualche difficoltà ad impiegarla per la lettura dei processi cittadini. La coalizione di Tommaso Minervini è stata affollata di uomini che, fino al giorno prima, occupavano posti apicali negli “apparati” politici cittadini. Non è il caso di fare nomi, anche perché sarebbero tanti (quasi tutti), ma la maggior parte di coloro che sono stati eletti con Tommaso Minervini erano fino a poco tempo prima al seguito di Antonio Azzollini, uomo “di apparato” vero, che ha interpretato la politica ai massimi livelli istituzionali, attraverso la mediazione di un partito di governo, quello di Silvio Berlusconi, a cui tra l’altro Azzollini è rimasto fedele, a differenza di quasi tutti gli altri.

La maggior parte della gente che ha circondato e che continua a circondare Tommaso Minervini ha ricoperto incarichi sia istituzionali (assessorati, consigliature, presidenza di consiglio e commissioni etc.) che interni al partito di cui Azzollini era leader (segreterie, etc). Altri sono stati alleati del senatore, salvo poi smarcarsi all’occorrenza. Altro che “cittadinanza attiva”! Eppure era questa la narrazione su cui si reggeva anche la loro campagna elettorale: la generazione “schiacciata” dai baroni della politica che decide di autodeterminarsi. Eppure lo stesso Tommaso Minervini aveva già ricoperto la carica di sindaco per 5 anni.

Questa narrazione è stata anche il pretesto, da parte di tutti, per poter fare alleanze di ogni genere, pur di vincere la partita con il consenso. Quella “cattiva politica” costruita sugli accordi e sulle strategie finalizzate ad ottenere il massimo non per la città, ma per se stessi, che adesso Tommaso Minervini contesta ai suoi neo-oppositori, ha costituito in realtà la cifra costitutiva del suo stesso progetto politico.

Ma proviamo adesso a trarre quanto di buono è emerso dall’intervento del sindaco. Se interpretiamo la categoria di “civismo”, utilizzata da Minervini in maniera fumosa e ambigua, attraverso il riferimento alla forza politica e trasformativa della “cittadinanza attiva”, il quadro di riferimento diviene totalmente diverso. Ciò che voglio dire è che i processi partecipativi e di attivazione “dal basso” hanno una loro dignità politica forte, non sono soltanto categorie vuote utilizzate all’occorrenza per mascherare accordi e strategie politiche di tutt’altro segno. Su questo fronte è possibile osservare delle esperienze importanti.

Basterebbe guardarsi attorno e vedere come i processi collaborativi, aventi come protagonisti pezzi di società che si attivano al fine di realizzare l’interesse generale, hanno visto in Italia, negli ultimi tempi, una straordinaria diffusione. Basti pensare ai “patti di collaborazione” promossi da Labsus: patti attraverso i quali amministrazioni pubbliche e cittadinanza attiva concordano interventi finalizzati alla realizzazione dell’interesse generale. Durante la pandemia sono state tante le esperienze di mutualismo e di welfare di prossimità che si sono sviluppate grazie all’utilizzo di questo strumento amministrativo.

Tra l’altro, l’“amministrazione condivisa” su cui esse si fondano è stata recentemente legittimata dalla Corte costituzionale (sentenza n.131 del 2020) per designare un canale di collaborazione fra amministrazioni pubbliche e terzo settore, alternativo alle logiche di profitto, finalizzato alla programmazione e alla progettazione condivisa delle politiche pubbliche (per un approfondimento: https://www.rivistaimpresasociale.it/forum/articolo/amministrazione-condivisa-e-democrazia).

Una sfida che, oggi, le forze di opposizione possono cogliere è, allora, quella di dare concreta attuazione alla collaborazione dal basso, riorientando le logiche della progettazione politica in senso cooperativo e plurale. Un primo passo, vista anche l’imminenza delle elezioni amministrative, può essere quello di inaugurare uno spazio di co-progettazione finalizzato alla stessa realizzazione del programma. Si tratterebbe di uno spazio in cui soggetti politici e cittadini attivi possano confrontarsi sui temi, per definire programmi e perimetro di una futura coalizione possibile. Si tratterebbe di uno spazio di collaborazione “alla pari”, in cui cittadini e formazioni politiche e sociali possano contribuire a disegnare un nuovo futuro per la città, oltre quegli interessi particolaristici spacciati per “civismo”, che torneranno presto ad affacciarsi nell’arena pubblica sotto nuove spoglie.

© Riproduzione riservata

Autore: Giacomo Pisani
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