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“La mia vaccinazione minuto per minuto”
15 giugno 2021

Fortunata, vero. Appartengo ad una di quelle categorie che ha potuto prima effettuare il test sierologico, poi accedere alla somministrazione del vaccino, che è stata vaccinata rispettando tempi, modi, accettando qualsiasi vaccino le sarebbe stato somministrato. Senza alcun dubbio, senza remore, ho aspettato con ansia la prima somministrazione, ma non con l’ansia derivante dal timore di eventuali effetti collaterali ma l’ansia della trepida attesa, vissuta come il primo passo verso la fine di un periodo nefasto. L’arrivo all’hub vaccinale somiglia al ritrovo di studenti alla partenza di una gita. Volti sereni, battute e sorrisi tirati di chi vuol farsi coraggio, non mostrare la paura di lasciare per la prima volta il nido casalingo. Dietro apparenti sicurezze, si palesano, nell’attesa, i primi interrogativi: ma è sicuro? Che controindicazioni avremo? Ma la giornata di sole di marzo rende tutti fiduciosi. Finalmente siamo all’appello: si entra. Il personale medico e paramedico fa domande e risponde alle domande ovvie, scontate, della sottoscritta, con empatia, partecipazione. “Si può accomodare”. Ecco, ci siamo. Ho aspettato questo momento, ho avuto terrore di contagiarmi ma ora sono pronta. Avrò una protezione. Questo non vuol dire che sarò libera di circolare, frequentare amici, senza osservare le prescrizioni, significa che ho un’arma in più, oltre la mia prudenza, per non contagiarmi e contagiare. La sera, tutto pronto, tutto in bella vista sul comodino: termometro, Voltaren, Tachipirina 1000, pronta una sacca col pigiama e biancheria in caso di corsa in ospedale per complicazioni. Per essere più preparata, a letto subito dopo “Un posto al sole”, una telefonata ai parenti stretti “Non vi preoccupate, sto bene”, e la certezza che non erano preoccupati. Poi, complice la programmazione soporifera televisiva, Morfeo mi abbraccia, anzi mi avvolge fino alle prime luci del mattino quando scopro, con meraviglia, di essere ancora viva e soprattutto preoccupata dei malesseri post vaccino che tardano ad arrivare. E’ ancora presto ma alle 6,30 inizio a tempestare i compagni di vaccino con lo stesso messaggio Whatsapp, inoltrato molte volte: come stai? Solo verso le 9 un uomo di buona volontà, mosso a compassione, mi risponde: Sto malissimo, dolori al braccio, mal di testa, febbre. Io insisto: “E gli altri come stanno, non mi rispondono”. “Non ti rispondono perché stanno peggio di me”. Intanto si sono fatte le 10, decido di aspettare di stare male, andando a fare una passeggiata al mare. Chissà, forse la leggera brezza mi farà salire un po’ di febbre, giusto qualche linea per non sentirmi diversa dagli altri. Macché, niente. Il sabato si avvia tristemente alla fine senza colpo ferire, senza alcun malessere. Ormai neanche l’unico uomo di buona volontà che rispondeva, non guarda neanche più i miei messaggi. La mancata doppia spunta blu, ne è la conferma, per gli altri sventurati i messaggi non risultano neanche consegnati. Una strage di cui l’unica sopravvissuta sono io. Passa la domenica come il sabato di cui sopra. Neanche il cane sembra essere preoccupato del fatto che io abbia fatto il vaccino. Inizia un’altra settimana, molte le defezioni al lavoro. Passano le settimane, i mesi poi finalmente la data della seconda somministrazione: ci siamo. Siamo arrivati a farla ancora tutti insieme, gli stessi della prima somministrazione. Siamo più sereni e quel “Si può accomodare” non ci spaventa. La seconda dose di vaccino viene inoculata. Aspettiamo 10 minuti prima di andare via, felici non per noi, ma perché consapevoli di avere meno possibilità di contagiarci e più protezione verso i nostri cari. Aspettiamo l’arrivo dei malesseri che seguono l’inoculazione. Ognuno reagisce in maniera diversa. Nessun contagio, non ci sentiamo più bravi o più prudenti rispetto a chi, suo malgrado, è risultato positivo e non ce l’ha fatta. Il pass vaccinale è una conquista, ci permetterà di tornare ad abbracciare chi ci è mancato, di poter pranzare la domenica, con tutta la famiglia, di poterci spostare per raggiungere i nostri cari. Il pass non è un “liberi tutti”, non ci autorizza ad avere comportamenti imprudenti. Non è finita, ma si inizia a vedere l’uscita. E la certezza di aver imboccato la strada giusta ce la danno i cittadini che decidono di prenotare il vaccino, rispettando le regole, le fasce d’età. Momenti di tristezza, momenti di sconforto nel sapere di aver perso un amico, si sono alternati a momenti di pura felicità nel sapere che un amico ce l’ha fatta a guarire, è rinato. Cerco di trovare un po’ di buono, se c’è, da questa pandemia: sentirmi una sopravvissuta, una fortunata, lieta di esserci ancora e che altri ci siano. Alcuni di noi ne usciranno segnati, migliorando. Altri peggiorando. I virus sono maledetti perché per spostarsi usano quanto di più bello esista: i baci, gli abbracci, la vicinanza tra le persone. Dobbiamo fare uno sforzo culturale: trasmettere affetto al nostro prossimo rinunciando alla fisicità. (Roberto Burioni). Ancora uno sforzo.

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