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La guerra dei manifesti: quando la politica è solo immaginifica e parolaia
15 gennaio 2013

iniziata la campagna elettorale. Anche su muri e plance appaiono per incanto i primi manifesti elettorali con svariati e, a volte, risibili slogan politici. Ad esempio, in quello dell’IDV (spudoratamente elettorale), in cui compare il faccione rubicondo del candidato sindaco scelto dal partito, spicca il concetto di «carità politica». Un principio cristiano-messianico che sembrerebbe essere stato usato in modo fuorviante: purtroppo, la plancia non è il pulpito o un altare. Senza dubbio, l’amministrazione di una città dev’essere intesa come un’azione di servizio nei confronti della comunità, ma non è con la «carità politica» sic et simpliciter che si normalizza la macchina amministrativa molfettese, i cui ingranaggi si sono inceppati tra la muffa e la polvere gelatinosa. Il PDL, invece, ha incastonato due palle di Natale (Piazzetta Giovene e il nuovo porto) nel suo manifesto. Una scelta di dubbio gusto. Tra l’altro, piazzetta Giovene sarà pure l’emblema del «bello» in una Molfetta abbandonata a degrado, incuria e inciviltà, ma come dimenticare la sbornia vanagloriosa della “lapide funerea” su quella piazza che commemora due personaggi ancora viventi, con uno stile però prettamente cimiteriale? Del resto, anche Piazzetta Giovene ha subito la mannaia dell’inciviltà di alcuni cittadini che non solo hanno divelto il pilomat all’ingresso di fronte Piazza Garibaldi, ma hanno parcheggiato le loro auto proprio a ridosso del Seminario vescovile e della Cattedrale, sopra le volte ristrutturate, prosciugate, chiuse e sigillate. Sul nuovo porto, invece, si potrebbe redigere un’intera enciclopedia. Mentre il PD si è concentrato sul “naso” di Pinocchio (aumento dell’aliquota IMU per la prima casa) e su una frase di Roberto Begnini («Vi dico di amare la politica, non c’è scienza più alta e nobile»), Molfetta Viva nel suo messaggio augurale rimpasta le idee di «radicale cambiamento della classe politica» e «smottamento in corso». Per non parlare di quanto accaduto all’UDC, il cui manifesto 6x3 su via Giovinazzo e su via Terlizzi è stato danneggiato nella notte del 19 dicembre. Un atto vandalico o di possibile censura da parte d’ignoti che ha oscurando i nominativi presenti sugli stessi con uno spray di colore nero. Purtroppo (e per fortuna), per il rinnovamento di Molfetta non occorrono solo e soltanto vuoti manifesti elettorali. Sono necessari uomini giusti. Nei prossimi mesi si venderanno slogan politici di ogni tipo: alcuni scriveranno «la tua forza siamo noi», altri sosteranno di essere scesi in campo «con te» (senza, però, aver patito le disagiate condizioni economiche del cittadino), altri ancora entreranno nella cerchia degli «uno di noi». Questi slogan sarebbero adatti più alla pubblicità di un sapone per le mani che ad attirare l’attenzione dell’elettore. Si tratta, nella maggior parte dei casi, di slogan retorici. Frasi fatte, vuoto spinto privo di significato che dimostrano quanto siano ormai inadeguati certi modelli di comunicazione politica (e certi personaggi della preistoria). Insomma, slogan adatti a consumatori da sedurre e non ad elettori con un minimo di senso critico e di onesta intellettuale (escludendo i soliti “pecoroni” e “gonzi”). In generale, l’elettore italiano e molfettese che in questo momento si fida poco dei politici, delle promesse e dei programmi, è ancora più guardingo quando deve giudicare la credibilità di un manifesto elettorale che, nell’immaginario collettivo, è di per sé decodificato come “pubblicità” e, quindi, “un po’ bugiardo”. E, trattando di politica, la menzogna si dà quasi per scontata. Questi manifesti non entusiasmano più il cittadino che ha bisogno di idee e proposte concrete, non della svendita di prodotti consumati e usurati da parte dei parolai magici. Nella maggior parte dei casi, invece, esprimono solo una certa pochezza di contenuti. Insomma, poca credibilità di fronte a una situazione politica a Molfetta che annaspa in uno stagno senza argini. Nell’incontro del 27 dicembre scorso tutte le forze di opposizione al sistema azzolliniano e al centrodestra, che ha già presentato il suo candidato sindaco, non hanno quagliato alcunché tra veti incrociati pseudo-politici e di programma, macchiati da conflitti personali e ideologici. Ogni decisione è stata rimandata alle prime settimane di gennaio: un asset politico è, oggi, indefinibile. Una linea programmatico-politica potrebbe essere, però, lanciata da questa larvale (e indistinta) coalizione: rinnovare la classe dirigente senza le vecchie cariatidi politiche locali che, pur essendo dei soloni in ambito amministrativo e politico, non rappresentano il nuovo agli occhi di nessuno. Sarebbe opportuno che giovani di competenza possano confrontarsi con la realtà amministrativa e politica del Comune di Molfetta, partendo dall’esperienza dei politici più “anziani”. «Siamo come nani sulle spalle di giganti, così che possiamo vedere più cose di loro e più lontane». Purtroppo, i giganti di Molfetta dovrebbero fare un passo indietro per lasciare che la città possa continuare a camminare senza restare ancorata a vecchi schemi di retroguardia e di accentuati personalismi.

Autore: Andrea Saverio Teofrasto
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