La Gazzetta del Mezzogiorno dal 1887 il piacere dell’informazione della carta stampata
Non veste i panni dello storico, Nicola Mascellaro, né vuole vestirli, piuttosto quelli del divulgatore certosino che con grande pazienza ed esperienza ha sfogliato tutte le pagine ingiallite della “Gazzetta del Mezzogiorno” per ricavare la storia del più longevo quotidiano di Puglia e uno dei più antichi d’Italia. La sua ricerca non può essere fredda e asettica, ma risente delle emozioni di chi ha vissuto per oltre 30 anni all’interno del giornale, come r e s p o n s a b i - le dell’archivio di documentazione e fotografico. Il suo lavoro, in questa nuova pubblicazione (“La Gazzetta del Mezzogiorno dal 1887. Storia del quotidiano più longevo del Sud” – LB edizioni, pag. 352, euro 18,00), è anche testimonianza e memoria di tanti eventi interni ed esterni al giornale, vissuti direttamente, con la passione e l’affetto di chi si è sentito parte integrante di quella “famiglia”, come avviene anche per me, dopo aver lavorato oltre 25 anni nella redazione economica della “Gazzetta”. E’ un amore dichiarato e appassionato che emerge dalle pagine del libro e che non nasconde nemmeno la tristezza per le ultime tristi vicende del giornale, che rischia di cessare le pubblicazioni dopo 133 anni di storia. Ha un senso oggi, quando tutto è digitale, raccontare la storia della “Gazzetta” che ormai riguarda solo il nostro passato? Certamente sì, non per una sorta di amarcord, ma per una certezza. La carta stampata resta nei secoli e resterà anche in futuro perché materializza un sentimento, una sensazione ogni volta che le dita sfogliano una pagina di un giornale o di un libro. Il digitale passa con le nuove tecnologie che eliminano il vecchio, la carta resta come simbolo di una cultura, di una società che questa storia di uomini che questa storia l’hanno attraversata. Soprattutto perché è una storia che parla del Sud, del nostro Mezzogiorno, di quell’area sempre emarginata, ma che non si arrende e diventa simbolo di riscatto della sua gente attraverso il giornale che ne diventa la voce. E il discorso di Mascellaro si snoda attraverso le date e i numeri, ormai storia cominciata proprio nel novembre del 1887, con l’audace Martino Cassano, giovane intraprendente che, come molti di noi, compreso chi scrive, rinuncia a fare l’avvocato (come voleva il padre) e si lancia entusiasticamente nel giornalismo. Visionario per l’epoca, Cassano affitta una stanza in via Abate Gimma per la redazione del giornale che sarà stampato nella tipografia Pansini di via Argiro. Così, con appena 5 collaboratori, realizza il periodico “La Settimana”. Dal settimanale al quotidiano il passo è breve e nasce “Il Corriere delle Puglie” antenato della Gazzetta del Mezzogiorno, in una Bari città di frontiera dove manca tutto, strade, acqua, fogna, luce. E il “Corriere” diventa il paladino di quel Sud con la sua voglia di crescere e riscattarsi economicamente e socialmente. A corredo della pubblicazione, ci sono le immagini sbiadite ma impreziosite dal tempo, testimonianze di una evoluzione tecnica, ma soprattutto sociale e culturale. E a chi vuole ripercorrere la storia del giornale attraverso gli uomini, Mascellaro offre anche questa possibilità elencando in un indice rigoroso tutti i nomi dei protagonisti grandi e piccoli di questa storia: dai tipografi ai giornalisti che in 133 anni hanno attraversato le stanze del giornale dalle più antiche di Piazza Roma a quelle più moderne del 1972, ma ormai anch’esse abbandonate, dal palazzo di Viale Scipione l’Africano. Per arrivare agli attuali asettici ambienti, che danno l’idea più di un call center che di una redazione, ridotta ormai a un solo piano di quello stabile di cristallo che sostituì il mitico “Palazzo del giornale” sorretto da quattro telamoni inginocchiati e con una grande cupola sormontata da un’altana e da un globo luminoso. Il libro è anche un atto di coraggio in un momento difficile per il destino della nostra “Gazzetta”, ma rappresenta una sfida e una speranza appesa ad un filo. «Al filo della speranza, del buon senso, della voglia di riscatto di una terra che ha ricevuto tantissimo dal suo giornale e che vive l’attenzione istituzionale venuta meno negli ultimi tempi», come scrive l’attuale direttore Giuseppe De Tomaso nella Prefazione. Oggi siamo in un momento difficile per l’Italia e ancora di più per il Sud che vede allargarsi il divario col Nord, in un novembre triste per la pandemia e la conseguente ridotta libertà di movimento, di azione e perfino di cultura. Oggi la produzione rallenta e si ferma in alcuni settori costretti allo stop per evitare contagi di Covid, mentre l’economia non aspetta il vaccino e continua a correre nella globalizzazione che non perdona chi rallenta. Questo racconta oggi la “Gazzetta” che vive sulla propria pelle anche questa situazione pandemica e rischia perfino la chiusura. «La carta stampata comincia a sentire il peso degli anni – scrive Mascellaro nell’introduzione –, il peso della storia, il peso dell’evoluzione, del modo nuovo di fare informazione: spiccio, sbrigativo, essenziale, virtuale, ma pur sempre un surrogato dell’informazione su carta: non c’è, non è stato ancora inventato nulla che possa competere con il foglio di un giornale, con le pagine di un libro o di una rivista». Noi siamo fra quelli che ci crediamo e continuiamo a stampare un periodico, continuiamo a resistere fino a quando sarà possibile, perché crediamo ancora al piacere di sfogliare un giornale di carta, per assaporare quel gusto di far scorrere le pagine che attraverso gli occhi vanno direttamente al cuore: un contatto fisico che è anche un modo per ricordare la nostra umanità che nessuna informazione digitale potrà mai trasmetterci. © Riproduzione riservata