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La comunità a venire
15 luglio 2012

 

Ricevetti una lettera dall’ufficio pensioni della mia università con cui mi comunicavano che il rapporto di lavoro terminava il 31 ottobre del 2012. Lo stesso giorno pervenne dal Seminario di Storia della scienza un’altra lettera in cui il Rospo mi comunicava la fine della sua attività accademica e mi chiamava Marino quel cretino, quel delinquente e faceva riferimento ai momenti della vita universitaria che in passato avevamo condiviso, augurandomi buon proseguimento. Lasciava una situazione devastata, la Sfinge, il marito della Sfinge, il Seminario della scienza che diventava una struttura inter-universitaria e certamente sarebbe passato alla direzione di università più virtuose perché la nostra era ormai stata considerata non virtuosa dal punto vista economico e il reclutamento era bloccato per anni. In televisione Ballarò, l’Infedele e Santoro trasmettevano le solite trasmissioni insulse, era affondata una nave di Costa Crociere, la Concordia, e vollero dare all’evento un valore fin du siècle, l’Italia alla deriva, Forza Italia. Rimasi bloccato in Avalon per giorni perché non avevo più benzina nel serbatoio della macchina. Silvie mi telefonò dicendo che aveva iniziato di nuovo il corso sulla Teoria della conoscenza al Collège de France e se volevo potevo seguirlo. Per la crisi del gasolio, sembrava di essere tornati agli anni settanta, quando vi fu la crisi del petrolio, non si vedevano più macchine per le strade, le scorte nei supermercati stavano finendo e le code ai distributori di benzina diventavano ogni giorno più lunghe. Mi telefonò Gianluca che dava un concerto a Palazzo De Luca quella sera di giovedì e non potevo andare a causa della benzina e rimasi ad Avalon a guardare la televisione, ma ricevetti un messaggio, Sono ogni giorno alla libreria Shakespeare e vorrei parlarti del mio prossimo saggio su Bataille, Floriane (Parigi). Rimediai un volo Ryan Air e mi ritrovai di nuovo a Parigi, il mio eterno ritorno. Avevo lasciato dei pensieri in sospeso che dovevo riprendere, ripercorrere, alla ricerca di una nuova comunità e con l’aiuto di Nancy, di Nancy che legge Bataille e di Floriane intrapresi una nuova avventura.1 Jean-Luc Nancy, La comunità inoperosa, Napoli 1992. (Le altre note si riferiscono alla stessa opera). Quale comunità, che cosa significa essere comunità, perché le comunità si sfaldano, scompaiono; le piccole comunità, la famiglia, come le grandi, i villaggi, le città, i popoli, le nazioni. La visione planetaria assunta nel testo da Jean-Luc Nancy dovevo riportarla alla mia storia, alla piccola storia che stavamo vivendo e scrivendo sulla bellezza, sulla bellezza del mondo, sull’essere-al-mondo, sul sublime atto dell’interrogazione, della domanda. Quella sera salìmmo sul bateau mouche perché volevo immergermi nell’atmosfera, nell’aria di Parigi, poco prima eravamo stati a cena nel marais, dicono loro, è molto trendy andare a cena nel marais. Si parcheggia sotto l’Hotel de Ville e sei nel marais. I ragazzi pattinano sul ghiaccio davanti al municipio, Floriane mi chiarì che si chiama marais perché la zona intorno all’île, che dici all’Île, si chiama così perché in passato era paludosa e con la Senna costituisce l’oggetto di migliaia di quadri degli Impressionisti. Bataille si confronta con le esperienze del passato, con il nazismo e il comunismo, ne registra il fallimento espresso nei macabri campi della morte e pone in modo violento, ossessivo, la domanda su quale comunità, quale nuovo tipo di società. Ne osserva qualche frammento nel movimento del ’68, ma anche là, le prime crepe, le prime contraddizioni. Sia in Francia che in Italia bisognava fare i conti con il Pcf e con il Pci che per mezzo secolo avevano rappresentato le voci dell’altra società. E allora patteggiamenti, tatticismi, le ragioni della politica, la critica allo spontaneismo, il ruolo del partito. Tutto questo doveva avere delle ricadute sulla sovranità dei soggetti, sull’essere sovrano di un soggetto che nelle assemblee non poteva comunicare il suo disagio, il disagio di stare al mondo. Nella misura in cui era un residuo piccolo borghese, il pensiero piccoloborghese dei pariolini che stanchi delle corse sulla Vespa della domenica, occuparono la leadership della Triplice (Lotta continua, Avanguardia Operaia, Il Manifesto). Pasolini ha raccontato questa involuzione del Movimento che in modo sovrano doveva esprimersi nella contestazione delle donne e degli indiani metropolitani nel ’77. La stessa gioia di vivere la rividi in Piazza del Popolo la sera precedente al corteo degli Indignati del 2011, devastato dalle spranghe dei Black Bloch. C’era una ragazza, un’attrice emergente del teatro Valle di Roma che con un abito rosso attillato che non puoi dire, imitava tutte le veline del ventennio berlusconiano e ne ridicolizzava il modo di pensare. Perché possono gridare No, solo gli amanti. Gli amanti sulle rive del- 1. Jean-Luc Nancy, La comunità inoperosa, Napoli 1992 la Senna come su quelle di Trastevere i ragazzi del ’77 e gli indignati del 2011. Perché è nell’amore, nell’atto d’amore che puoi dirti sovrano. “Bataille riuscì, però a collegare le forme della sovranità – o dell’estasi – con la comunità egualitaria e con la comunità in generale. Queste forme – essenzialmente la sovranità degli amanti e quella degli artisti, l’una e l’altra, l’una nell’altra – non potevano apparirgli che come estasi.”2 Ma l’estasi è fuori dal mondo e dalla comunità. Ho una sola immagine dell’estasi in comunità, i ragazzi di Zabrikie Point che si rotolano sulla sabbia facendo l’amore ed erano fuori dal mondo, mentre la polizia stava lucidando le armi della morte. Quei ragazzi erano fuori dalla storia, dalle convenzioni, erano solo uniti dall’amore. “Bataille riuscì ad opporre all’immenso fallimento della storia politica, religiosa e militare la sovranità soggettiva degli amanti e degli artisti – l’eccezione di folgorazioni ‘eterogenee’ strappate all’ordine ‘omogeneo’ della società col quale non comunicano”. 3 La comunità degli amanti, degli artisti e dei poeti che non siamo riusciti a costruire. Nell’università vi fu un periodo che lo stavamo facendo, intorno agli anni Novanta; partì con il seminario sulla decostruzione e stavamo in facoltà fino a tarda sera. Era il periodo di Mariangela, Maria Pia, Arianna, Renato, Anna, li ricordo quasi tutti. I ragazzi entravano in aula alle 11 e facevano due ore di lezione frontale fino alle 13. Dalle 13 alle 14 avevano la pausa pranzo e si riprendeva con la visione di un film fino alle 16 quando c’era una lettura di Derrida, Foucault, Deleuze, Guattari e poi cominciava il seminario fino alle 19. Il seminario era libero, si potevano invitare altri docenti, studenti di altre facoltà. In quei seminari nascevano gli amori, si creava comunità, non esistevano ruoli definiti e il tema diventava quasi sempre lo stesso, la condizione umana, il disagio della condizione umana, il senso dell’esistenza. Ogni tanto compariva qualcuno che era andato fuori di testa, ricordo una volta un vecchietto che voleva sconfessare papa Woytila, a volte degli emarginati che trascorrevano la giornata intorno all’Ateneo e per riscaldarsi confluivano nel seminario. Un giorno per creare l’oscuramento in aula per la visione del film, i ragazzi avevano comprato un drappo nero ad uno dei mercatini cinesi e per appenderlo davanti alla finestra dovemmo mettere un tavolo con la scala sopra e Arianna stava per cadere, Arianna che poi ha fatto la hostess su Costa Crociere e incontrò un egiziano che sposò, ma non andava con l’egiziano, le differenze culturali, anche se ebbe una bellissima bambina e divorziò, poi emigrò in Scozia. Anche lei era di Giovinazzo. Come Mariangela che si era messa con il padrone del Griphus, un pub sul porticciolo di Giovinazzo, che è una delle cose più graziose della provincia di Bari e quello per farsi sposare entrò una notte con la pistola nella sua stanza e le gridò, o mi sposi o ti ammazzo e Mariangela corse per strada in vestaglia a gridare aiuto. Quel padrone del Griphus, quante ne ha fatte, e ci ha provato anche, anche con Natalia, la donna di Renato, la pittrice somala per la quale ho scritto una prefazione al book, e le ha chiesto di sposarla, e Renato è quasi diventato pazzo perché ha consultato un detective per spiare le mosse di Natalia. Maria Pia che prima di partire per la Valtellina volle visitare i Giardini di Avalon. Finì verso il novantacinque perché i ragazzi si laurearono ed intrapresero altre strade. Abbiamo tentato di ripetere l’esperienza dopo il Duemila all’esterno dell’università con la Casa dei Popoli e Linea 5, ma a parte qualche importante evento (la pièce su Pasolini, le Giornate della memoria, la presentazione de L’uniforme e l’anima, le iniziative con i compagni di Psichiatria democratica, la realizzazione del film I lavoratori del mare, i concerti jazz), anche quella esperienza finì e sul bateau mouche tentavo di analizzarne le cause. L’emigrazione, l’impossibilità di trovare un lavoro in terra di Bari, le ambiguità di Rifondazione comunista che quando era al governo con Prodi non seppe imporre il problema della pace e la stesso errore sta facendo a Vendola nel dialogo aperto con Pd, Italia dei valori e Terzo polo. Non stanno considerando la novità del movimento delle Cinque stelle anche se non è attrezzato sul piano delle politica internazionale. L’affaire (il problema della pace) intuito da Gino Strada e speriamo che i ragazzi che seguono Grillo non si lascino prendere in giro da qualche cariatide locale, come sosteneva il direttore di “Quindici” nell’editoriale del numero di giugno. 2. Jean-Luc Nancy op. cit. p.53 3. Jean-Luc Nancy op. cit. p.54  Sto sbagliando, il politichese mi sta facendo sbagliare, devo andare alla radice, alla domanda fondamentale, che cosa significa stare al mondo. La comunità degli amanti, degli artisti e dei sapienti, la cité des savantes, la Repubblica platonica anche se Platone di arte non capiva niente, ma salvava la musica e la matematica, l’armonia e la struttura del mondo e i soggetti erano uniti dall’Amore, che è quella cosa là, ma è anche altro, è una forza cosmica, è il valore, il valore assoluto che ha permesso agli esseri di amarsi ed esistere, di continuare ad esistere e ad amare. L’albero della vita. Il valore che ha alimentato culture, movimenti letterari, religioni, ha fatto esistere il primo uomo e la prima donna che non si sa bene come sono venuti al mondo, ma poi si sono amati. E ha telefonato l’altro giorno Paolo Tranchina che ha detto che vuol venire in Avalon a presentare il suo libro su Afrodite e vedere come va la vita in una delle poche comunità laiche che ha conosciuto, la comunità di Avalon perché venne nel mese di settembre, e Maria Pia salutandomi sotto quell’albero di olive pianse, perché doveva tornare a fare il suo lavoro di psichiatra. Ed era settembre. L’anno scorso non ho avuto un buon settembre perché sono stato in ospedale, ho avuto un momento di crisi la sera della conferenza in piazza di Vattimo, quando venne ad annunciare la pubblicazione in inglese del suo libro sul Marxismo ermeneutico e alla domanda se consigliava a un giovane di studiare filosofia oggi, rispose che se non era figlio di avvocato o di un notaio, poteva anche studiare filosofia. Vattimo che l’avevo ospitato in Avalon e davanti al camino aveva parlato del libro La conoscenza in una società libera e l’aveva definito un libro barbaro perché noi del Sud, siamo i nuovi barbari d’Europa. Quella sera di Vattimo dopo la conferenza non riuscivo ad inghiottire, andammo a Marechiaro e non riuscivo ad inghiottire prosciutto e melone e due giorni dopo mi ricoverai e quelli ad investigare con le macchine che cosa era successo al pancreas e non potevo spiegare ai medici che era stato un versamento di bile perché Vattimo aveva detto che un giovane può oggi fare filosofia se non ha altre chances, se non è figlio di un avvocato o di un notaio. Sì i filosofi quelli che portano nel mondo la gioia dell’amore, del sapere e della conoscenza. Per questo la Repubblica di Platone non ha avuto luogo, non si è realizzata, perché è un valore infinito e fu sostituita dal Cristianesimo che alle origini era la realizzazione di quel valore nel mondo, dio che si fa carne, ma una volta diventata religione imperiale dovette confrontarsi con altri valori assoluti, con altre religioni; i cristiani dovettero armarsi per proteggere la propria religione ed esportarla di nuovo in Oriente, là dove aveva avuto origine, ma non era più la stessa cosa perché con le armi non si esporta né la religione, non la religione dell’amore, né la democrazia. © Riproduzione riservata

Autore: Marino Centrone
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