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La città è per le leadership plurali: aprire le opportunità di partecipazione e di impegno civico Questa la sfida che lancia il sindaco uscente Tommaso Minervini a Molfetta
15 aprile 2006

Un commento sui risultati definitivi delle consultazioni politiche. Me lo aspettavo. L'Italia non è un paese abituato all'assetto bipolare. In questo periodo serve, invece, prendere ciò che di buono è nei poli, superare le rigidità degli schemi. Non è più necessario avere una visione duale del mondo ma bisogna mettere insieme le forze riformatrici. L'affluenza alle urne e le preferenze, da Nord al Centro al Sud sono il segno che qui serve una nuova costituente perché i processi di riforma costituzionale non si possono fare a pezzi, a colpi di maggioranza. Mi auguro che questa vittoria possa segnare l'inizio di questo nuovo processo di ricomposizione della politica. Il senatore Azzollini ha lanciato a Molfetta un'Opa (offerta pubblica di acquisto) politica sulla città. Per continuare nella metafora, appare un'Opa ostile contro la città. Condivide questa analisi? Il problema non è questo! Il comportamento di un sindaco non è di appartenenza ad un gruppo politico ma a valori, a comportamenti. Un sindaco deve essere aperto al dialogo, alle esigenze dei cittadini. Questo credo di averlo dimostrato in questi cinque anni portando avanti un impegno civico che è costruito su valori e non sugli schieramenti nazionali. La storia politica molfettese ha sempre rigettato la concentrazione del paese nelle mani di un solo politico ( vedi Finocchiaro negli anni 80 o Guglielmo Minervini negli anni 90). Sarà così anche per questa competizione elettorale? Ognuno deve fare le proprie scelte. Tutti sanno che le grandi opportunità socio economiche di questa città possono sviluppare le creatività e le capacità degli imprenditori. Io credo che Molfetta abbia la necessità di creare una nuova classe dirigente. Occorre un processo che dia responsabilità primarie agli uomini, alle donne, ai giovani. Ecco perchè diventa necessario superare le rigidità di partito. Oggi Molfetta conta quattro candidati: Antonio Azzollini per il Polo delle Libertà, Lillino Di Gioia per il centro sinistra. A queste si aggiunge il Progetto Civico di Tommaso Minervini e il Movimento Liberatorio Politico. Che senso da alla sua candidatura? Riguardo alla mia candidatura, ritengo debba avere il senso di far evolvere il processo di creazione di una classe dirigente nuova ed un metodo aperto di amministrare, libera di muoversi con le proprie coscienze, con le proprie responsabilità: liberare le passioni e le competenze. Perché un cittadino di Molfetta deve innamorarsi del progetto civico? Più che innamorarsi, il cittadino di Molfetta deve sostenere il progetto civico perché è quello che sollecita le energie della partecipazione. Scomporre l'architettura che spiega il perché dei dati elettorali, il rapporto del cittadino fra l'apparato politico e quello partecipativo della città. Sono processi lenti ma gli assessori civici hanno dimostrato che questo cammino funziona in città. Le priorità mancate per Molfetta? Il sistema dei parcheggi, della viabilità, del traffico, ma la priorità delle priorità è l'architettura dell'organizzazione del potere: l'autogestione nella zona artigianale, i comitati di quartiere, il controllo svincolato delle segreterie delle aziende municipalizzate e della gestione delle grandi infrastrutture della città, insomma la partecipazione diretta dei cittadini protagonisti della loro comunità. Un punto di forza per la città di Molfetta è lo stato dei luoghi nel centro storico. Oltre al borgo antico, i cittadini vorrebbero che in città ci fosse più verde. Non amo parlare dei risultati conseguiti, mi piace parlare del futuro e ricordare che questa città è diventata esempio di sviluppo per tutta la provincia di Bari. Qui sono nate 256 aziende, risanato il centro storico, avviate le grandi strutture, costruiti più di 2000 appartamenti, le principali piazze stanno per essere ristrutturate e poi il grande parco destinato ai bambini oltre 2500 mq per consentire i percorsi della salute. Ci sono anche i luoghi dell'acqua? Mi piace anche ricordare le piccole cose che diventano i gioielli di questa città: la biblioteca, il wireless, il recupero dell'agro, come le piscine, simbolo di aggregazione della vita sociale della storia passata e presente. Perché un cittadino dovrebbe votare Tommaso Minervini? Rispondo in un altro modo. Ho scelto di candidarmi nuovamente e la decisione è stata difficile visto che a Molfetta sono in gara quattro candidati sindaci. Sfidare due poli è una scelta rischiosa ma risponde ad un'esigenza: costringere i cittadini e le coscienze, i gruppi professionali a ragionare sul futuro della città. E' necessario avere un ragionamento vero sulle dinamiche sociali imprenditoriali culturali per capire come colmare il grande vuoto dovuto alla mancanza di una classe dirigente. Solo così Molfetta può consolidare le grandi opportunità di cui è dotata. Che stimoli potrebbe avere un molfettese affinché vengano svegliate le coscienze? E' il confronto che porta i cittadini a discutere ad evitare lo stato di solitudine in cui ognuno potrebbe chiudersi, bisogna aprirsi per scoprire, conoscere per liberarsi. Forse per deformazione professionale lei guarda molto al sociale. Ora con le dimissioni, è tornato a lavoro nelle carceri dove ha da sempre lavorato. Si è sentito più legato in carcere o a Palazzo di Città negli ultimi cinque anni di sindacatura? R: Mi sono sentito meno legato nel carcere. Un luogo chiuso dalle sbarre ma a diretto contatto con uomini “puniti” dalla giustizia. Guardi, nel mondo della libertà esiste la libertà ma non credo esistano allo stesso modo gli uomini liberi. Venticinque anni della mia vita dedicati al lavoro in carcere a sostegno delle fasce sociali più ai margini della società. Dai pregiudicati, dalla loro condizione ho imparato molto, ad apprezzare il senso della vita, quello comunitario che ti consente di confrontarti e aprirti al dialogo con le altre coscienze. I cinque anni di sindacatura mi hanno portato ad essere sotto gli occhi dei riflettori tra i cittadini, segreterie di partito, consiglieri di maggioranza e opposizione, la stampa, a sentirmi meno libero di agire come avrei dovuto. Torno a ripeterlo, la libertà di riflessione è la prima forma di libertà che a ciascun uomo non deve essere negata, attraverso i condizionamenti e la narcosi dei recinti.
Autore: C. C.
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