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La biografia di don Tonino in sintesi e le sue virtù
15 dicembre 2021

Antonio Bello nacque ad Alessano (Lecce, Italia) il 18 marzo 1935. Concluso il ciclo formativo delle elementari, entrò nel Seminario Vescovile di Ugento per poi proseguire la formazione seminariale e liceale presso il Seminario Regionale di Molfetta. Nel 1953 fu inviato a Bologna, presso il Seminario dell’Opera Nazionale Assistenza Religiosa e Morale degli Operai per la formazione dei Cappellani del Lavoro. L’8 dicembre 1957 fu ordinato sacerdote. Completò la Licenza in Teologia presso il Seminario di Venegono (Milano) e il Dottorato in Teologia Pastorale presso la Pontificia Università Lateranense. Nel 1958 fu nominato dapprima insegnante e poi Rettore del Seminario di Ugento. Nel 1978 divenne amministratore parrocchiale della parrocchia del S. Cuore della stessa città e, dal 1979 al 1982, fu parroco a Tricase. Svolse anche l’incarico di Assistente dell’Azione Cattolica diocesana, Canonico della Cattedrale, predicatore e organizzatore di incontri culturali. Il 10 agosto 1982 San Giovanni Paolo II lo nominò Vescovo di Molfetta-Ruvo-Giovinazzo- Terlizzi. Il suo ministero episcopale fu animato da grande amore per Cristo, dalla passione per l’evangelizzazione e per la giustizia, dalla predilezione per gli ultimi. Nel 1985 venne nominato Presidente nazionale del Movimento Pax Christi, in cui si impegnò attivamente nella sensibilizzazione a favore dell’obiezione fiscale contro le spese militari e contro il piano di militarizzazione della Puglia, nonché per la pace a livello nazionale durante la prima “Guerra del Golfo” e il conflitto nella ex Jugoslavia. Fu costantemente vicino alla sua gente, attento alle richieste di tutti i bisognosi, sollecito nei confronti dei sacerdoti, immerso nelle problematiche del territorio, ma con uno sguardo sempre aperto al mondo, soprattutto ai diseredati e alle vittime della guerra, testimoniando il Vangelo come segno di contraddizione. Nel dicembre 1992, durante la guerra nei Balcani, benché già malato di cancro allo stomaco, si fece ispiratore e guida di persone credenti e non, di differenti nazionalità, unite dall’obiettivo di sperimentare “un’altra ONU”, mostrando la possibilità di vivere nella concordia, entrando come pellegrino di pace nella Sarajevo devastata dalla guerra in corso. Morì a Molfetta (Italia) il 20 aprile 1993. La virtù della fede di Antonio Bello, semplice e robusta al tempo stesso, fu alimentata alla scuola della madre e del parroco di Alessano. Nel suo agire feriale ebbe una fede incarnata, che metteva a proprio agio anche i lontani, i quali avvertivano il fascino di una vicinanza profondamente umana. La malattia finale lo consumò tra dolori acuti, ma egli non smise mai di pregare. Amò da vero figlio la Vergine Maria. Nei Santi vedeva testimoni autorevoli del Vangelo e la prova storica della fecondità del messaggio cristiano. In particolare amò San Francesco d’Assisi e fu Terziario francescano. Antonio, consapevole della presenza del male nel mondo, rimaneva ancorato alla certezza della Redenzione e per questo, anche nei momenti umanamente più difficili, non si lasciava andare alla disperazione. Nell’orizzonte teologale della speranza del Servo di Dio vi fu il fondamento del coraggio nella vita quotidiana. Quando si rivolgeva ai malati, per incoraggiarli a non sottovalutare la loro situazione perché inchiodati sul retro della stessa Croce di Cristo, soprattutto negli ultimi anni, essendo anche lui ammalato, risultava credibile e riusciva ad infondere speranza a tutti. Mostrò la carità verso Dio nell’intensità della preghiera, dall’adorazione Eucaristica alla celebrazione della Santa Messa, nella gioia interiore e alla presenza di Dio. Le numerose incombenze pratiche del ministero episcopale non scalfirono o attenuarono la sua passione da innamorato di Cristo. Esercitò la carità verso il prossimo in grado eroico. Si mostrò accogliente, amabile, premuroso, generoso e attento alle singole persone, volle farsi povero per essere vicino agli ultimi, sottoponendosi a rinunce e sacrifici.

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