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L’Italia e l’immigrazione: la storia non è più maestra di vita
15 luglio 2018

7 marzo 1991, ben 27mila albanesi attraccarono al porto di Brindisi. 8 agosto 1991, 20mila albanesi arrivarono a Bari, dopo esser stati respinti a Brindisi, stremati a bordo della Vlora (nave italiana che nel porto di Durazzo stava scaricando zucchero proveniente da Cuba). In pochi mesi l’Italia si scoprì “terra promessa” come mai prima d’allora. Da cosa scappavano gli albanesi? Il clima politico era irrespirabile dopo la fine del regime comunista albanese. Lo stato dell’economia ancor meno, la caduta del Muro di Berlino solo due anni prima aveva trascinato con sé molti Paesi europei sul lastrico, uno tra questi l’Albania. Non ero ancora nata, ma ho avuto modo di leggere un po’ di giornali dell’epoca. E da qui la sensazione che mi pervade ormai da anni che il detto “Historia magistra vitae” sia solo un’illusione, una convinzione che forse nemmeno Cicerone sosterrebbe più se solo vedesse i nostri tempi, è diventata una triste realtà. “Non possiamo accoglierli tutti,” “Fuori tutti e subito, sono clandestini,” “Aiutiamoli a casa loro” sono alcuni dei titoli di quei giorni: i media e la politica hanno avuto un ruolo importante nel dipingere ciò che stava accadendo come un’invasione. E l’atteggiamento di una parte della peggiore stampa, è stato fondamentale per radicare nell’opinione pubblica pregiudizi che hanno accompagnato gli albanesi per i successivi dieci anni almeno. Vi ricorda qualcosa? Leggete questi titoli immaginando il tono di voce di Matteo Salvini che in quel 1991 aveva solo diciotto anni. Sì, è una cosa che mette i brividi. Sono passati 27 anni dal 1991 e l’Italia si trova nuovamente protagonista di una delle pagine più delicate della storia umanitaria. Lo sbarco continuo da anni di migranti, per lo più africani, è un problema. Nessuno dice il contrario. Ma lo è nel momento in cui lo Stato Italiano continua a essere impreparato, lo è se si continua a parlare attraverso slogan, a trasmettere agli italiani (già caratterizzati da un tipico “pressappochismo” nostrano) falsi miti, che addizionati all’ignoranza, portano a pregiudizi se non addirittura all’odio. Non dimentichiamo che in passato eravamo proprio noi italiani ad essere quelli “brutti, sporchi e cattivi” che sono andati in USA, Argentina, Venezuela, Belgio, Germania ed Australia a “rubare” i posti di lavoro agli autoctoni. Ci sono quelli che, a questo punto, obbiettano che gli italiani emigravano per bisogno e che avevano voglia di lavorare, tanto da dormire in casa di cartone e fare i lavori più massacranti. Ah sì? Perché pensate che sia un gioco per un giovane del Niger, oppure una donna incinta del Sudan che non ha mai visto il mare, decidere di imbarcarsi in una nave per l’attraversata della speranza (e, attenzione, non si parla delle poche miglia che separano nell’Adriatico Italia ed Albania)? Per non parlare del lavoro. La maggior parte finisce nei campi a fare la raccolta per un paio di euro al giorno. Le eccezioni ci sono, fortunatamente. Potrei continuare ancora a lungo nei paragoni. Ad esempio, vi assicuro che gli italiani della terza e quarta generazione nati negli Stati sopracitati, oggi hanno tutti una casa e un lavoro più che rispettabile, eppure sono figli e nipoti di quelli stessi Italiani che vivevano in condizione di stenti, agli inizi del ‘900. E non ci raccontiamo che sempre i succitati Paesi erano ricchi, potevano accogliere mentre l’Italia ha già tutti i suoi problemi e quindi non può occuparsi delle cose altrui. E’ solo un alibi. Anche noi italiani siamo stati un problema appena arrivati. Quindi ora non possiamo far finta che il problema sia risolto, chiudendo i porti e cacciando i migranti che sono già in Italia. Il problema esiste. E’ reale. E’ preoccupante. Ma va affrontato. Certo, con l’aiuto dell’Unione Europea che non sta propriamente operando nel migliore dei modi. Ma il primo passo deve partire dall’Italia che sta sbagliando alla grande, dimostrando che la storia non insegna nulla e che si può sempre fare peggio ahimè, parlando di censimento anziché d’integrazione. A proposito d’integrazione: quando gli albanesi sono andati via? Dove sono adesso? Sono ancora tra di noi. Sapete quanti sono? Ben 482.959. Voi li vedete? © Riproduzione riservata

Autore: Daniela Bufo
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