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L'apocalisse prossima ventura L' ultimo impero ed i suoi disastri
15 giugno 2002

di Ignazio Pansini Gli incontri con Alex Zanotelli, missionario Comboniano, non solo non esauriscono il loro tema specifico, ma abbracciano altre problematiche e pongono interrogativi che meritano ulteriori approfondimenti.La serata dell'11 giugno alla nuova sede della “Meridiana”, non ha smentito questa tradizione. Cercherò nelle brevi note che seguono di esporre alcune questioni provocatoriamente poste dal religioso, augurandomi che possano interessare i lettori, e stimolare magari un dibattito su queste pagine. Intanto i temi internazionali. Accennando ai fatti dell'11 settembre, Alex, dopo qualche attimo di silenzio, ha detto che è storicamente accertato che i vertici americani, pur essendo al corrente una settimana prima del progetto giapponese di attaccare Pearl Harbor, tacquero, non mossero la flotta dalla baia, provocando l'affondamento di numerose navi da battaglia, e la morte di oltre 3500 uomini. Allora “vollero” la guerra per fermare il Giappone nel Pacifico. E prima dell'attacco alle due torri? Intelligentibus pauca. Intanto Bin Laden è ancora vivo, (anzi, “deve” restare vivo), e lo sceicco Omar vaga in motocicletta per i deserti dell' Afghanistan. Successivamente Zanotelli ha posto ed analizzato la questione della globalizzazione economica e militare del pianeta. Non la si può comprendere, ha detto, se si prescinde dalla nozione di “Impero”. Venuto meno il dualismo est-ovest, vi è una sola potenza, gli Stati Uniti, coadiuvata dai suoi vassalli dell'Unione Europea, che consolida il suo dominio sui continenti africano e latino americano, e contrasta le resistenze ad est inventando e provocando guerre cosiddette umanitarie. L'aumento vertiginoso delle spese militari, le scelte di politica agricola devastanti per i paesi poveri, sono solo alcune delle conseguenze del dominio imperiale. Il recente fallimento del congresso della FAO a Roma è un'evidente conferma di queste analisi. A proposito di Impero, Alex ha poi ricordato la letteratura apocalittica, ed in particolare l'Apocalisse di San Giovanni, composta alla fine del I secolo dopo Cristo. Dietro le sue allegorie, intravede una spietata denuncia dell'Impero Romano e dei suoi metodi di dominio, ovviamente diversi nelle tecniche, ma simili nella ratio a quelli contemporanei. Mimando una suonata di violino, il missionario ha efficacemente definito il comportamento dei poeti e scrittori greco-romani, che tessero le lodi degli imperatori e dei loro scempi. A cominciare dal pio Virgilio. Un ruolo egregiamente svolto tuttora da stuoli di emuli, forniti di mezzi finanziari e mediatici. Emblematico il collasso della televisione italiana, ridotta ormai a diffondere teleromanzi, avanspettacolo, buonismo ipocrita, veline governative. L'immagine di bimbi di colore affamati e denutriti davanti ad un pallone, e Trapattoni che afferma sorridendo che bisogna vincere la partita per aiutarli, è semplicemente rivoltante. Accenno ad un altro argomento di grande rilevanza ricordato da Alex: la separatezza fra est ed ovest, fra nord e sud del mondo. Secoli di pseudo orientalismo, descritti da Edward Said in un libro ormai classico, di cultura e civiltà bianche “ superiori”, un gigantesco apparato sovrastrutturale edificato a rendere “naturale” il dominio occidentale, hanno scavato un baratro insanabile. “Loro” ci vedono ormai come nemici, accettano le elemosine ma covano un irrimediabile rancore. Noi non riusciamo più a dialogare, abbiamo metabolizzato nel tempo immagini distorte. Le mistificazioni messe in campo dall'occidente per nascondere a se stesso la realtà del dominio, sono direttamente proporzionali alla facilità con la quale esso è percepito dagli abitanti di quattro quinti del pianeta. Concluderò queste note con un'ultima provocazione posta da Zanotelli sotto forma di quesito. Molto semplificando, l'interrogativo è questo: l'uomo, individualmente, può agire sulla struttura sociale, rinnovandola, o è quest'ultima che, una volta rivoluzionata dall'alto, induce automaticamente il rinnovamento dei singoli? Ebbene, secondo il padre comboniano, entrambi i corni del dilemma che, come vedremo, esemplificano due diverse ed opposte concezioni del mondo e della storia, sono falliti. Da una parte, 2000 anni di Cristianesimo non sono valsi a “cambiare” l'uomo, e a far sì che la somma di questi singoli cambiamenti incidesse sulla struttura sociale della società, migliorandola e facendola vivere secondo i dettami del Vangelo. Dall'altra parte le utopie rivoluzionarie laiche, culminate col marxismo, sono clamorosamente fallite, proprio quando e là dove la modificazione violenta della struttura in senso comunista, non ha indotto di per sé la nascita dell'uomo “nuovo”. Ho naturalmente banalizzato l'interrogativo di Alex, anche se ritengo di averne mantenuto la sostanza. Mi sembra tuttavia che, posto in questi termini, il problema presti il fianco ad una critica di non poco conto: entrambi i fallimenti sono dati per “definitivi”, e non tengono conto del fattore tempo. Il padre Comboniano opera da dodici anni a Korogocho, un'immensa ed abitata discarica sita nei pressi di Nairobi. Il degrado morale e materiale di intere popolazioni, la morte per fame e malattie di migliaia di innocenti, una tragedia vissuta quotidianamente a fronte dello spreco e della violenza perpetuata da una minoranza armata di privilegiati, suscita un senso di rabbia, di impotenza, e può far vacillare anche la fede più salda. E' umano, e dovremmo stupirci del contrario. Ma Alex sa meglio di noi che ai credenti è data la certezza del Regno, ma non il giorno del suo avvento. Quanto poi al secondo corno del dilemma, il discorso è abbastanza simile, fatta salva la sua secolarizzazione. Certamente, il comunismo sovietico è stata una caricatura orrenda della Nuova Società, quale il mero cambiamento dei fattori di produzione avrebbe dovuto automaticamente produrre. Ma la catastrofe del comunismo, nella versione novecentesca, non pregiudica la legittimità e il perdurare nel tempo e in forme diverse, della lotta degli oppressi. Essa è immanente a qualsiasi società, da Spartaco a Che Guevara. Da due secoli, vari imperi hanno criminalizzato chi combatteva i loro crimini: i “mostri” si son chiamati liberalismo, poi socialismo, poi comunismo: ora tocca al terrorismo. L'enfatizzazione di alcuni atti criminali, nella cui ideazione ed attuazione è spesso individuabile un ambiguo disegno provocatorio, copre la loro origine sociale, ne mistifica le cause, e giustifica una mobilitazione planetaria, in senso bellico all'esterno, repressivo all'interno, dagli sviluppi oscuri e preoccupanti. Salutiamo con affetto Alex Zanotelli, e lo invitiamo a tornare presto fra di noi.
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