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Je m'appelle Mauro
15 febbraio 2015

Uno dei piaceri della vita: il buon cibo, il convivio, il piacere di stare insieme. Molti cercano al di fuori dei confini del proprio territorio, piaceri culinari “new age”, cucina alternativa, ma la vera innovazione è la tradizione. Lo sa benissimo Mauro Sciancalepore. Chi era costui? A far conoscere ai pochi ancora ignari cotanto concittadino, grande chef di fama internazionale, è il suo amico fraterno Michele De Vincenzo, anch’egli grande chef internazionale, grande anche in generosità oltre che amministratore della pagina facebook della mensa sociale presso la Casa Canonica della Parrocchia San Domenico, Solidary Food. Michele narra la storia di un’amicizia, nata tra le strade della parrocchia San Domenico, proseguita nelle aule dell’Istituto professionale alberghiero, ove entrambi si sono formati, continuata durante anni che li ha visti separati ma solo fisicamente, unita da un filo sottile seppur saldo, indistruttibile che li ha visti poi riunirsi nella capitale della mondanità, nel Principato di Monaco, ognuno con la propria esperienza, legati dall’amore per la città di origine, amore ostentato con molfettese orgoglio. Diversi ma complementari, Michele esuberante, Mauro riservato , mentre entrambi collezionavano successi e riconoscimenti, facevano conoscere la grande bellezza di Molfetta attraverso un’arte antica esercitata con tecnica moderna: la cucina. Olio, spezie, ed ora anche il tarallo preparato con la ricetta tradizionale molfettese deliziano tuttora principi, rockstars, finanzieri e calciatori. Ma le strade professionali di Michele e Mauro tornano ad essere parallele. Michele torna a Molfetta, Mauro rimane a Monaco a “Il Polpetta”, ristorante preferito dalla famiglia Ranieri che lo insignisce dell’onorificenza di Cavaliere dei Grimaldi. Ha fatto parte della squadra degli chefs del matrimonio dei principi Alberto e Charlène e poi della cerimonia di presentazione dei gemelli Jacques e Gabriella. Pur essendo membro de Le Club des Chefs des Chefs, per accedere al quale occorre essere chef di un Capo di Stato o della struttura incaricata dei ricevimenti ufficiali, Mauro rimane umile, torna a Molfetta appena possibile da Francesca e dai loro figli e da Michele che lo riporta tra le strade teatro della loro infanzia, nel quartiere della parrocchia, da Don Franco Sancilio. In fondo gli anni non sono passati; sono gli stessi ragazzi di trenta anni or sono, figli di famiglie di lavoratori dignitosi, con la stessa voglia di fare del bene, di ringraziare la buona sorte che ha ripagato anni di onesto lavoro. Michele lo contagia, Mauro non ha tentennamenti e si ritrova a preparare il pranzo per gli ospiti della mensa sociale della Casa Canonica della parrocchia di san Domenico con lo stesso entusiasmo, passione e perfezionismo di un pranzo principesco, mostrandosi orgoglioso di una foto con gli ospiti della mensa come per i vip conosciuti. Non c’è bisogno di altre parole, ma vale la citazione secondo la quale “la vera misura di un uomo la si vede da come questo tratta una persona dal quale non potrà ottenere nulla in cambio” (Samuel Johnson).

Autore: Beatrice Trogu
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