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Itinerari al femminile, “Donna dal mito alla realtà”, l'8 marzo della Fidapa di Molfetta
11 marzo 2016

MOLFETTA - Donna: nome comune di persona, femminile, singolare. Ecco, è questo che, diligenti maestre hanno insegnato ai propri alunni a scuola elementare, senza cercare, nella maggior parte dei casi, di approfondire il termine Donna, anche con quelle piccole donne che, negli anni a venire, avrebbero apportato il proprio contributo per la crescita, non solo personale, ma di anche di quella di padri, fratelli, compagni, figli.
Donna, donne che hanno strappato un posto nella società, donne che faticano ancora ad essere considerate alla pari di quegli uomini che, ancora oggi, trovano meno ostacoli nella vita privata, nel lavoro per il quale ricevono una maggiore retribuzione; donne stanche di festeggiare l’8 marzo, donne che non saranno festeggiate, che vorrebbero soltanto rispetto e riconoscimento del proprio lavoro e della funzione sociale ricoperta.

Ed è proprio a queste donne che la FIDAPA (Federazione italiana donne arti professioni affari) sezione di Molfetta ha voluto dedicare una mostra  inaugurata nella settimana della Festa della Donna. All’interno della rassegna “Itinerari al femminile”, la mostra “Donna dal mito alla realtà”, visitabile presso la Sala dei Templari sino al 15 marzo, intende ripercorrere il cambiamento d’immagine della donna dal mito alla realtà odierna. All’inaugurazione della mostra, l’Assessore alla Cultura Betta Mongelli, ha sottolineato l’impegno della Fidapa nella divulgazione del ruolo centrale che la donna riveste nella società, promuovendo seminari, convegni, dibattiti, istituendo concorsi che non hanno compiti “autocelebrativi” ma sono da stimolo al dialogo, alla conoscenza ed alla riscoperta di una figura che non ha nulla di scontato essendo poliedrica e ancora inesplorata. La presidente della sezione Fidapa di Molfetta, Caterina Roselli, ha illustrato il tema della mostra, obiettivo raggiunto grazie alle ispirate opere che adornano una location di per sé incantata. 
E’ seguito il primo di una serie di appuntamenti a tema “La Donna nell’antichità tra mito e realtà”  a cura dell’archeologa prof.ssa Maria Maggialetti (a sinistra nella foto con la presidente Roselli) che ha illustrato, in un excursus storico-artistico, l’evoluzione della donna in epoca classica. L’illustrazione di pissidi, anfore e patene ha evidenziato una “catalogazione della donna” in base al suo status sociale. Nell’antica Grecia la sposa era raffigurata nell’arte del telaio o intenta alla sua cosmesi ma sempre avvolta in un mantello perché la visione della sua bellezza era esclusivamente riservata al suo sposo. Costui godeva anche della compagnia di concubine, donne straniere orientali, alle quali non era concessa la cittadinanza greca, colte ed istruite che avevano il compito di intrattenere l’uomo con conversazioni e rappresentazioni di arte, musica, cultura.
Vi erano poi le “escort” che accompagnavano gli uomini a feste, incontri ed infine le prostitute che ricevevano gli uomini presso le loro abitazioni. La rappresentazione della donna intenta alla tessitura sottolinea la sua predisposizione ai lavori domestici, donne raffigurate spesso protette dal parasole retto da ancelle affinché non perdano il proprio candore.
La rappresentazione della donna intenta ad occupazioni domestiche non è risparmiata a nessuna donna dell’antica Grecia, neanche a Penelope, una regina, una donna che ha guidato il suo popolo fino al ritorno di Ulisse, suo sposo e re. Alle donne greche era preclusa ogni attività sportiva eccezion fatta per Sparta, unica tra  le poleis in cui la donna godeva di parità nell’apprendimento delle arti, nell’esercizio sportivo, condizione fondamentale affinché la donna potesse assicurare una discendenza sana, come Gorgo regina di Sparta, figlia e madre di un re, un’atleta a cui furono impartite lezioni di astronomia, alla quale fu concesso di presenziare ai banchetti, consigliera di suo padre e di suo marito, una donna illuminata come lo furono altre donne fuori dal coro, come Aspasia la donna per la quale Pericle lasciò la moglie e visse fino alla morte, una donna che non poté mai sposare perché non ateniese per una legge  da lui stessa emanata.
Aspasia era una straniera borghese, non nobile ma colta, stimata da Plutarco, madre di Pericle il giovane. Le donne sono state protagoniste della tragedia greca, come Antigone che osa opporsi alla decisione del re, suo zio, di non concedere degna sepoltura a suo nipote e fratello di Antigone, perito insieme al proprio fratello in un duello per la corona. Antigone non mostra pentimento e viene murata viva in una cella da suo zio. Emone, il suo promesso sposo e figlio del re, convince suo padre a risparmiare la vita ad Antigone, ma quando giungono nella cella, Antigone è morta suicida. Emone per il dolore si uccide, come si ucciderà sua madre.
Non poteva non essere ricordata la figura di Medea, donna dedita alle arti magiche che tradisce il padre a la patria per assicurare allo straniero Giasone, di cui è innamorata, il vello d’oro con il quale Giasone riconquisterà il trono. Giasone e Medea dopo varie traversie giungono a Corinto ove il re offre in sposa a Giasone la sua giovane figlia. Giasone accetta poiché col matrimonio acquisirà il diritto a regnare ma Medea non accetta passivamente la decisione. Uccide la giovane donna donandole un vestito intriso di veleno. Morirà anche il padre giunto in soccorso e, ancora assetata di vendetta, uccide i figli avuti da Giasone, privandolo della discendenza. Medea è una figura complessa e attuale, ragione per la quale Pier Paolo Pasolini ne fa la protagonista di un suo film del 1969, facendola assurgere a paladina della lotta di classe, della ribellione femminile.
L’intervento della prof.ssa Maria Magarelli non poteva non toccare gli animi. Tra tutte le creature dotate di anima, è proprio la donna ad essere la più infelice, proprio per il suo essere moglie madre e figlia.

© Riproduzione riservata

Autore: Beatrice Trogu
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