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Io scrutatrice alla prima esperienza: un'avventura tra i lupi
15 giugno 2013

La mia prima esperienza da scrutatrice presso il seggio elettorale di una nota scuola molfettese è stata un’avventura tra i lupi. Ero curiosa di compiere questo breve viaggio di vita, in un’aula tra i disegni realizzati dai bambini che sognano un mondo a colori e le schede elettorali. Ero emozionata di conoscere gli elettori e mi sudavano le mani quando toccavo i documenti e riportavo i dati nei registri. Ero entusiasta e mi sentivo inglobata nell’essenza delle elezioni. I lupi per me erano i rappresentanti di lista, sembravano un esercito di avvoltoi pronti per difendere i propri candidati. Quando occupi il ruolo di scrutatore, scruti e leggi nel viso di ogni elettore le emozioni, i sentimenti, gli stati d’animo e ti immergi nei loro occhi che urlano un futuro migliore. Guardavo ogni piccolo oggetto, ogni particolare, guardavo i gesti, i movimenti e negli sguardi dei giovani, anziani, mamme e papà, ho trovato disperazione, rabbia, dolore, entusiasmo, nervosismo. Tra le mie mani passavano numerose carte d’identità e dietro quei documenti c’erano persone, non sono solo numeri da scrivere, ma uomini e donne. Sfilavano dinanzi ai miei occhi giovani, operai, banconiste, parrucchieri, avvocati, casalinghe, studenti. Nel corso delle giornate trascorse nella sezione elettorale, ho notato situazioni antipatiche e di cattivo gusto, per esempio, gli anziani che affermavano di non essere desiderosi di votare, ma si sentivano costretti poiché prelevati dalle abitazioni e sbarcati nell’isola del voto. Un’altra situazione che mi ha avvilita è stata quando alcuni elettori, spinti dalla loro arroganza e dalla scarsa educazione verso il prossimo, rifiutavano di lasciare i telefoni e altri apparecchi ai componenti del seggio, prima di recarsi alle urne. Bisogna ricordare agli elettori che per essere un buon cittadino si ha il dovere di rispettare le leggi e le norme altrimenti si diventa animali privi di buon senso. C’erano elettori che dopo il pranzo domenicale si recavano presso il seggio ed emanavano il tipico odore di abbuffata, profumavano di vino. Altri mostravano il loro fisico palestrato disegnato dai tatuaggi. Qualche anziano borbottava: “I politici sono tutti uguali” in cerca di una nostra risposta. Non è mancato il politico arrogante, candidato nuovamente al Consiglio comunale che affermava di non pensare molto per chi votare e si gonfiava come un pallone. Arrivavano il lunedì mattina le casalinghe con le buste del pane, c’erano disabili con problematiche particolari, giungevano i bambini con i loro genitori che guardavano la loro scuola cambiata con le cabine, gli scrutatori, le carte, i registri e si chiedevano cosa stessere facendo gli adulti. C’erano ragazzi neodiciottenni che per la prima volta si son trovati nelle mani una scheda elettorale e mostravano la loro giovinezza pura che si apprestavano a scrivere il loro futuro. Il momento più importane è stato lo spoglio delle schede: c’era molta emozione tra noi scrutatori e tra il pubblico. Non nascondo di aver avuto difficoltà ad interpretare alcune schede compilate in modo scorretto, specialmente il caso in cui l’elettore non esprimeva con chiarezza le sue preferenze, causato dal voto disgiunto. Alcuni elettori hanno votato il sindaco di un determinato partito e avendo come candidati conoscenti, amici, parenti, hanno votato i consiglieri comunali del partito opposto. Altri hanno pensato che la doppia preferenza si riferisse alle liste di ogni partito e hanno votato due liste, due partiti, due candidati sindaci. Questo ha comportato una decina di schede nulle. C’ è stata una scheda elettorale contestata da una rappresentante di lista che ha voluto fortemente sottoscrivere la situazione nel verbale. C’era un fiume di ragazzi giovanissimi fuori la porta del seggio, alcuni si comportavano come se fossero al bar senza un minimo di rispetto nei confronti di chi nei seggi ci lavora onestamente e nonostante la stanchezza e la confusione con i miei colleghi scrutatori, abbiamo portato a termine un buon lavoro e di lettura attenta delle schede. Non mancavano i ragazzi arruolati come rappresentati di lista in cambio di… “un caffè”, alcuni di loro creavano caos tra la folla. Molti erano disinteressati della politica, quello che era importante era il “caffè”. Ma dov’è la dedizione, l’impegno, la passione di perseguire ideali di giustizia? La politica è un insieme di idee, è aggregazione, confronto tra uomini e donne di vari ceti sociali, che dovrebbero lottare per i veri principi e difendere quel bene comune che molti hanno smarrito per inseguire il potere. In ballo non ci dovrebbe essere il destino del “caffè”, ma il destino di Molfetta e del nostro futuro. La rabbia e il dolore possono trasformarsi in malattia sociale o in vento di cambiamento. E noi abbiamo il diritto e il dovere di difendere i nostri sogni, i nostri ideali, il futuro dei nostri figli e nipoti. In questo momento storico, abbiamo il potere di decidere se continuare ad essere malati e frustrati da questo tempo che corre e ci spinge sempre più nel vortice della disperazione e nel baratro o di stringerci tutti per mano intorno al fuoco del cambiamento. Riscoprendo il valore della solidarietà, del rispetto dell’ altro, dell’ uguaglianza, possiamo essere uomini e donne migliori per una Molfetta migliore. “La storia siamo noi padri e figli” cantava Francesco De Gregori e solo noi uomini e donne, mamme e papà, nonne e nonni, figli e figlie di una generazione alla ricerca di un futuro sicuro, solo noi abbiamo il potere di cambiare la nostra Storia.

Autore: Maria del Rosso
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