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Iniziativa per il 25 Aprile "Una Mattina mi son svegliato"
24 aprile 2010

MOLFETTA - A 65 anni dalla Liberazione dell'Italia dal nazifascismo, l'Unione degli Studenti e Link-Coordinamento Universitario lanciano la loro campagna sociale e culturale verso ed oltre il 25 Aprile.
Dirsi antifascisti, oggi non è un gesto o un atto retorico di chi non vuole superare steccati ideologici. Essere antifascisti oggi significa affermare con chiarezza e forza l'opposizione radicale ai fascismi striscianti che in Europa e in Italia sono sempre più presenti e che qualcuno ignora o finge di non vedere.
Razzismo, omofobia, repressione, censura sono tutti sinonimi della parola fascismo e che compongono le politiche e gli atteggiamenti del Governo Berlusconi.
L'Unione degli Studenti Puglia organizza in 16 territori della regione più di 25 iniziative tra Sabato 24 e Domenica 25 Aprile riflettendo sul valore della Liberazione e della Resistenza, e contestualizzandoli nel terzo millennio.
Privatizzazione del sistema scolastico, che come affermava Piero Calamandrei nel 1950 è l'incipit per l'instaurazione di subdolo regime; privatizzazione dell'acqua e costruzione delle centrali nucleari, costituzione e libertà di informazione, rappresentano i motivi per i quali una resistenza nel 2010 è ancora necessaria e saranno il filo conduttore delle nostre iniziative.
Una resistenza contro chi non rispetta la nostra terra e le sue esigenze, contro chi ci priva di un futuro nella nostra regione, contro chi specula con le sue attività criminali e non sulla crescita e lo sviluppo delle nostre città.
Di fronte a tutto ciò dobbiamo svegliarci per costruire una resistenza culturale nei confronti di chi fa dell'ignoranza lo strumento del proprio potere.
 

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continua..........Alcuni si impegnarono in disperati tentativi di aprirsi la strada con le armi; altri (e fu il caso più diffuso) iniziarono un affannoso e spesso tragico gioco fi fughe, di marce forzate notturne, di travestimenti, di avventure, per filtrare attraverso le maglie dei dispositivi tedeschi. I nazisti, con l'appoggio dei fascisti, si erano scatenati: sparavano, catturavano, deportavano in massa, così che, in poche settimane, oltre 600.000 soldati italiani finirono nei lager in Germania o in Polonia e 33.000 non tornarono più. Seguirono atti di eroismo e di sacrificio. Come a Cefalonia l'intera divisione "Acqui", che si era rifiutata di farsi disarmare dai tedeschi, combattè fino al suo annientamento: 5.940 uomini, compreso il comandante Gandin, furono passati per le armi. Così del resto accadde a Corfù, a Spalato, a Santi Quaranta. Ma in molti giovani e non più giovani soldati e ufficiali dell'Esercito sfasciato, che in un primo tempo sognavano soltanto la pace e la casa, cominciò ad affacciarsi un confuso sentimento di solidarietà, un bisogno di riunirsi, di fare numero, fosse anche per difendersi, di fare insomma qualcosa contro la ferocia e la protervia dell'occupante. Così, tante strade di casa furono dimenticate e davanti a molti Italiani, si aprirono i sentieri della montagna e della clandestinità. Militari e civili impugnarono di nuovo le armi, e l'opposizione politica e organizzata al fascismo, che si era formata nelle carceri, in esilio, nella guerra di Spagna, al momento dell'armistizio si trovò accanto, alleati contro il regime e i nazisti, tutto il Paese, dai giovani delusi dal crollo militare ai soldati traditi. La Resistenza, insomma, come ebbe a dire il leader comunista Giorgio Amendola, non fu di parte: fu TRICOLORE...............
Il Paese, lasciato in balia dei tedeschi e dei "repubblichini", trova in se la forza di riorganizzarsi e di lottare per la propria liberazione, anche se a caro prezzo. Alle 19.42 dell'8 settembre 1943, la voce neutra dell'annunciatore Giovanni Battista Arista, interruppe quella di Nella Colombo, che cantava Mamma, in onda dall'EIAR. Qualche istante dopo, il maresciallo pietro Badoglio, capo del regio governo al posto di Benito Mussolini, annunciò agli Italiani l'armistizio firmato in gran segreto cinque giorni prima a Cassibile, in Sicilia. L'annuncio terminava con le note, ambigue frasi: "Ogni atto di ostilità contro le forze angloamericane deve cessare da parte delle forze italiane in ogni luogo. Esse, però, reagiranno ad eventuali attacchi da qualsiasi altra provenienza. Le parole di Badoglio fecero credere agli Italiani che la guerra fosse finita. Nessuno, poteva infatti, immaginare che il re, i ministri e i più importanti capi militare del Paese avessero un'unica preoccupazione: mettere in salvo se stessi e i loro beni, senza più occuparsi del Paese, della reazione che i tedeschi avrebbero certamente avuto e di qualcosa come due milioni di soldati in armi lasciati senza una direttiva, senza comando. La classe dirigente del Paese, in pretica quella stessa che l'aveva portato alla guerra e alla sconfitta, pensò bene di salvare la pelle e lasciò Esercito e popolazione al loro destino, con i Comandi Militari ad agire di propria iniziativa, senza sapere contro chi combattere: il testo dell'armistizio era, infatti un capolavoro di ambiguità, lasciava capire e non capire; non nominava i Tedeschi e invitava i soldati italiani a reagire solo se attaccati. Così i reparti si sciolsero, lasciando a ogni uomo il compito di cercare scampo e, se possibile, la strada di casa. (continua)

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