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Incompatibilità, al consiglio comunale non compete: urlacci da pescivendoli e nessuna discussione politica
15 dicembre 2011

Alla fine, la solita minestrina riscaldata. Il Consiglio comunale ha solo rigirato il mestolo nel brodo dei cavilli giurisprudenziali. Da buoni azzeccagarbugli, i consiglieri hanno contribuito a diluire la brodaglia e a renderla indigeribile. Eppure, la questione era semplice: contestare l’incompatibilità tra le cariche di sindaco e senatore al sindaco senatore presidente Antonio Azzollini, dopo la sentenza n.277 della Corte Costituzionale. Ma, anche questa volta, l’ordine del giorno dell’opposizione è sfociato in una bagarre condominiale. La discussione doveva essere di merito, un «atto dovuto al consiglio», secondo Giovanni Abbattista (Pd), tra i primi firmatari dell’ordine del giorno. Era prerogativa del consiglio occuparsi della vicenda? Secondo l’art.69 del TUELL, il consiglio ha l’obbligo di contestare le sopravvenute cause di ineleggibilità o incompatibilità all’amministratore, che ha 10 giorni di tempo per eliminarle o formulare osservazioni. E, se l’amministratore non dovesse provvedere entro i 10 giorni, il consiglio potrebbe dichiararlo decaduto. Perché il presidente del Consiglio comunale, Nicola Camporeale, non ha convocato d’urgenza la massima assise dopo la sentenza n.277 del 21 ottobre scorso? «Ritengo che non sia competente il Consiglio comunale ed è per questo che non ho proceduto - ha spiegato - la Legge n.267 del 2000 stabilisce le cause di incompatibilità, tra cui non è, però, prevista quella tra sindaco e senatore». Infatti, l’incompatibilità sopravvenuta è tra deputato e sindaco e non tra sindaco e deputato. Inoltre, è la Giunta delle Elezioni, secondo Camporeale, il soggetto attivo per la rimozione del senatore o deputato. Il consiglio «non dovrebbe iniziare nemmeno il procedimento di contestazione perché non ne ha la competenza». MARZANO: PROVVEDIMENTO IMPROCEDIBILE Inutile interpellare il consiglio perché la sentenza «interviene su una legge statale» e la manovra fi nanziaria (Legge n.148/11) sancisce dalla prossima legislazione l’incompatibilità tra le cariche di sindaco e senatore con un emendamento a fi rma di Azzollini. «Veniamo a discutere di un procedimento di che non si sa bene che», il lapidario placet del capogruppo di maggioranza, Angelo Marzano (Pdl), che ha ricondotto la sentenza della Corte Costituzionale, massimo organo giurisprudenziale dello Stato, ad una manovra politica per colpire il governo Berlusconi. Pretesto abusato in Italia quando sentenze o decisioni colpiscono il potere forte. Dalla discussione politica si è passati alla questione pregiudiziale, dopo l’intervento del consigliere di maggioranza, Pietro Mastropasqua (Pdl). CAMERO, SPIEGAZIONE DA “AZZECCAGARBUGLI”? «È il Parlamento che deve intervenire con un proprio atto», la spiegazione del segretario comunale, Giuseppe Camero, che considera la sentenza n.277 come interpretativa, additiva e manipolatrice. Interpretativa perché la Corte Costituzionale si è sostituita al Parlamento, manipolatrice e additiva perché «la Corte accoglie la mozione di incostituzionalità di una norma determinata in assenza di una disposizione precisa contenuta nella legge sottoposta all’attenzione e, attraverso un procedimento interpretativo, evince una disposizione che manca nell’ordinamento giuridico». Quella di Camero potrebbe apparire un’interpretazione troppo personale anche per un segretario comunale di nomina politica, peraltro unica nel panorama italiano, come riconosciuto dallo stesso (per fortuna, non esportata). Eppure di fatto ha soff ocato la discussione politica, aff ettata da una vera e propria digressione bizantina (da “Azzeccagarbugli” manzoniano?). «Devo ricordare che quello di componente del consiglio comunale è un offi cum garantito dall’art.3 della Costituzione, secondo cui tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge ed è compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’eff ettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese - ha esordito Camero - impedire a un cittadino il diritto dovere di esercitare il munus può derivare solo dalla legge». Se le cause d’ineleggibilità e incompatibilità sono solo quelle previste dalla legge in modo preventivo, «il giudice può aggiungerne altre». Dunque, «nel caso specifi co non ci troviamo di fronte a una causa sopravvenuta di incompatibilità, perché questa causa è il caso di colui che, eletto sindaco in un momento in cui non aveva quella situazione, nel corso del quinquennio incorre in una delle cause per le quali la legge prevedeva a monte l’incompatibilità». Siamo al limite del sopravvenire di una nuova causa d’incompatibilità: non è il consiglio che deve occupasi della questione, «al limite potrà essere posta ad altri organi». A MUSO DURO Imposta ex abrupto la pregiudiziale (passata a maggioranza). Basito il consigliere di opposizione Gianni Porta (Prc), non rassicurato sull’improcedibilità. Qualcuno ha voluto impedire la discussione politica? Confusione in consiglio sulle procedure da adottare. Prime avvisaglie di bagarre, sfociate nel quadratus terribilis Mino Salvemini (Pd) - Pasquale Panunzio (Pdl) - Mastropasqua - Abbattista. Solo urlacci da strada che hanno svegliato quei pochi consiglieri che sonnecchiavano in aula. Una fi guraccia: l’ennesima sconfi tta della politica a Molfetta, buttata ancora una volta in una carnevalata rissosa. Imbarazzo del presidente Camporeale nel fermare i fragorosi borbottii di Azzollini, piuttosto nervoso sin dall’inizio del consiglio (forse per l’odg dell’opposizione o per la notifi ca della Forestale sul proseguo delle indagini sul porto). Un linguaggio poco moderato, ma evitato nelle aule parlamentari dove Azzollini non può sicuramente adottare lo stesso comportamento riservato per Molfetta e per i consiglieri, che hanno, però, la stessa dignità di senatori e deputati. FARSA POLITICA? Nessuna discussione politica contenuta nell’odg presentato dall’opposizione, l’osservazione di Azzollini, uscito dall’aula durante il voto. L’opposizione poteva adottare un’altra formula? Infatti, quell’odg ha quasi facilitato il prevalere della questione pregiudiziale sulla discussione politica. O abbiamo assistito a un copione ben studiato? Intanto, l’ennesima occasione di redenzione politica si è consumata in feroci schermaglie giuridiche e metapolitiche.

Autore: Marcello la Forgia
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